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Le “colpe” del Prefetto di Roma Carlo Mosca

Le colpe di Mosca

Pancho Pardi (Senatore dell’Idv), 13 novembre 2008, 16:26

Il prefetto di Roma è stato destituito dal suo incarico dal governo Berlusconi. Si era rifiutato di prendere le impronte ai bambini rom come richiesto dal decreto sicurezza e ha gestito le manifestazioni capitoline di queste ultime settimane con equlibrio. Si capisce allora perchè l’esecutivo ha pensato di “punirlo”.

Carlo Mosca, prefetto di Roma, sta per essere sostituito. Si riunisce oggi il consiglio dei Ministri e tutti i giornalisti informati hanno raccontato che il ministro dell’Interno Maroni vi porterà un dossier carico di piccati rilievi critici.

Carlo Mosca è un personaggio schivo che non ha mai cercato notorietà. Balzò, di sicuro controvoglia, sulle prime pagine dei giornali quando disse che avrebbe cercato di gestire il decreto legge sulla sicurezza, e nel suo contesto il censimento dei campi rom, senza prendere le impronte digitali ai bambini.

Nei giorni in cui il presidente emerito Cossiga consigliava ai gestori dell’ordine pubblico di infiltrare il movimento con provocatori pronti a tutto affinché le città fossero messe a ferro e fuoco, il prefetto Mosca ha fatto tutto il possibile affinché le manifestazioni di piazza fossero controllate nel modo più equilibrato e tranquillo. Non gli sono mancati riconoscimenti da parte delle associazioni di volontariato, del mondo cattolico e anche dei movimenti in genere.

Per giudicare il rilievo di questa misura punitiva, data ormai per certa, basta ricordare che di tutti i funzionari pubblici di alto livello coinvolti più o meno direttamente nella catena di comando di Genova 2001 nessuno fu costretto alle dimissioni, nessuno fu indagato da inchieste interne.

Eppure i motivi non mancavano: violenze gratuite, lesioni gravi, umiliazioni, mancata assistenza sanitaria, volontà di infierire sugli inermi; e prima ancora arti percossi e fratturati, mascelle incrinate e denti perduti: tutto a carico di manifestanti pacifici sorpresi nel sonno. Amnesty international sostenne che si era trattato di sospensione delle garanzie costituzionali. Fu il biglietto da visita del primo governo Berlusconi.

Tutto ciò è emerso al di là di ogni ragionevole dubbio nei processi che finalmente sono stati celebrati, in cui perfino le difese hanno pubblicamente ammesso che erano state falsificate prove. Ebbene, tutti i funzionari di alto grado coinvolti in quella inammissibile carneficina furono più o meno alla svelta promossi e destinati ad altri compiti di più alta responsabilità.

Ecco: abbiamo un caso evidente in cui il comportamento illegale di chi doveva tutelare l’ordine pubblico è stato premiato, magari alla chetichella, ma con una logica sfacciata. Non c’è motivo di stupirsi: da un governo che si era dedicato fin dall’inizio a legalizzare l’illegalità del suo leader politico non potevamo aspettarci nulla di diverso.

Il prefetto Mosca non poteva essere apprezzato da un governo simile. Al contrario la sua sostituzione apparirà agli occhi del protagonismo civile come la prova certificata del suo valore.

(tratto da www.aprileonline.info)