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Le audizioni della Commissione Parlamentare Antimafia sulla situazione nel Lazio.E’ allarme generale.Particolarmente infiltrate dalle mafie Roma,Ostia ,il litorale laziale e la provincia di Latina.Bisogna accendere i riflettori al massimo individuando e rimuovendo le criticità.Avanti con indagini più efficaci in Provincia di Latina.

Premessa. La Commissione antimafia ha avviato un ciclo di audizioni per approfondire gli aspetti relativi alle indagini sulla presenza di organizzazioni criminali di tipo mafioso a Roma e nel Lazio: a tal fine sono stati innanzitutto ascoltati la procura del tribunale di Roma (sedute dell’11 dicembre 2014 e del 1° luglio 2015), il prefetto di Roma capitale in carica (seduta dell’11 dicembre 2014), nonché il sindaco di Roma capitale (seduta del 17 dicembre 2014). Successivamente si è svolta l’audizione dell’ex sindaco di Roma (seduta del 15 aprile 2015), del presidente della Legacoop nazionale (seduta del 22 aprile 2015), del presidente della commissione di accesso per Roma capitale (seduta segreta del 12 maggio 2015) e del nuovo prefetto di Roma (sedute del 5 agosto 2015 e del 26 gennaio 2016). Il tema della rappresentazione da parte degli organi di informazione – ed in particolare del servizio pubblico – delle vicende legate a Mafia capitale è stato affrontato nella seduta del 23 settembre 2015 in occasione dell’audizione del Direttore generale di Rai 1. Il 19 novembre 2015 è stato audito l’ex assessore alla legalità. Il 3 dicembre 2015 sono stati poi ascoltati, in seduta segreta, i componenti della Commissione di accesso presso Roma Capitale. Nella seduta del 14 dicembre 2015 sono stati auditi rappresentanti del Sindacato Italiano Balneari Lazio e delle associazioni Volare e Libera. Il 9 febbraio 2016 è stato ascoltato il presidente del VI Municipio di Roma Capitale, mentre il 17 febbraio 2016 e l’8 marzo 2016 l’on. Matteo Orfini ed il prof. Fabrizio Barca. Il 1° marzo 2016 è stato ascoltato il Commissario straordinario per la gestione di Roma Capitale. L’8 marzo 2016 è stato audito in seduta segreta il presidente della commissione di accesso per il comune di Sacrofano, mentre il 9 marzo 2016 il Presidente commissione straordinaria per la gestione del Municipio X (seduta in parte segretata); il Presidente della Regione Lazio è stato ascoltato nella seduta del 22 marzo 2016. Il 4 maggio 2016 si è svolta l’audizione del Prefetto di Latina. Qui di seguito sono sintetizzati alcuni dei temi trattati sulla base degli stenografici  pubblicati.

Le caratteristiche dell’organizzazione mafia criminale a Roma. Il procuratore della repubblica analizza la situazione di Roma capitale, nella quale opera una pluralità di organizzazioni di tipo mafioso, sia legate alla mafia “tradizionale” sia “autoctone”, come evidenziato anche da precedenti indagini nel Municipio di Ostia, dove il modello di organizzazione criminale si fonda sul controllo sociale e del territorio e su ripetuti atti di violenza (danneggiamenti, incendi, usura, aggressioni etc). Il prefetto di Roma Posteraro sottolinea in particolare gli ingenti investimenti nel comparto commerciale, immobiliare e finanziario effettuati negli anni passati dalle diverse organizzazioni criminali: una forte presenza nella realtà economica locale, confermata anche dall’elevatissimo numero di sequestri disposto dall’autorità giudiziaria e dalle numerose interdittive antimafia disposte negli anni 2013-2014 nei settori rifiuti, edilizio, vigilanza, giochi, ristorazione, immobiliare, movimento terra, urbanizzazione e bonifica ambientale.

L’indagine “Mafia capitale” ha portato alla luce un’organizzazione composta da romani e da persone del centro Italia, senza un collegamento stretto con le altre mafie classiche e con caratteristiche originali rispetto ad esse. Il procuratore si sofferma in particolare sull’applicabilità dell’art. 416 bis c.p., che non prevede necessariamente  il controllo del territorio, né un numero elevato di affiliati, né una quotidiana e continua manifestazione di atti di violenza: quest’ultima peraltro è in forte diminuzione anche in Sicilia e Calabria, in ragione del fatto che non è indispensabile ricorrere all’uso della forza, perché può essere sufficiente far sapere che l’organizzazione criminale ricorrerà ad essa se necessario; inoltre l’assenza di delitti eclatanti consente di ridurre l’attenzione da parte delle forze dell’ordine, della magistratura, dei mass media e dell’opinione pubblica.

Nel caso in esame risulta utilizzato il metodo mafioso, cioè il ricorso alla violenza e alla corruzione per creare assoggettamento, intimidazione, omertà, per il raggiungimento dei fini (leciti ed illeciti) dell’organizzazione. Tutto questo in assenza di un territorio specifico oggetto di controllo, come avviene in altre città come Palermo, Reggio Calabria o Napoli, dove si registra invece un controllo ferreo e totalizzante su tutto il territorio, che può arrivare in certe zone fino all’autorizzazione dell’apertura di un esercizio commerciale.

Le indagini hanno evidenziato la forte capacità di influenza sull’amministrazione comunale e sulle società che fanno capo ad essa, che si realizza nel corso del tempo sia tramite figure amministrative di vertice (cui è stato contestato anche il reato del 416 bis) in grado di lavorare nell’interesse dell’organizzazione, sia attraverso rapporti consolidati con la macchina amministrativa di Roma Capitale: una complessa rete di relazioni volta ad ottenere vantaggi per le attività economiche svolte dall’organizzazione, capace di imporre alcune nomine oppure di ostacolare la nomina di funzionari poco graditi.

A questo si aggiungono i rapporti con il mondo dell’imprenditoria, cui le organizzazioni criminali offrono la loro “protezione” per poter svolgere la loro attività economica senza “problemi”, secondo gli stessi schemi collaudati della mafia siciliana o calabrese. Ed infine i rapporti con altri gruppi malavitosi, come ad esempio con l’ndrangheta, al fine di ottenere vantaggi reciproci non soltanto in sede locale ma anche in altre aree del territorio nazionale.

Viene sottolineato che l’impostazione della procura è stata confermata anche dalla Corte di Cassazione, con le sentenze del 10 aprile scorso, in particolare per quel che concerne  la contestazione dei reati di cui all’articolo 416-bis del codice penale ed il sodalizio instaurato tra il gruppo di Carminati e quello di Buzzi al fine di utilizzare le capacità di intimidazione già sperimentata nei settori tradizionali dell’estorsione e dell’usura per insediarsi ancor di più nei gangli dell’amministrazione comunale e condizionarne la gestione degli appalti. E se con la giunta guidata da Gianni Alemanno si registra l’esplosione del fatturato delle cooperative di Buzzi e la nomina di alcune persone espressione o comunque gradite all’associazione mafiosa, con la Giunta Marino non ci sono più i contatti con i livelli più alti e si realizza un cambio dei vertici delle società partecipate, ma rimane inalterata la capacità da parte di Buzzi di ottenere un trattamento privilegiato da parte della burocrazia comunale anche attraverso la nomina di persone vicine all’organizzazione o la rimozione di dirigenti ritenuti un ostacolo per l’ulteriore espansione dell’organizzazione medesima.

Per quanto riguarda la Regione Lazio, finora la vicenda più rilevante riguarda l’attività di turbativa d’asta per la gara per l’aggiudicazione dei servizi relativi al centro unico di prenotazione (CUP), per un valore complessivo di circa 60 milioni di euro. Con riferimento ai centri di accoglienza per i migranti, non sono emersi illeciti penalmente rilevanti a carico di funzionari del Ministero dell’interno e delle prefetture.

Sono in corso ulteriori accertamenti su altri filoni di indagine (riguardanti ad esempio l’Atac e la metro C) per accertare eventuali responsabilità penali.

L’audizione del nuovo prefetto Gabrielli è servita a fornire un quadro aggiornato della presenza delle diverse organizzazioni criminali – italiane e straniere – a Roma e nell’hinterland (in un contesto di grave crisi economica e di disagio sociale) sia nelle attività illecite (traffico di droga, tratta delle persone, gestione dei rifiuti, contraffazione, estorsione, scommesse clandestine, riciclaggio) sia nell’economia legale e delle alleanze con i gruppi delinquenziali locali nonchè dei più recenti interventi adottati anche sul piano delle misure di prevenzione patrimoniale.

Il radicamento delle organizzazioni criminali ad Ostia. L’audizione dell’ex assessore alla legalità di Roma, che per un periodo ha ricevuto la delega al X municipio (in seguito alle dimissioni dell’ex presidente Tassone) è servita ad approfondire le dinamiche della presenza delle organizzazioni criminali sul litorale, fenomeno già emerso dalle precedenti indagini giudiziarie, con i collegamenti di una famiglia mafiosa di Ostia, i Triassi, alla famiglia Brancaccio.

In base ad una delibera della Giunta Alemanno, ad Ostia le concessioni sul litorale e sul verde venivano gestite direttamente dal X municipio, in particolare dall’ufficio UOAL (unità organizzativa ambientale e litorale); dalle verifiche effettuate sono emerse gravi illegalità e la quasi totale mancanza di rispetto delle regole, oltre a una serie di fatti inquietanti come incendi e intimidazioni subite da alcuni nuovi dirigenti del municipio. Su 71 concessioni balneari, la maggior parte di queste erano irregolari: e le domande di condono edilizio giacevano da tantissimo tempo assieme a tute le altre pratiche senza essere istruite; se avesse potuto continuare nel suo incarico, si sarebbe giunti sicuramente alla revoca o alla decadenza per gravi violazione nel rilascio delle stesse. L’ex assessore riferisce in particolare delle finte procedure negoziate per l’affidamento delle concessioni balneari a Castel Porziano: tra queste ditte, una era inesistente, altre non avevano i requisiti e una sola di queste era legata alla nota cooperativa 29 giugno. Si sofferma poi sul fenomeno delle “concessioni francobollo” di pezzi di spiaggia: l’amministrazione concede solo un “francobollo” di terra, una piattaforma di venti metri per posizionare un chiosco per la vendita di bevande: tali concessioni sono diventate, in molti casi, dei veri e propri stabilimenti balneari. Tra questa tipologia di concessioni troviamo il chiosco “Hakuna Matata”, di proprietà di Balini, ma sub-concesso a Cleto Di Maria, soggetto che era stato arrestato in Brasile perché trovato a bordo di una nave che trasportava 300 chili di cocaina.

Il livello dei controlli è fallito sotto ogni punto di vista e, soprattutto, è fallito il controllo politico sulla gestione amministrativa: lo spessore degli affari era troppo elevato per essere gestito da un municipio come Ostia. Il Presidente Bindi, assieme ad altri membri della Commissione, si augura che il lavoro avviato dall’ex assessore alla legalità non si disperda ma costituisca una solida base per il lavoro dei prefetti Tronca e Vulpiani.

L’audizione dell’on.le Orfini dell’8 marzo è stata l’occasione anche di approfondire le modalità attraverso le quali si è giunti alla decisione di superare la giunta Tassone e le difficoltà incontrate nel mettere in pratica alcune misure per contrastare situazioni di manifesta illegalità.

L’audizione del 9 marzo 2016 si è incentrata sull’attività di verifica svolta in questi mesi dalla commissione straordinaria per la gestione del X Municipio della situazione del litorale di Ostia, ivi inclusa la spiaggia libera di Capocotta, caratterizzata da un numero elevatissimo di abusi ed irregolarità, sia per quanto riguarda le concessioni che i manufatti realizzati; i commissari hanno riferito sui problemi incontrati per la realizzazione di tutti gli interventi di ripristino della legalità e sui tempi necessari per portare a compimento il piano di demolizione dei manufatti abusivi e di riqualificazione del litorale.

Su alcuni interventi di natura normativa. Il procuratore della Repubblica sottolinea nel corso dell’audizione sul fatto che il nostro ordinamento mette già a disposizione della magistratura strumenti molto incisivi per contrastare le vecchie e nuove organizzazioni mafiose, ad esempio per quanto riguarda il sequestro dei beni. Peraltro appaiono opportuni alcuni interventi di tipo legislativo, a partire dalla introduzione di una qualche forma di sistema premiale anche nei casi di corruzione, proprio sulla base dei positivi risultati ottenuti tramite tale strumento nella lotta alle mafie; e va posta particolare attenzione anche alla disciplina sulle misure cautelari, in corso d’esame da parte delle Camere. Il procuratore sollecita infine una riflessione anche sul regime speciale previsto per la cooperazione, in particolare per quanto riguarda l’inefficacia dei controlli, proprio alla luce delle risultanze di diverse indagini che hanno evidenziato un coinvolgimento di alcune cooperative in episodi di corruzione. (Su questo aspetto vedi il dibattito nel corso dell’audizione del Ministro dell’Interno del 15 marzo 2016con riferimento anche ad alcuni comuni del Lazio, oggetto di un procedimento di verifica di possibili infiltrazioni mafiose)

L’inefficienza del sistema di prevenzione. L’ex sindaco di Roma Capitale, nel rimarcare la propria assoluta estraneità alle ipotesi di reati contestate, ha sottolineato che non ci fosse alcuna percezione di infiltrazioni mafiose all’interno delle istituzioni capitoline, rivendicando alcune misure adottate dalla sua Giunta per contrastare la presenza delle organizzazioni criminali sul territorio. L’attuale sindaco di Roma Capitale ha illustrato le misure assunte dalla sua Giunta per assicurare trasparenza e legalità nell’attività dell’Amministrazione, a partire dai casi in cui si registravano anomalie e disfunzioni: proprio a tale scopo è stata richiesta sin dall’inizio del mandato la collaborazione del Ministero dell’Economia e della magistratura ordinaria e successivamente anche dell’Autorità anticorruzione su una serie di contratti ed appalti in corso di svolgimento. Nel corso delle audizioni del prefetto e dei  sindaci di Roma i membri della commissione antimafia hanno posto particolare attenzione, aldilà delle responsabilità penali che dovranno essere accertate dalla magistratura, sulle lacune dell’attuale sistema di prevenzione, che ha consentito ad alcune organizzazioni criminali di influenzare le scelte compiute dalle amministrazioni locali, creando una forte rete di complicità e connivenze. Sono state sottolineate, in particolare, le responsabilità dei soggetti competenti (ministero, prefettura, amministrazione comunale) per non aver attivato ogni opportuno controllo sui diversi centri di accoglienza (profughi, immigrati, rom, minori etc) e sui meccanismi che hanno consentito alle ditte appaltatrici di ricavare illecitamente ingenti profitti: a tale riguardo, il sindaco di Roma Capitale è stato invitato ad inviare alla commissione antimafia tutta la documentazione inerente agli appalti di servizi con le cooperative oggetto di indagine in sede penale. Un ulteriore momento di riflessione è stato dedicato infine al tema dei finanziamenti privati ai partiti politici, che, pur risultando legittimi, non possono che suscitare perplessità nel momento in cui si accerta l’esistenza di contratti di appalto agli stessi soggetti da parte dell’amministrazione comunale.

Gli accertamenti da parte della prefettura. Nel dicembre del 2014 il prefetto Pecoraro aveva preannunciato la costituzione di una commissione di tre persone (e di un gruppo tecnico di supporto) volta a verificare l’esistenza di infiltrazioni mafiose nell’amministrazione di Roma capitale, a partire dall’esame degli atti relativi al Municipio di Ostia e alla gestione degli appalti. Ulteriori elementi sono stati forniti dal nuovo prefetto Gabrielli ad agosto del 2015 (prima della decisione del Governo di procedere al solo scioglimento del Municipio di Ostia) e a gennaio 2016: in quest’ultima occasione il prefetto ha svolto considerazioni molto critiche sulla situazione complessiva dell’amministrazione comunale nel periodo da lui monitorato e cioè dal 7 settembre al 2 novembre 2015 (quando è iniziata l’attività del nuovo commissario Tronca).

Il Prefetto Gabrielli sottolinea innanzitutto le resistenze incontrate dalla task force da lui coordinata, che ha avuto il compito di valutare il superamento o meno delle criticità evidenziate dalla Direttiva del Ministero sui tre Dipartimenti di Roma Capitale commissariati a seguito dell’inchiesta Mondo di Mezzo. Rispetto alla grande disponibilità del segretario generale Buarnè e dell’assessore Sabella, il Prefetto evidenzia la scarsa collaborazione dimostrata da alcuni dirigenti, oltre ad una burocrazia elefantiaca che causa problemi di collegamento tra uffici centrali e municipali.  Tanto che al 2 novembre nei 3 Dipartimenti oggetto della Direttiva del Ministero solo 6 determinazioni dirigenziali  considerate ‘inquinate’ erano state annullate. Per altre 4 era stato avviato il procedimento. Mentre ben 16 risultavano ancora ‘senza risposta’. Criticità sono evidenziate anche in merito alla rimozione del personale coinvolto nell’inchiesta Mondo di Mezzo: l’iniziativa disciplinare è stata avviata solo il 14 ottobre 2015 e non senza incongruenze poiché, sottolinea il Prefetto, sono stati coinvolti anche dirigenti verso cui non sono emersi addebiti nell’indagine citata, con una scelta di cui la task force “stigmatizza l’inopportunità”. Anche il piano anticorruzione adottato dal Comune viene giudicato incompleto ed eccessivamente generico e la task force ne raccomanda una integrazione, così come si rilevano ombre nel settore dei contratti pubblici, nonostante il tentativo di battere nuove strade per uscire dalle logiche emerse in Mafia Capitale. La gara europea nel settore dei servizi assistenziali alle persone in difficoltà abitativa è andata infatti deserta. Sul rafforzamento della centrale unica degli acquisti di beni e servizi, pur evidenziando i progressi registrati, la task force mette in guardia dal rischio di una centralizzazione troppo spinta se non adeguatamente calibrata con la complessità e le esigenze di celerità d’azione di alcuni uffici capitolini.

La conclusione dell’esperienza dell’amministrazione Marino, che aveva iniziato un iter di aggiornamento del quadro regolamentare, ha notevolmente rallentato questo processo, in particolare sulle gare d’appalto al di sotto della soglia della rilevanza comunitaria, sentiero molto battuto dall’organizzazione criminale del Mondo di Mezzo. Ritardi segnalati anche sul sistema di controllo interno e sul giudizio delle performance dei dipendenti: si attende ancora il varo di un nuovo regolamento che sostituisca il precedente, disapplicato perché rivelatosi inefficace. Una situazione che, unità alle ultime vicende giudiziarie, rischia di creare una paralisi amministrativa tanto pericolosa quanto lo sono i comportamenti illeciti ipotizzati dall’inchiesta Mondo di Mezzo. E’ parere del Prefetto che la strada che separa Roma Capitale dai binari della legalità sia ancora lunga.  

Le misure adottate nei confronti delle cooperative coinvolte. I controlli documentali effettuati da parte della Legacoop nazionale sulla Cooperativa 29 giugno e le cooperative ad essa collegate  non avevano evidenziato anomalie. Dopo lo scoppio dell’inchiesta Mafia Capitale le cooperative in questione sono state commissariate. i responsabili espulsi e la Lega si è costituita parte civile; è stata anche commissariata la Legacoop Lazio  (nei confronti della CPL Concordia si è favorito invece il ricambio dei dirigenti anche per non compromettere irrimediabilmente il patrimonio della cooperativa). Nel corso della discussione è stata sottolineata l’esigenza di una più attenta verifica da parte degli organismi di controllo sulla correttezza dell’azione di tutte le cooperative e di più efficaci misure di prevenzione: in questo contesto, una attenta riflessione sarà effettuata sui rapporti con la politica e sul suo finanziamento, ancorchè effettuato in modo trasparente e conforme alla legge.

Per quanto riguarda Ostia ma, in generale, tutta la questione di “Mafia Capitale”, l’ex assessore alla legalità del Comune di Roma sottolinea che ciò che ha facilitato l’infiltrazione delle imprese legate alla mafia nel tessuto economico di Roma sono una serie di provvedimenti del Comune stesso: in particolare, una delibera “con un aspetto criminogeno” è la n. 60 adottata dalla giunta Alemanno, che porta dal 5% al 15% dei fondi destinati ai servizi direttamente alle cooperative sociali di tipo B, nonostante che le cooperative sociali di tipo B possano avere appalti solo se inferiori ai 200 mila euro, ossia sotto la soglia comunitaria. Altre due delibere hanno peggiorato la situazione, sottraendo ai controlli di legittimità gli affidamenti al di sotto dei 200 mila euro. Di fatto, da un lato si attribuivano, senza gara e con artificioso frazionamento, appalti fino a 200 mila euro; dall’altro si eliminavano i controlli su tutti questi affidamenti sotto i 200 mila euro.

Prime riflessioni sulla normativa in materia di scioglimento delle amministrazioni locali. Il 22 luglio 2015la Presidente on. Bindi ha illustrato alcune proposte di adeguamento della normativa sullo scioglimento delle amministrazioni per mafia, finalizzata originariamente ad interventi relativi a realtà amministrative di piccole dimensioni, collocate in alcune nelle regioni a tradizionale insediamento mafioso, per tener conto dell’evoluzione del fenomeno delle infiltrazioni della criminalità e della corruzione conseguente, che interessa oggi città con un elevato numero di abitanti (come nel recente caso di Roma) situate su tutto il territorio nazionale. In quest’ottica sono auspicabili nuovi strumenti di prevenzione e contrasto e forme più efficaci di collaborazione tra Stato centrale e gli enti locali coinvolti, partendo dalle misure contenute nel disegno di legge del Governo (AS1297leggi questa scheda), ed arricchendole al fine di favorire un’ampia verifica di tutte le più importanti attività amministrative, incluse quelle delle società partecipate e dei consorzi pubblici a partecipazione privata. In particolare vanno individuate forme di tutoraggio o assistenza da parte dello Stato nei casi in cui non vi siano gli estremi per lo scioglimento dell’ente, garantendo comunque l’autonomia del comune o dell’ente locale interessato. La Commissione, al termine delle audizioni e delle missioni sul territorio, tornerà a riunirsi per predisporre un documento conclusivo su tali tematiche.

Aggiornamento sulla situazione della criminalità organizzata a Roma. Nell’audizione del 26 gennaio 2016 il Prefetto ha effettuato un aggiornamento sulla situazione della criminalità organizzata a Roma.  Le mafie continuano a vedere la Capitale come terreno ideale per il riciclaggio del denaro sporco, tentando di infiltrare esercizi pubblici e commerciali, il mercato immobiliare, i servizi finanziari e di intermediazione, sfruttando la rete di relazioni con i professionisti del settore che è riuscita a tessere. Delle tre principali organizzazioni criminali operanti in Italia e a Roma la ‘Ndrangheta resta la più pervasiva, diversificando i propri interessi nel settore del riciclaggio, mentre Cosa nostra si concentra sul settore degli appalti di opere pubbliche e la Camorra prova a infiltrare il tessuto imprenditoriale della città, dopo essersi già insediata sul litorale pontino. Tutte continuano a fare affari con il traffico degli stupefacenti, essendo Roma una piazza remunerativa sul fronte della domanda e degli accessi ai collegamenti nazionali e internazionali. Nell’hinterland della Capitale si sono consumate il 17 per cento delle operazioni antidroga condotte in Italia durante il primo semestre del 2015. Il Prefetto fa cenno ad una nuova forma di criminalità ambientale, legata allo smaltimento illecito di rifiuti ferrosi, organizzata nei campi rom dislocati nella cintura esterna della città, finalizzata alla vendita agli esercenti delle attività di rottamazione e collegata al fenomeno dei roghi tossici.

Il Prefetto ha tenuto a sottolineare la significativa azione di contrasto condotta nel 2015, con l’aumento del 10% di arresti, la riduzione del numero di reati (-30%), compresi gli omicidi risolti in tempistiche molto ridotte. Risultati ottenuti grazie al potenziamento delle forze di polizia territoriali e un flusso di dati in grado di meglio orientare le loro azioni.

La situazione del VI Municipio di Roma capitale. La seduta del 9 febbraio 2016 è stata dedicata all’analisi della situazione del VI Municipio, che comprende, tra le altre, le frazioni di Tor Bella Monaca, Corcolle e Rocca Cencia: si tratta di un territorio molto vasto nel quale, come emerso da alcune indagini giudiziarie, risultano radicati gruppi criminali dediti ad attività illecite, con particolare riferimento al traffico dei rifiuti, allo spaccio della droga e all’estorsione nei confronti degli abitanti delle case popolari. Il confronto in Commissione con il Presidente del Municipio si è incentrato sulle misure adottate dall’Amministrazione per contrastare le diverse forme di illegalità e su alcune scelte compiute in sede di affidamento di appalti e servizi.

Le misure adottate dal Partito Democratico a Roma. Nell’audizione del 17 febbraio 2016, l’on. Orfini (commissario straordinario del partito a Roma) sottolinea che il sistema mafioso a Roma ha “infettato” non solo la politica, ma anche il mondo dell’impresa, del lavoro, dell’informazione e dell’associazionismo e che vi è una responsabilità diffusa, non solo della politica ma anche delle istituzioni (inclusi magistratura, prefetto e Copasir) che non si sono accorti di tutto quello che stava accadendo a Roma capitale: e ciò ha impedito la creazione di anticorpi per prevenire il rischio dell’infiltrazione e la presa del potere delle organizzazioni criminali. Le risultanze dell’indagine giudiziaria hanno spinto il PD romano ad una approfondita analisi dello stato dell’organizzazione, all’adozione di importanti misure di contrasto all’illegalità all’interno del partito (ad esempio nomina a commissario del partito a Ostia di un membro della Commissione antimafia), e a sollecitare l’Amministrazione comunale ad assumere concrete iniziative in questa direzione, che purtroppo si sono rivelate insufficienti, anche per l’inadeguatezza degli strumenti della normativa vigente: più in particolare, nell’audizione dell’8 marzo, l’on.le Orfini ha sottolineato l’esigenza di una revisione della disciplina sullo scioglimento dei comuni, soprattutto con riferimento a quelli di maggiori dimensioni per garantire un adeguato supporto agli amministratori in carica, dotandogli di adeguati poteri per incidere a fondo nell’attività di ripristino della legalità. Nella stessa audizione è stato altresì evidenziata la necessità di coniugare il rinnovamento della classe dirigente con un’adeguata formazione della stessa, affinchè sia in grado di governare situazioni complesse, come quella di Roma, e non essere subalterna alle burocrazie locali.

Il prof. Barca illustra il lavoro di mappatura dei 108 circoli del PD romano, volto non ad accertare responsabilità penali o la regolarità delle iscrizioni o il rispetto delle regole dello statuto e del codice etico interno, ma a valutare l’attività concretamente svolta dalle singole strutture in rapporto con le esigenze ed i problemi dei rispettivi territori: su questa base sono emersi giudizi precisi sulla capacità di ciascun circolo di farsi portatore di interessi generali e non di mero strumento di lotta per il potere. Aldilà dei risultati del rapporto, pubblicato su internet, il prof. Barca sottolinea l’importanza di sviluppare metodi e cultura di valutazione e auto-valutazione dei partiti politici al loro interno, al fine di individuare nuovi strumenti che consentano alla politica di intervenire prima che intervenga la magistratura.

Le misure di ripristino della legalità della gestione commissariale. La seduta del 9 marzo 2016 (più volte segretata) è stata incentrata sull’analisi dei provvedimenti – già adottati ovvero programmati dal Commissario Tronca e dal suo staff, in collaborazione con le altre istituzioni (in primis Autorità anticorruzione, procura della repubblica e Corte dei conti) – con riferimento alla revisione complessiva dei regolamenti, al rafforzamento delle posizioni di vertice dell’Amministrazione e del sistema dei controlli, alla rotazione del personale, per eliminare incongruenze e irregolarità emerse nel corso degli anni. Una specifica attenzione è stata dedicata ai temi degli appalti (con l’istituzione della stazione unica appaltante ed una più larga applicazione degli strumenti informatici per contrastare le illegalità), della gestione del patrimonio comunale, degli organici del personale dipendente e del bilancio di Roma Capitale.

Il radicamento delle organizzazioni criminali nel Lazio. L’audizione del 22 marzo del Governatore Zingaretti è stata dedicata all’analisi della forte presenza, sin agli anni ’70, della criminalità organizzata nel Lazio (attiva nei settori del traffico di droga, dei sequestri, dei taglieggiamenti, del riciclaggio di denaro sporco) anche se la presa di coscienza della gravità dei fenomeni e della capacità di infiltrazione nel tessuto economico ed e istituzionale si è realizzata solo recentemente, nonostante i tanti campanelli di allarme (come ad esempio le vicende relative ai comuni di Nettuno e di Fondi). C’è stata infatti una “ritrosia culturale” a riconoscere l’esistenza delle mafie, analoga a quella registrata in passato in alcune regioni meridionali.

Le inchieste giudiziarie, alcune già giunte a sentenza, ed i rapporti realizzati dalle diverse amministrazioni evidenziano come il Lazio sia oggi la quinta regione per indice di presenza mafiosa, dopo Campania, Calabria, Sicilia e Puglia (e Roma occupa la tredicesima posizione, prima tra le provincie non meridionali in questa classifica): i dati delle aziende confiscate nel Lazio nell’ultimo anno evidenziano, accanto alle attività criminali tradizionali (traffico di stupefacenti e di armi) ingenti investimenti criminali nei settori dell’edilizia, delle costruzioni e dei rifiuti; si registra una forte presenza anche nei settori immobiliare, agroalimentare, della logistica e del trasporto, della ristorazione, del turismo, delle concessionarie di auto. Siamo di fronte a gruppi criminali (italiani e stranieri) che operano, spesso in sinergia, su due fronti: da una parte agiscono con metodi minatori e violenti per realizzare estorsioni e recupero crediti (la Regione ha approvato una legge in materia di usura); dall’altra hanno un approccio di tipo imprenditoriale, privilegiando lo strumento della corruzione rispetto a quello dell’intimidazione.

Il Governatore illustra tre livelli di intervento per contrastare le organizzazioni criminali. In primo luogo, una battaglia sul piano culturale, volta a favorire la conoscenza del fenomeno mafioso e una precisa scelta di campo da parte di istituzioni e società civile, il cui impegno è essenziale in questo campo; in secondo luogo, un’ampia opera di autoriforma della pubblica amministrazione, per costruire anticorpi più forti, come quella messa in atto dall’amministrazione regionale, anch’essa lambita dall’inchiesta Mafia capitale (in particolare attraverso una riduzione drastica dei centri decisionali, la semplificazione dell’assetto delle società in house, un’ampia rotazione del personale e la trasparenza delle procedure); da ultimo, il sostegno all’economia legale e il rafforzamento della qualità dei servizi per produrre crescita, lavoro, sviluppo (come le iniziative recentemente promosse ad Ostia ed Acilia): occorre infatti affiancare all’attività repressiva delle forze dii polizia e della magistratura quella di promozione dello sviluppo della legalità, a partire ad esempio dai bandi di gara per gli stabilimenti balneari di Ostia o al riutilizzo sociale dei beni confiscati.

                                                              (In collaborazione con Claudio Forleo, giornalista professionista)