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Lazio, sequestrati beni per 100 milioni al clan dei casalesi

La Direzione Investigativa Antimafia di Napoli sta eseguendo un decreto di sequestro beni nel basso Lazio ad esponenti del clan camorristico dei Casalesi per oltre 100 milioni di euro. Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Frosinone a seguito di una proposta di applicazione di misura di prevenzione personale e patrimoniale formulata dal Direttore della Dia, generale Antonio Girone.

Personale del Centro Operativo Dia di Napoli sta completando l’esecuzione di un decreto di sequestro, ai sensi della normativa antimafia, emesso nei confronti di affiliati al clan dei casalesi. Il provvedimento – che dispone anche la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. con obbligo di soggiorno per anni tre a carico di tre esponenti di un sodalizio criminale collegato con il clan dei Casalesi – è stato adottato dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Frosinone, a seguito di una proposta di applicazione di misura di prevenzione personale e patrimoniale formulata dal Direttore della Dia, Antonio Girone, sostenuto nel dibattimento di prevenzione dal pm presso la Procura di Frosinone, Tonino Di Bona.

L’operazione, convenzionalmente denominata ‘Verde Bottiglia’, ha consentito agli uomini della Dia di Napoli di sottrarre al gruppo criminale un patrimonio del valore stimato in oltre 100 milioni di euro, costituito da beni localizzati a Castrocielo, Cassino, Aquino, Frosinone, Formia, Gaeta, Roma e L’Aquila e consistente in società, ditte individuali, fabbricati, terreni, autovetture e rapporti finanziari. I destinatari del decreto di sequestro sono i pregiudicati: Gennaro De Angelis, di 67 anni, Aladino Saidi, di 34 anni ed Antonio Di Gabriele, di 66 anni.

Dalle indagini, che hanno consentito di sequestrare 17 società, 2 ditte individuali, 31 fabbricati, 14 terreni, 16 autovetture e 118 rapporti finanziari, è emerso il ruolo di alto profilo svolto da Gennaro De Angelis, fondatore di un gruppo criminale proprio e indipendente definito “deangelisiano”. Grazie alla sue capacità imprenditoriali e di intermediazione bancaria, De Angelis svolgeva all’interno del clan in qualità di incaricato dal boss Francesco Schiavone operando investimenti in Italia e all’estero dei capitali illecitamente accumulati dall’organizzazione criminale. Il boss De Angelis gestiva nella sua zona di competenza, il basso Lazio, estorsioni, truffe, riciclaggio, ricettazione e, soprattutto, importazione da altri Paesi dell’Unione Europea di autovetture, evadendo l’Iva. Per un periodo ha svolto anche la funzione di “procacciatore” e “fornitore di armi” al clan dei casalesi durante la storica guerra intestina che ha visto contrapposti i casalesi di “Sandokan” ai “bardelliniani”. De Angelis ha partecipato alle attività estorsive nella zona di influenza attraverso l’indicazione al clan, quali obiettivi contro cui destinare le richieste estorsive, delle attività economiche più fiorenti nel territorio sud pontino.

(Tratto da Narcomafie)