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L’attacco finale alla Giustizia

Giustizia, il blitz di Berlusconi
Incassata la disponibilità dell’Udc al dialogo, il premier disintegra i prudenti scambi di segnali con il Pd sulla riforma del sistema giudiziario: “Non parlo con dei vecchi marxisti – leninisti”. Poi: “Sulla separazione delle carriere si può cambiare la Costituzione”. Il Pd: “Le parole confermano la reale volontà della maggioranza”. In giornata era stato fissato un incontro tra Alfano e il ministro ombra Tenaglia

Giustizia, si surriscalda il fronte. L’Udc ha aperto un tavolo con il Guardasigilli Angelino Alfano sulla riforma. Il Partito democratico, attento a calibrare bene le parole, si preparava ad andare a vedere le carte: per martedì era fissato un incontro tra Alfano e il ministro ombra Lanfranco Tenaglia. Ma sull’avvicinamento è piombato in serata il presidente del Consiglio: “Non mi siederò mai al tavolo con questi individui. Non accetto di poter parlare con persone che sono dei vecchi marxisti-leninisti”. Secondo Silvio Berlusconi la riforma della giustizia è “un compito improbo, non facile, non breve per il governo che però per fortuna in Parlamento ha i numeri per poter operare. Una maggioranza vasta è fondamentale perché con questa opposizione non si può dialogare”.

Poi ha rilanciato sul tema più indigesto per il Pd: “La separazione degli ordini, non delle carriere che gli italiani non capiscono, consiste nel fatto che il magistrato che giudica deve far parte di un ordine e quello che accusa di un altro. Solo così un cittadino non si chiederà se quel giudice sia un eroe”. Poi: “La Costituzione si può cambiare in tal senso. I cittadini decideranno con il referendum alla fine come popolo sovrano se quella riforma potrà funzionare. Questa è la democrazia”. Praticamente una guerra dichiarata: facciamo da soli, e siamo pronti pure al referendum.

Immediata la reazione del Pd, con la capogruppo al Senato Anna Finocchiaro: “Le parole di Berlusconi, i suoi toni, le sue offese all’opposizione confermano quale sia la reale volontà che alberga nella maggioranza. Alla faccia delle equilibrate parole che erano state usate anche dai presidenti delle Camere! La verità – ha proseguito – è che il presidente del Consiglio vuole stravolgere la Costituzione, deformando gli equilibri istituzionali già resi così deboli da un presidenzialismo di fatto e vuole separare le carriere dei magistrati. Erano due questioni per noi dirimenti. Questa è stata la sua risposta”.

Il veto di Berlusconi non è rivolto all’Udc che, anzi, il premier spera di poter riavvicinare proprio attraverso l’occasione offerta dalla riforma del sistema giudiziario. Non è un caso che l’attacco al Pd sia arrivato solo dopo l’apertura del confronto con l’Udc. Chiesto un colloquio, il leader Pier Ferdinando Casini e il vicecapogruppo centrista alla Camera Michele Vietti, hanno trovato la piena disponibilità del ministro. L’incontro c’è stato, a Montecitorio. Alfano, del resto, non poteva non cogliere al volo l’occasione di poter mettere in calce al suo intervento il contributo di una formazione dell’opposizione. Potrà dire, in ogni caso: “Non è vero che abbiamo fatto tutto da soli”.

Vietti ha rivendicato di far parte di “quella parte di opposizione che è ben disposta a fare un passo in avanti. Non abbiamo preclusioni a eventuali modifiche della carta costituzionale”. Ha detto poi di voler aspettare “quali saranno le proposte che arriveranno nel concreto”. Qualche linea programmatica l’ha comunque già fornita: “Per quanto riguarda la separazione delle carriere, io la considero molto uno slogan e poco una soluzione praticabile. Vorrei capire dove finiscono questi pm una volta svincolati dall’ordinamento giudiziario. Temo possano diventare una casta ancora più autoreferenziale. Io sono per mantenere l’obbligatorietà dell’azione penale ma bisogna prima risolvere il problema della priorità dell’esercizio dell’azione penale. Se vogliamo ridurre la discrezionalità dobbiamo ridurre drasticamente le figure di reato”. Alla domanda se la partecipazione del Pd al tavolo condizionerà il contributo del suo partito, ha risposto: “Restiamo seduti a seconda delle portate, non dei commensali”. Critica l’Italia dei valori, che ha escluso da subito ogni forma di collaborazione. Per il capogruppo dipietrista alla Camera Massimo Donadi “gli incontri privati si addicono più a un cavallo di troia della maggioranza che non a un partito che voglia un confronto all’interno dell’opposizione”.

La mossa centrista, in ogni caso, scuoteva anche i democratici. A mezz’ora dall’ufficializzazione dell’incontro Udc – Alfano, l’ufficio stampa del Pd diffondeva, poco dopo mezzogiorno, una nota in cui veniva indicato nel ministro ombra della Giustizia, Lanfranco Tenaglia, l’ambasciatore del segretario al tavolo. Walter Veltroni dava così vita a uno sblocco tattico, rimarcando la disponibilità al confronto. Difficile fare altrimenti, quando neanche un mese fa aveva aperto la conferenza programmatica del partito sulla giustizia spronando Alfano alla condivisione.

Il faccia a faccia tra Tenaglia e Alfano veniva fissato a martedì prossimo. Lì, dichiarava il ministro ombra, “andremo a sentire qual è nel concreto la loro idea di riforma”. Il Pd aveva intenzione di muoversi sulla base delle proposte presentate tre settimane fa alla conferenza della giustizia. Sarà con quel dossier, di una sessantina di pagine, che Tenaglia si presenterà da Alfano. Se il faccia resterà in agenda, sarà a questo punto una mera formalità. Alfano, in serata, si è mostrato del resto già allineato alla posizione berlusconiana: l’Udc basta e avanza. “Berlusconi prende atto – ha dichiarato il Guardasigilli – di una sinistra che continua a dire dei no. E se dice dei sì ci mette tanti di quei però che finiscono per coincidere con un no”.

In mattinata il ministro della Giustizia aveva confermato la tabella di marcia già nota, sciogliendo l’ultimo dubbio: il ritocco delle norme sull’obbligatorietà dell’azione penale (su cui si intende dare alla politica la facoltà di fissare delle priorità rispetto ai reati da perseguire) saranno inserite nell’ultima “tranche”, che verrà dopo le norme sul processo civile (già all’esame del Parlamento) e quelle, di cui si attende la presentazione a giorni, anche il premier ha frenato sui tempi, sul processo penale. Qui dovrebbero trovare spazio le norme che ridisegnano le regole sulle intercettazioni (ma è difficile, vista la contrarietà della Lega) e, soprattutto, il confine tra i poteri dei pm e quelli della polizia giudiziaria. L’ultimo intervento che Alfano auspica è quello costituzionale, con la separazione delle carriere di giudici e pm e la riforma del Csm: i falchi del centrodestra vorrebbero sdoppiarlo.
Andrea Scarchilli

(tratto da www.aprileonline.info)