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LATINA ‘LE MAFIE NEL TERZO MILLENNIO’, INCONTRO DELL’ASR SU PENETRAZIONE MAFIOSA NEL LAZIO

ROMA, 10 GIU – Un incontro organizzato, a Latina, dall’Associazione Stampa Romana per raccontare la penetrazione mafiosa nel basso Lazio. Un convegno che chiude idealmente il lavoro del corso dell’Asr “Le mafie nel terzo millennio”. Magistrati, giornalisti, sindacati e associazionismo insieme per rompere il silenzio e cercare verità su quanto la criminalità organizzata sia profondamente presente sul territorio.

“Ancora  nel Lazio le risposte sono vaghe sulla mafia. Di mafia non si deve parlare solo nelle aule di giustizia, ma soprattutto fuori”. Questo è il commento in apertura di convegno fatto dal procuratore aggiunto Nunzia D’Elia. “Non è facile per nessuno fare quel salto culturale e professionale per combattere una criminalità che sempre di più pervade il nostro territorio. E’ necessario che tutti insieme, le persone che sono sul territorio, si oppongano e non solo con denuncie anonime, ma con la consapevolezza che la società civile deve essere vicino al lavoro dei magistrati e delle forze dell’ordine”, aggiunge D’Elia.

Ed è proprio il sindacato dei lavoratori della Polizia, rappresentato dal segretario regionale del Silp-Cgil, Cosmo Bianchini, a chiedere più presenza sul territorio: “Perché quando si tratta di parlare e di dire le cose come stanno tutti fanno finta di non sapere. A Latina abbiamo un solo agente a Varese ce ne sono cinquanta e invece c’è bisogno di un lavoro capillare per un vero controllo di legalità sul territorio”.

E perché la cultura della legalità possa diventare patrimonio comune c’è bisogno di raccontare la verità e “l’informazione ha un ruolo fondamentale”, come sottolinea Alessandro Panigutti direttore di Latina oggi: “Abbiamo l’obbligo di parlare e di non smettere più”.
Eppure, secondo Enrico Fierro de Il Fatto Quotidiano, “in questo Paese la cultura della mafia si sta affermando sotterraneamente. La mafia ha già vinto in questa zona quando il comune di Fondi non è stato sciolto, ma è stato dato il tempo ai consiglieri di dimettersi per poi essere rieletti”.

C’è chi non si arrende e sottolinea la necessità, anche qui nel sud del Lazio, di proseguire l’impegno per la legalità. E’ il caso di Don Luigi Ciotti, presidente di Libera che si rivolge ai tantissimi ragazzi presenti in sala con un’esortazione: “Abbiamo l’obbligo di rompere il silenzio, avere il coraggio della denuncia e di reagire con le proposte”. “E’ doveroso raccontare e ricercare la verità, meno informazione vuol dire meno libertà, meno partecipazione. In gioco c’è la democrazia. La nostra bussola resta la Costituzione e l’articolo 21. L’informazione è fondamentale per costruire giustizia, ma per fare questo l’informazione deve essere libera e non asservita al potere politico ed economico. La democrazia non può vivere senza conoscenza, senza verità. C’è troppo sapere di seconda mano e l’indignazione non basta più e l’ultima risorsa dell’intelligenza umana è il disgusto”.

Servono però leggi adeguate e invece il ddl Alfano va nella direzione opposta, lo sottolinea il magistrato Diana De Martino, della Direzione Nazionale Antimafia: “Anche se modificato, quel provvedimento resta un oggettivo ostacolo alle indagini, perché bisogna ricordare che spesso le inchieste di mafia, è il caso di Damasco 1, prendono avvio da reati che non sono direttamente riconducibili alla attività della criminalità organizzata”.

“La cultura della legalità e quella dell’informazione – ha detto in conclusione il segretario dell’Asr Paolo Butturini – sono due facce della stessa medaglia: la tenuta democratica del Paese. Va detto con chiarezza che il ddl Alfano non impedisce soltanto di pubblicare le intercettazioni, cancella di fatto il diritto dei cittadini a essere informati. Non si potrà parlare di inchieste in corso fino alla decisione del Gip, cioè, coi tempi della giustizia italiana per almeno 2 o 3 anni. Viene meno il principio liberale di Luigi Einaudi “Conoscere per deliberare”. Mi auguro che il presidente Napolitano non apponga la firma a una legge palesemente contro l’articolo 21 della Costituzione”.

(Tratto da Iris Press)