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Latina – L’allarme del maggiore De Lise, comandante del Nucleo Investigativo dei Carabinieri:«Infiltrazioni mafiose nell’economia, la gente non deve voltare la testa»

le mafie ci sono, ma in due anni non ho mai ricevuto segnalazioni di anomali arricchimenti

Andrea Ranaldi

10/04/2023 12:18

Le recenti interdittive antimafia hanno rivelato quanto sia concreto e attuale il pericolo delle infiltrazioni delle realtà imprenditoriali contigue alle organizzazioni criminali mafiose nel tessuto socio economico pontino. Gli ultimi casi sono emersi grazie al lavoro dei Carabinieri, impegnati in un complesso lavoro di individuazione dei fenomeni criminali latenti, pur senza contare sul sostegno della società civile, insostituibile presidio di legalità che in questo contesto si sta rivelando poco sensibile alla percezione dei sintomi di un malessere dilagante. È lo scenario allarmante che emerge compiendo un’analisi attraverso gli occhi del maggiore Antonio De Lise, comandante da più di due anni del Nucleo Investigativo dell’Arma, reparto specializzato anche nel contrasto del crimine organizzato, un ufficiale approdato nel capoluogo pontino dopo esperienze significative come il comando della Compagnia di Giugliano in Campania.

Che situazione ha trovato in provincia di Latina?
Mi ero documentato, soprattutto attraverso atti giudiziari. Avevo letto dei clan autoctoni, un fenomeno che ho trovato in forma più contenuta, grazie alle inchieste della magistratura distrettuale antimafia che ha disarticolato le consorterie più importanti. Sapevo e ho letto dell’influenza della criminalità campana, ma l’ho trovata anche più forte. Ne è un esempio l’impresa che ha infiltrato un appalto pubblico del Comune di Latina, ritenuta dal Prefetto di Napoli vicina al clan Mallardo, capace di estendere i propri affari in tutto il Lazio, come osservato già dal procuratore nazionale antimafia Melillo.

Quindi le organizzazioni criminali campane sono quelle più radicate nel territorio pontino?
La vicinanza territoriale influisce, la protagonista la fa la camorra, in particolare con la famosa alleanza di Secondigliano perché è la struttura criminale più importante e più ramificata della Campania. Ma non dimentichiamo che di recente un’attività commerciale del sud pontino ha rivelato legami con la criminalità organizzata e in quel caso si parlava di ‘ndrangheta. È chiaro che qui le mafie si comportano diversamente rispetto ai territori di origine. Qui diventano imprenditrici, mettono da parte le armi, evitano lo spargimento di sangue e tutta una serie di elementi che invece hanno bisogno di rendere visibili nei territori d’origine dov’è maggiore il contrasto con i rivali. Mi rifaccio a un concetto descritto da una sentenza del Tribunale di Napoli nel 2014, vale a dire la mimetizzazione camorristica, la capacità di mescolarsi nel tessuto sociale sano. Perché questo va detto, a Latina ho trovato un territorio sano.

Quali sono i settori più a rischio?
Sicuramente gli appalti pubblici, ma nel territorio pontino c’è turismo, quindi le realtà più soggette alle infiltrazioni sono le attività ricettive, quelle commerciali in generale. Qui c’è terreno fertile per reinvestire i denari prodotti in maniera illecita, che poi è il problema principale delle organizzazioni criminali di stampo mafioso.

In che maniera gli imprenditori legati alle mafie riescono a insinuarsi nella nostra economia
Essenzialmente assistiamo a due tipi di infiltrazioni. Prima di tutto per vicinanza territoriale, col criminale che viene e crea una struttura tutta sua. Poi c’è una modalità più subdola, che avviene sfruttando le aderenze al territorio per approfittare delle difficoltà economiche dell’imprenditore sano, che magari è debole dal punto di vista psicologico e cede alle proposte del mafioso. In questo contesto c’è chi accetta perché pensa di diventare più importante e potente.

Vi è capitato di ricevere segnalazioni da parte di cittadini che hanno notato evoluzioni di questo genere?
No, è il mio rammarico. Da oltre due anni sono comandante del Nucleo Investigativo che si occupa anche di contrastare le mafie, ma non ho avuto segnalazioni di anomali arricchimenti. Non dico denunce, ma neppure segnalazioni di qualcuno che bussa alla mia porta e mi dice, ho notato questo anomalo arricchimento, di locali che passano dal rischio chiusura a un improvviso investimento. Non mi accorgo della presenza mafiosa perché costretto ad aumentare le indagini, ma perché aumenta il numero delle persone che le pattuglie controllano con soggetti vicine alle mafie. Prima che ciò avvenga, è possibile che il mafioso sia vicino di casa di un latinense che magari non è avvezzo a riconoscere certi fenomeni, ma in alcuni casi preferisce restare in silenzio, per paura di essere implicato in vicende giudiziarie.

 

Quali sono i rischi per la comunità quando viene infiltrata da un’impresa mafiosa?
Non bisogna farsi ingannare dal benessere che generano le attività alimentate da finanziamenti illeciti. Dietro c’è sempre un modo di ragionare mafioso, quello della sopraffazione. Se voltiamo la testa, accettiamo che possa girare l’imprenditore legato alla criminalità organizzata e con lui magari un amico mafioso, che magari ha un figlio che cresce con i nostri figli e si ricorda di avere una mentalità mafiosa ad esempio nel momento in cui scoppia una lite davanti un locale notturno. È un problema che investe tutta la società, perché l’imprenditore infiltrato mette le radici e porta dipendenti da fuori, che spesso è il prezzo che deve pagare alle mafie. Senza dimenticare che accettare l’infiltrazione mafiosa, è una beffa per le stesse vittime delle organizzazioni criminali, che devono piegarsi alle richieste estorsive e devono accettare pure che i soldi ceduti da loro consentano alle mafie di moltiplicare gli affari.

Insomma, l’imprenditore contiguo alla criminalità organizzata resta pur sempre un punto di contatto col territorio d’origine?
Capita di avere a che fare con imprese del tutto pulite rispetto all’origine, ma il denaro iniziale proviene sempre da affari illeciti. Magari l’azienda viene gestita da un soggetto che prima di reinventarsi imprenditore faceva le rapine o le estorsioni nel territorio d’origine, quindi dietro un’attività pulita, un locale sfarzoso, c’è sempre una persona che si mette a disposizione quando il clan chiama, ad esempio se dovesse  chiedere un’indicazione o il supporto logistico per compiere una rapina. Anche quei soggetti che non sono pericolosi, hanno pur sempre una funzione di sentinella, a disposizione del mafioso anche per un nascondiglio e tutte quelle situazioni che possono creare allarme sociale. Dove c’è un latitante, può esserci qualcuno che lo cerca, che magari non sono le forze di polizia, ma un emissario di un clan rivale. Poi magari succede quello che è successo a Terracina dieci anni fa. Non solo è importante non prestarsi a facili arricchimenti, ma è altrettanto doveroso non voltare la testa di fronte a una realtà imprenditoriale sospetta.

Fonte:https://www.latinaoggi.eu/news/cronaca/210526/ainfiltrazioni-mafiose-nellaeconomia-la-gente-non-deve-voltare-la-testaa