I magistrati bocciano la riforma del processo penale messa a punto da Alfano
Per il Pdl è un’invasione di campo. Per il vicepresidente del Csm Nicola Mancino solamente un «parere articolato». Fatto sta che il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha approvato ieri, con qualche piccola modifica, il parere della VII commissione che boccia le norme contenute nel ddl sulla riforma del processo penale. E il dibattito politico si è subito surriscaldato. Secondo i magistrati, infatti, il testo viola principi costituzionali come l’obbligatorietà dell’azione penale e la ragionevole durata dei processi e avrà effetti «gravi» sull’efficacie delle indagini. Un giudizio che in molti considerano come una bocciatura politica prima che tecnica. Al punto che il parete è passato con i voti favorevoli di tutti i togati, dei laici del centrosinistra e del vicepresidente Mancino. Mentre i laici del centrodestra hanno votato contro (astenuto l’Udc Ugo Bergamo). Il testo messo a punto dal Csm critica soprattutto la scelta del governo di spostare il motore delle indagini nelle mani della polizia giudiziaria e contesta la decisione di cancellare la dipendenza di quest’ultima dal Pm instaurando anche una sorta di concorrenza e controllo reciproco. Ma la maggioranza dei consiglieri è preoccupata pure per la norma che ha esteso i casi di astensione e di ricusazione dei giudici ai giudizi espressi fuori dall’esercizio delle funzioni nei confronti delle parti del procedimento e tali da provocare fondato motivo di pregiudizio all’imparzialità del giudice. Un giudizio che il Pdl, e non solo, bolla come grave intromissione. «Aspettiamo di conoscere il testo del parere – attacca il vicepresidente vicario dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello – ma se esso dovesse corrispondere alle anticipazioni ci troveremmo di fronte a un vulnus istituzionale di inaudita gravità, dal momento che appena un anno fa il Capo dello Stato, di fronte ad analoghe circostanze, aveva ammonio il Consiglio superiore della magistratura a non esprimere un vaglio di costituzionalità che compete ad altre istituzioni». Sulla stessa lunghezza d’onda il vicepresidente della Camera Rocco Buttiglione (Udc): «Ma questo parere del Csm è politico o tecnico? Il Csm è abilitato a esprimere pareri politici? Non dovrebbe preoccuparsi di essere al di sopra delle parti e della battaglia politica contingente?» E anche l’Unione delle Camere penali, al di là dei contenuti, attacca il Csm che «ancora una volta si comporta da “terza camera” invadendo il terreno della politica. I giudizi del Csm sembrano improntati più ad una logica politica che a rigore tecnico». E mentre il Pd invita il governo a tenere conto dei «numerosi rilievi al ddl Alfano contenuti nel parere», il vicepresidente di Palazzo dei marescialli getta un po’ di acqua sul fuoco: «Non è una bocciatura, perché il Csm non approva e non boccia, ma un parere articolato». Aggiungendo poi che i «pareri che l’organo di autogoverno esprime non vincolano le autorità di governo e meno che mai il Parlamento, sovrano nelle sue decisioni. Sulla riforma del processo penale, ricorda Mancino, «la Commissione competente del Csm ha lavorato per quattro mesi e ha tenuto molte riunioni nel corso delle quali ha elaborato in progress un testo di suggerimenti, avanzato perplessità e, perché no, anche critiche, ma c’è uno spazio per le critiche? Il ministro Alfano, a cui è diretto farà le sue valutazioni, accoglierà ciò che riterrà accoglibile e accantonerà ciò che non lo persuade». Per ora il Guardasigilli si limita a sottolineare che «quello del Csm è un parere, non una bocciatura perché è solo il Parlamento che può promuovere o bocciare i disegni di legge» e sottolinea come l’obiettivo della riforma è quello di parificare le garanzie per l’accusa e la difesa, migliorare il lavoro del pubblico ministero e la qualità del dibattimento affinché nei processi si possa arrivare all’accertamento della verità. «Crediamo molto – spiega – nel nostro sforzo legislativo».
(Tratto da Il Tempo)