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L’ascesa di don Enzo Mandalari dalla baraccopoli al vertice della ‘ndrangheta “particolare” di Bollate

Bella Ciao” al funerale della madre del boss. Il nome della copiata verificato nel quiz di Gerry Scotti. La fusione di due dinastie criminali (e le mire politiche) nell’hinterland di Milano

Pubblicato il: 20/07/2023 – 6:45

di Paride Leporace

Bollate a dieci chilometri di Milano. Un piccolo comune abitato da 35.000 persone. Ha segnato la presenza della ‘ndrangheta lombarda grazie ad un boss che parlava tanto nel recente tempo che ancora gli uomini di panza non si tutelavano dagli orecchi degli investigatori.
Don Enzo Mandalari si sentiva furbo, scaltro e potente negli affari e nella gestione del potere. L’inchiesta “Infinito” lo ha messo definitivamente da parte negli equilibri della nuova ‘ndrangheta imprenditrice, trasferendo la sua autorità criminale nel chiuso di un carcere.

Quel corteo funebre al ritmo di “Bella Ciao”

Nel maggio 2018, quando muore la mamma, Marcella Vetrana, nata a Guardavalle in provincia di Catanzaro, per le strade della frazione di Cassina Nuova dietro il feretro suona la banda dei pensionati di Limbiate. Brano ricorrente eseguito “Bella Ciao”, canzone preferita dal marito Giuseppe, il padre di Vincenzo, colui il quale aveva fondato la locale di Bollate incastonata nella provincia “Lombardia” insieme a Pino Neri, Franco Pezzullo e Antonio Papalia.
Il sacerdote all’omelia aveva detto di fronte a compari e parenti che la donna «
nulla c’entrava con i clamori della sua famiglia». Niente permesso per il figlio. Don Vincenzo avrà saputo che ci sono stati bollatesi che si sono rivolti alla locale Commissione antimafia cittadina cui non piace la Locale e i suoi riti funebri, il sindaco si è visto costretto ad avviare una piccola indagine interna per quel corteo, il parroco si è visto costretto a concedere qualche spiegazione. A Bresso era cambiata l’aria e il contesto da quando giornalisti militanti, magistrati e politica locale hanno cambiato atteggiamento.

Il nome della copiata verificato a “Chi vuol essere milionario”

Vincenzo Mandalari parlava troppo. I carabinieri avevano persino trascritto un suo curioso dialogo con il pari grado di Cormano, Pietro Panetta, in cui affrontavano la corretta citazione dei nomi storici adottati per le affiliazioni. E in merito se fosse giusto adoperare il conte Ugolino dantesco o tale Agadino, Mandalari portava a riscontro la seconda tesi raccontando: «L’ho scoperto poco tempo fa. A “Chi vuol essere milionario”, hanno fatto la domanda. E ho scoperto che è esistito. Non sapevo». L’ignaro Gerry Scotti non sapeva di dover diventare verificatore di nomi da Copiata.

Nel luglio del 2010, don Vincenzo Mandalari era riuscito a farla franca dal blitz di “Infinito”, quando aveva 50 anni ed era scappato dalla sua villa bunker con telecamere. Lo avevano beccato sei mesi dopo quando andava a un appuntamento con la moglie a San Giuliano Milanese.
Mandalari che aveva sottratto 
un noto bar della movida gay milanese ad un imprenditore in difficoltà rivendendolo con alti guadagni ai siciliani di Fidanzati e che potrebbe ancora spiegare se ci fu il celebre summit di ‘ndrangheta nella sua zona nel maggio del 1998 per decidere le sorti del rapimento Sgarella.

La fusione di due dinastie criminali a Bollate

Quella di Bollate è una “ndrangheta particolare” come è stata definita dall’approfondita ricerca di Eleonora Cusin, oggi autorevole advisor anticrimine di un noto gruppo bancario, e che alla sua città di residenza ha dedicato uno studio quando era allieva del sociologo Nando Dalla Chiesa.
A Bollate s’incontrano 
due diverse dinastie criminali, provenienti da diverse zone calabresi, Guardavalle e Rosarno, che si uniscono e sincretizzano il loro progetto criminale. I Mandalari dipendono dai Gallace-Novella di Guardavalle, gli Ascone dagli Oppedisano di Rosarno. I primi erano arrivati nel 1962, gli altri nel 1970 su diretta indicazione del mandamento della Piana. Al pari grado Rocco Ascone, Mandalari dice: «Rocco, voi l’accordo con il paese vostro lo dovete sempre tenere, non vi dimenticate mai che io devo tenere l’accordo con il mio di paese e fra tutti e due dobbiamo trovare la strada giusta». I Mandalari, afferiscono a Guardavalle per filiazione materna, il padre, il vecchio boss è originario di Sant’Eufemia d’Aspromonte. Quando arrivano in Lombardia, Cassina Nuova è una di quelle Coree che sommano edilizia da poveri e case precarie alla periferia di Milano. Sarà una scalata sociale quella che porta la famiglia a comandare non solo a Bollate ma l’intera Lombardia. Epopea simile a quella di Rocco Ascone, che arriva ancora minorenne insieme alla sorella e si acquartiera a Baranzate, frazione oggi autonoma da Bollate, con alta densità di calabresi, per poi chiamare a rinforzare la sua parte di paranza con i cugini di Cittanova. Per potenziare il casato Mandalari si combinano invece le nozze di Vincenzo con Rosalba Fimmanò, figlia di un Barbaro che dominano a Buccinasco. Le nozze si celebrano a Sinopoli, paese della sposa, ad agosto del 1988 secondo il rituale convenzionato va in scena con l’omaggio di buste di denaro e di regali sfarzosi. Comandi in Lombardia ma la Calabria resta la mamma. Elementi che torneranno utili nelle convulse vicende della secessione tentata da Carmelo Novella. Mandalari oscilla verso il nuovo, ma poi si allinea per tempo ed è al tavolo di comando dello storico summit di Paderno Dugnano.

Il presunto comunista fa progetti politici con il boss

La locale di Bollate controlla il movimento terra, vince gli appalti, riceve dalle banche le soffiate sui clienti in difficoltà, se ad un dentista rubano l’attrezzatura allo studio sono i mafiosi che si sostituiscono allo Stato. Vincenzo Mandalari, che viveva da bambino in una baraccopoli, da cinquantenne è un commendatore che gestisce la Imes, un’azienda che costruisce strade e abitazioni. Don Enzo Mandalari voleva anche comandare la politica. Come? Nei suoi piani aveva attratto un assessore comunale di Sinistra democratica, per poter preparare un voto di bilancio negativo che defenestrasse il primo cittadino determinando lo scioglimento del Consiglio di Bollate per poter andare al voto presentando una lista civica che potesse tutelare i suoi progetti.
L’assessore comunale di Sinistra democratica di Bollate, mai indagato, e che aveva brigato con Mandalari, 
finirà espulso dal partito appena la prosa giudiziaria di “Infinito” ne rievocherà incontri con il boss e propositi non certo progressisti, considerato che puntava agli appalti di Expo 2015. E il capomafia doveva spiegare al politico: «Perché se tu sogni che tutto l’Expo di Rho pensi di farlo tu! Perché non stiamo pensando a questo! Noi stiamo pensando ad andare a mettere i chiusini, le lastre di metallo o di pietra che chiudono i pozzetti».
Il presunto comunista e il boss mafioso avevano ordito anche 
una denuncia per falso nei confronti del sindaco in carica.

Carlo Stelluti era un sindacalista della Cisl, veniva dalle Acli ed era stato anche deputato dell’Ulivo prima di fare il sindaco a Bollate. La pm Ilde Boccasini ne ricorderà l’impegno di un uomo pubblico coraggioso «che non si è mai prestato ad alcuna forma di cedimento e alle lusinghe di qualsiasi tipo». Mentre alcuni esponenti della sua maggioranza andavano a braccetto col capocosca, Stelluti cercava di governare una città pesantemente infiltrata, addirittura cercando i voti dell’opposizione se necessario.
Carlo Stelluti 
è morto a marzo del 2023 a 78 anni lasciando un buon ricordo della sua politica.
Pochi giorni fa a Bollate 
l’ennesima villa sequestrata alla ‘ndrangheta è stata destinata a diventare casa alloggio dei carabinieri. Le cose cambiano anche nella Lombardia mafiosa. (redazione@corrierecal.it)

fonte:https://www.corrieredellacalabria.it/2023/07/20/lascesa-di-don-enzo-mandalari-dalla-baraccopoli-al-vertice-della-ndrangheta-particolare-di-bollate/