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L’amicizia tra Berlusconi e Gheddafi. Gli americani sono preoccupati

Quando la “Ragion di Stato” supera la “Dignità di Stato”

Quando la politica estera europea non esiste, allora il Berluska si muove. Questa è la filosofia che gli Affari Esteri italiani hanno come riferimento. È vero che gli italiani hanno una necessaria volontà di mettere a posto i propri confini marittimi dagli sbarchi indiscriminati, ma, farsi mettere alla berlina in casa propria da un anti-italiano è troppo. Ogni Stato ha le sue spine nel fianco: Obama deve affrontare gli sbocchi della politica internazionale con i cinesi; gli italiani devono piegare la testa per cercare rapporti diplomatici con Tripoli che possano essere soddisfacenti sia sul piano commerciale che su quello strategico. La seconda visita di Gheddafi in Italia sta diventando un appuntamento folkoristico e canzonatorio che, seguendo una linea di nazionalismo tra il socialismo e la spinta religiosa. Sono preoccupanti le dichiarazioni del leader libico che fanno riferimento alla conversione di massa del mondo europeo; questo mette in evidenza che, in una certa fetta del mondo islamico, vi è la volontà di creare una sorta di grande spazio vitale aperto solo a chi abbandona la propria religione per abbracciare quella islamica. Gheddafi, da questo punto di vista, è una sorta di dittatire arabo la cui sostanza affonda nell’estremismo teologico. Gheddafi non è un amico di Roma, semmai è un amico di Berlusconi, e dei profitti politici ed economici che ne può trarre. Non si tratta di una distensione ma solo di un’utilitaria amicizia fra le due parti. Se qualsiasi altro capo di Stato avesse tenuto un comportamento simile a quello del colonnello libico, lo stesso Ministro degli Affari Esteri si sarebbe indignato. In questo caso Franco Frattini non ha espresso niente di più di ciò che poteva essere utile alla causa berlusconiana. Sul piano interno, anche in questa situazione, si sta vedendo la spaccatura delle destre che, non trovandosi d’accordo sullo sbocco internazionale verso la Tripolitania, hanno già manifestato il dissenso. La destra finiana non ha gradito la presenza di Gheddafi e neanche la sinistra si è sbracciata nel salutare il leader libico. Il paradosso della “Ragion di Stato” si tocca quando Silvio non reagisce alle provocazioni contro le autorità italiane da parte del beduino libico. Si è arrivati così all’apoteosi della “Ragion di Stato”: l’utilità di buona politica internazionale va oltre la pacchianeria politica e la dignità politica dello Stato italiano coincide con il freddo utilitarismo. Silvio si gode il soggiorno del colonnello Gheddafi e Franco Frattini fa il portiere notturno del “Grand Hotel Italia”. Gheddafi è diventato il picconatore dalla coscienza sporca: afferma che le donne italiane sono trattate male ma non gli sovviene che egli costrinse alla fuga migliaia di italiani per vendetta di un anticolonialismo aggressivo. Si deve ricordare il colonnello che Tripoli e la Cirenaica sono state costruite, secondo una chiave moderna, solo con il lavoro degli italiani. Gheddafi si deve ricordare che l’Italia gli ha consegnato un Paese che, nonostante la guerra, aveva tutte le basi per poter costruire il proprio ruolo internazionale. Gheddafi è preoccupato, non di costruire quella concreta amicizia italo-libica, ma di mettersi a fare il galletto di fronte a molte belle ragazze con la scusa di proporre lezioni sull’Islam. Il colonnello ruba anche il lavoro agli Imam ed a coloro che la teologia musulmana l’hanno studiata sul serio.

Piernicola Nobili

(Tratto da Italia Globale)