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Lamezia, criminalità sfrontata e pronta a tutto: la “geografia” dei clan

Lamezia, criminalità sfrontata e pronta a tutto: la “geografia” dei clan

Da Iacchite -9 Marzo 2022

Che la tranquillità fosse solo una parvenza a Lamezia, lo si sapeva. Ora, però, anche chi faceva finta di non accorgersene difficilmente potrà distogliere lo sguardo, perché una piazza centrale e trafficata si è macchiata del sangue di un morto e di due feriti. A Lamezia si spara di nuovo per strada e in pieno giorno. Non succedeva da tempo e le modalità dell’omicidio di Luigi Trovato rimandano agli anni bui della guerra di mafia. Non è ancora chiaro se chi ha sparato lo abbia fatto per reagire ad un’aggressione o se si sia trattato di un agguato pianificato nei dettagli. Forse c’è stato un inseguimento, le vittime avrebbero tentato di scappare, i killer hanno agito coperti da passamontagna e hanno lasciato sul selciato decine di bossoli.

Le immagini di qualche telecamera hanno forse aggiunto degli elementi alle prime informazioni raccolte, non senza difficoltà, dalle forze dell’ordine. Al di là del movente, è evidente che un episodio tale non possa che essere maturato in un contesto di ‘ndrangheta. Lo conferma il fatto che sia le vittime che i responsabili siano ricondotti dagli inquirenti alla galassia delle ‘ndrine lametine, in particolare al clan Giampà.

L’ultimo omicidio di mafia a Lamezia è stato eclatante: il 9 agosto del 2016 veniva ucciso l’avvocato Francesco Pagliuso e a distanza di oltre 5 anni ci sono anche delle sentenze, benché provvisorie, che hanno in parte fatto luce su quella esecuzione mafiosa legata all’attività professionale del penalista e inquadrata nella faida tra la cosca Scalise e i Mezzatesta. Colui che è stato condannato come killer di Pagliuso, Marco Gallo, avrebbe ucciso la sera del 19 gennaio 2017 anche il fruttivendolo Francesco Berlingieri. La gelosia sarebbe invece stato il movente dell’omicidio di Angelo Pino, agente di polizia penitenziaria in congedo ammazzato il 19 ottobre del 2019. Nel novembre scorso c’è stata invece un’escalation di intimidazioni culminata con l’esplosione di una bomba carta a pochi passi dalla caserma dei carabinieri e dallo stadio. Un fatto, anche questo, avvenuto in pieno centro poco dopo l’ora di cena.

Spetta ora agli inquirenti risolvere il rebus dell’ultimo, impressionante omicidio. La ricostruzione della dinamica può aiutare a capire cosa abbia mosso la mano degli assassini e se qualcun altro l’abbia armata. Si teme una recrudescenza di vecchie e nuove faide e si cerca di capire se siano in atti mutamenti negli assetti interni o nei rapporti esterni tra i clan storici. Il territorio lametino è da sempre al centro di forti interessi criminali e diviso in precise aree di influenze tra le principali famiglie di ‘ndrangheta della zona. Retate e inchieste come “Perseo”, “Crisaliede” e “Andromeda” hanno decimato le cosche ma evidentemente ci sono sempre le nuove leve pronte a occupare spazi e ruoli lasciati vuoti dai vecchi boss. I proventi delle estorsioni e dell’usura restano tra i principali capitoli del bilancio criminale delle cosche lametine. Ma è senza dubbio rilevante, come una recentissima inchiesta ha confermato, il volume d’affari che ruota intorno al traffico di droga.

Il pentito Gennaro Pulice nel processo Rinascita Scott ha ricordato che Lamezia non ha un suo “locale” di ‘ndrangheta da quando fu ucciso, nel 1989, il “padrino” Umberto Egidio Muraca. Lo stesso Pulice ha spiegato che dopo quell’omicidio la ‘ndrangheta lametina ha continuato a dipendere da San Luca.

Le indagini hanno fatto emergere la “ripartizione” di Lamezia in tre aree di interesse: la famiglia Iannazzo-Daponte-Cannizzaro a Sambiase, Sant’Eufemia e sul litorale di Curinga e Nocera Terinese; i Torcasio-Cerra-Gualtieri nel centro storico e nel quartiere Capizzaglie; i Giampà nel restante territorio di Nicastro. E’ questo il contesto, tristemente noto, in cui Lamezia è da qualche ora ripiombata nella paura.

Fonte: Gazzetta del Sud