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L’allarme dell’Antimafia, il clan Cesarano condiziona la politica

Tiziano Valle

Il clan Cesarano nel corso degli anni ha eliminato «la microcriminalità» e «lo spaccio di sostanze stupefacenti» dal territorio di competenza ed ha puntato tutto sulle estorsioni e i prestiti usurai «agli operatori commerciali», riuscendo così a mettere insieme «un incalcolabile patrimonio finanziario». E’ questa la fotografia che la Direzione Distrettuale Antimafia fa della cosca di Ponte Persica, che estende il suo controllo dalla periferia di Castellammare fino a Pompei e Scafati ormai da decenni e nonostante i numerosi arresti e le condanne che hanno interessato boss e gregari del clan è sempre riuscito a rigenerarsi. Dietro questa capacità di andare avanti nonostante il pugno duro della legge, ci sarebbe proprio quel patrimonio «incalcolabile» che la cosca è riuscita a mettere insieme e soprattutto quegli imprenditori in giacca e cravatta che continuano ad alimentare le casse dell’organizzazione criminale in caso di necessità. Secondo quanto si legge nell’ultima ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti del ras del rione Cmi, Antonio Maragas, e alcuni dei suoi più stretti familiari, il clan Cesarano ha «la completa ed esclusiva gestione del mercato dei fiori di Pompei, punto nevralgico dell’economia di settore, sia a livello locale che nazionale ed internazionale». Ma non si tratta dell’unico settore in cui la cosca di Ponte Persica avrebbe reinvestito i capitali messi insieme soprattutto tra gli anni ’80 e ’90. Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia infatti il clan fondato dal padrino Ferdinando Cesarano avrebbe il «controllo di attività economiche della più varia natura: immobiliari, conserviere, edilizie, turistiche, ampiamente presenti sul territorio». Proprio da queste aziende gestite da prestanome o comunque da persone legate alla cosca di Ponte Persica verrebbero fuori i soldi necessari al pagamento delle spese legali per chi finisce nelle maglie della giustizia, gli stipendi ai carcerati e il sostentamento alle loro famiglie. La fotografia che scatta l’Antimafia si spinge oltre perché secondo quanto si legge negli atti «anche le istituzioni politico amministrative presenti sul territorio, inevitabilmente, hanno risentito dell’infiltrazione del clan Cesarano» e questo avrebbe consentito alla cosca «il conseguimento illecito di appalti per opere pubbliche», attraverso «la corruzione di pubblici ufficiali». L’impegno della Direzione Distrettuale Antimafia dunque è orientato a scoprire chi sono i fiancheggiatori di una delle cosche più potenti dell’intera provincia di Napoli, spesso proprio imprenditori e poteri economici che dietro una faccia apparentemente pulita consentono al clan di andare avanti inquinando l’economia reale, impedendo la legittima concorrenza e controllando i processi di sviluppo del territorio. Un quadro allarmante su cui gli investigatori stanno provando a fare luce, monitorando t

fonte:https://www.metropolisweb.it/2022/12/04/lallarme-dellantimafia-clan-cesarano-condiziona-la-politica/