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La storia di una “ribelle”: quando “madre coraggio” sfidò la ‘ndrangheta (e lo Stato)

A distanza di anni dal suo rapimento in Aspromonte Cesare Casella racconta la lunga lotta della madre per liberarlo. «Ho ancora fiducia nel prossimo»

Pubblicato il: 09/09/2023 – 19:01

LAMEZIA TERME «Ho ancora più fiducia nel prossimo, dormo ancora con la porta aperta, per fortuna il tempo ha guarito le ferite». A distanza di tanti anni dal suo rapimento da parte della ‘ndrangheta, Cesare Casella si racconta a “Ribelli”, su Rai 3, e soprattutto racconta la storia della mamma Angela, “madre coraggio”, che da Pavia scese nel cuore dell’Aspromonte per sfidare la criminalità organizzata e l’indifferenza dello Stato, inerte davanti al sequestro del figlio, durato più di due anni, dall’8 gennaio del 1988 al 30 gennaio del 1990. “Ribelli” illustra tutta la parabola di Angela Casella, che dopo una lunga battaglia, incatenandosi nelle piazze di paesi come Platì e San Luca, dormendo in un tenda, e con appelli accorati alle “mamme della Calabria”, riesce a smuovere l’opinione pubblica, a ricevere la solidarietà delle madri della Locride,  a far accendere i riflettori nazionali sulla Calabria dimenticata e a scatenare un movimento civile non solo in Calabria, ma in tutta Italia, costringendo anche le articolazioni dello Stato a scrollarsi dal torpore (per incontrare mamma Casella nella Locride si dovette mobilitare anche la Commissione parlamentare all’epoca guidata dal comunista Chiaromonte).  La “resistenza” della Casella costrinse il governo dell’epoca e le forze dell’ordine a darsi da fare concretamente per la liberazione del figlio e poi costrinse la politica ad approvare la legge sul blocco dei beni del 1991 che pose fine alla lunga scia di sequestri che, tra gli Anni ’70 e gli Anni ’90, colpirono al cuore il Paese.

Il ricordo di Cesare Casella

A testimoniare il coraggio di Angela Casella in “Ribelli” è proprio Cesare, suo figlio sequestrato in Aspromonte in condizioni disumane; senza bere e mangiare, praticamente sepolto vivo incatenato in diverse buche in montagna. Cesare racconta i terribili momenti del suo lungo rapimento; da quando viene strappato con violenza alla sua felice vita a Pavia, fino alla liberazione nel gennaio del 1990. E nel suo racconto, ripercorre le eroiche imprese della madre in Calabria. Una donna che rimane, ancora oggi, nel cuore della gente. «Percepivo – rileva Cesare Casella –  che tra i miei sequestratori c’era tensione quando mia madre era sul posto, ricorda Cesare Casella.  All’inizio c’era un po’ di freddezza negli abitanti di quei paesini ma alla fine ha risvegliato le coscienze, la sua presenza è stata la scintilla che ha risvegliato una riscossa civile. Quando una persona ha come unico obiettivo quello  di riportare a  casa suo figlio copre le paura. Mia madre aveva visto che i posti blocco e i controlli erano nulli».  Cesare Casella ricorda poi il momento della liberazione: «I miei rapitori arrivarono e mi dissero “vai a casa”, iniziamo a camminare scendo dalla montagna, ho la catena al collo e mi legano a una pianta, ma riesco a liberarmi. Quando sono arrivato all’aeroporto di Milano mio padre vede che il primo a scendere è una persona calva e urla “avete sbagliato, non è mio figlio”, è stato un fatto comico tra tante cose tragiche. In un momento comunque è come mi fossi dimenticato di tutto il resto, come se fossi tornato alla vita normale anche se ovviamente c’era poco di normale. Oggi ho ancora più fiducia nel prossimo, dormo ancora con la porta aperta, per fortuna il tempo ha guarito le ferite». L’ultimo pensiero di Cesare è ancora per la madre Angela, “mamma coraggio”: «Mi dispiace che non abbia potuto godersi i nipoti, un grosso dispiacere che mia mamma  non cin sia più». (c. a.)

fonte:https://www.corrieredellacalabria.it/2023/09/09/la-storia-di-una-ribelle-quando-madre-coraggio-sfido-la-ndrangheta-e-lo-stato/