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La riunione del 7 ottobre nella Capitale. Difficoltà e speranze di una “nuova” antimafia

Erano anni che tentavamo, purtroppo invano fino ad ieri, di costituire un nucleo attivo di resistenza nella Capitale per contrastare il processo continuo di radicamento della mafie nel tessuto economico, politico ed istituzionale della città e del suo territorio.

Eravamo e siamo fortemente preoccupati dell’invasione continua e massiccia della mafie in tutti gli interstizi della vita dei romani, fino a condizionarne perfino l’esistenza individuale e familiare.

Ci siamo trovati, purtroppo, sempre di fronte ad un muro di insensibilità e di inerzia di soggetti o che non si rendevano conto della gravità del fenomeno e, quindi, dell’urgenza dell’assunzione di un impegno attivo nella lotta contro le mafie o che si spendevano in un mare di parole intendendo tale impegno più come un fatto meramente culturale e retorico.

Sono anni che noi ci stiamo sforzando di far capire alla gente che, se si vuole fare una lotta efficace contro le mafie, non servono né parolai né persone che non intendono o comunque non sanno rendersi conto di quanto sia grave il fenomeno mafioso in una Roma considerata da coloro che le mafie le combattono giorno dopo giorno in trincea, – magistrati delle DDA e forze dell’ordine soprattutto -, il centro di tutti i grandi e sporchi affari delle mafie nazionali ed internazionali.

Le decine di Relazioni della DNA, della DIA, delle Procure più impegnate, del Procuratore Generale della Corte di Appello e quant’altri, lo attestano da decenni.

Anche se ancora resiste, come ha rivelato la relazione dell’Osservatorio della Regione Lazio presieduta dalla governatrice Polverini, una forte tendenza in una certa parte del mondo politico a minimizzare il fenomeno mafioso, quasi a dire… ”le mafie nella Capitale non esistono”.

Una tendenza, questa, esiziale che ha avuto origine negli anni andati e che nessuno finora ha voluto contrastare con efficacia.

Quando infatti una lunga serie di Prefetti, eccetto un galantuomo come Mosca subito cacciato dal Ministro Maroni e mandato a fare il consigliere di stato, si permettono di negare l’evidenza, di smentire oggettivamente quanto hanno scritto e scrivono ogni giorno magistrati ed organismi investigativi qualificati, vanno cacciati immediatamente e messi a disposizione.

Cosa che dovrebbero capire i vari Pedica, Veltroni e quanti altri esponenti politici di opposizione nel Lazio che di tanto in tanto affrontano il problema del radicamento mafioso.

Noi li ringraziamo per quello che hanno fatto e fanno su questo fronte, ma chiediamo ad essi di essere più incisivi, più determinati, più precisi nel tiro.

Altrimenti si rischia di fare tanto fumo ma di non cogliere mai l’obiettivo.

Le mafie le abbiamo in casa, nei partiti, nelle istituzioni.

Esse non sono semplicemente un fenomeno delinquenziale e basta, di vecchio stampo, o, come altri ritengono, culturale e basta.

Sono tutto un insieme, un pò di questo ed un po’ di quello, ma soprattutto

POLITICO ED ISTITUZIONALE.

Molti non vogliono comprenderlo e qua sorgono le nostre difficoltà nel convincere soprattutto quanti sono marcati da matrici ideologiche di cui non riescono a liberarsene.

Le mafie non hanno colore politico e si alleano con chi al momento è al potere centrale, regionale o locale.

Anche durante la gestione regionale Marrazzo noi ci siamo trovati di fronte a situazioni e comportamenti che riguardavano alcuni territori delle province di Latina e Frosinone che hanno richiesto nostri interventi di estrema pesantezza fino alla minaccia della denuncia penale e della pubblicazione di manifesti.

Un intreccio di impedimenti, insomma, di natura culturale, politica, personale, caratteriale e chi ne ha più ne metta, che non ha mai consentito finora di mettere in piedi una struttura efficace che non esaurisse la sua funzione in chiacchiere, convegni, narrazioni, celebrazioni ecc. , ma in grado di

stringere un cappio al collo ai mafiosi, uno per uno, nome e cognome -professionisti, politici, esponenti delle istituzioni, cittadini apparentemente “puliti”, in giacca e cravatta, ma nella sostanza sodali dei mafiosi – e possibilmente sbatterli in galera dopo aver ad essi levato i capitali accumulati sul sangue della povera gente.

Questo è il compito di un’Associazione antimafia seria come noi abbiamo tenuto sempre ad essere e questo è quanto abbiamo tentato di far capire sempre alla gente.

Ricordiamo pure Falcone, Borsellino e tutte le vittime delle mafie, ma questo non basta più.

Il mostro ormai lo abbiamo in casa e se non lo combattiamo all’arma bianca rischiamo tutti di perdere definitivamente la guerra rendendoci anche noi, per vacuità, viltà ed imbecillità alcuni, per ingordigia purtroppo altri, oggettivamente responsabili della fine di un Paese civile e democratico trasformandolo in un Paese criminale come tanti altri.

E’ un bivio di fronte al quale si trovano tutti i cittadini onesti dello stivale ed ognuno deve fare la sua scelta.

Siamo stati invitati ed abbiamo partecipato a tante manifestazioni organizzate nella Capitale da taluni partiti politici e talune istituzioni come la Provincia e nelle quali si è parlato di mafie: il PD, l’IDV, la FDS.

Ed abbiamo parlato esponendo la nostra “linea”, scomoda ma chiara:

per combattere le mafie non è più tempo di chiacchiere, di celebrazioni, di corsi per la legalità ecc. ecc.

Si continuino pure a fare queste cose, che sono anche utili per svegliare chi dorme ancora, ma bisogna passare ai FATTI, la DENUNCIA, continua, giornaliera, accompagnata da un’osservazione dei fatti e dei comportamenti anche dei singoli.

Ed abbiamo notato tanta attenzione, tanto interesse, soprattutto nei giovani.

Abbiamo partecipato con i nostri striscioni alla fiaccolata del 19 luglio organizzata al Pantheon da Zingaretti il quale è venuto a ringraziarci ed a farsi fotografare insieme a noi.

E con orgoglio possiamo vantarci di aver contribuito un pochino a correggere il tiro, a far crescere una coscienza nuovo su un “nuovo” modo di fare antimafia.

Da quella fiaccolata, infatti, che ha registrato una nostra significativa presenza, è nata la Consulta antimafia costituita dall’Amministrazione Provinciale di Roma, Consulta nella quale c’è anche una nostra rappresentanza qualificata ed attiva sui territori romani.

La DENUNCIA, la DENUNCIA, la DENUNCIA, collaborando con la Magistratura e con le forze dell’ordine che non hanno bisogno di analisi storiche e sociologogiche, ma, al contrario, di fatti specifici, di segnalazioni concrete.

Come siamo abituati a fare noi: fatti e non parole.

Ed oggi vogliamo cominciare a raccogliere i frutti selezionando amici validi, pieni di volontà di combattere senza fini personalistici, partitici e quant’altro.

Amici che non fanno chiacchiere, ma disposti a lavorare in silenzio, con umiltà e senza falsi traguardi.

Non è facile, lo ammettiamo.

Il nostro obiettivo è ambizioso ma noi vogliamo essere incisivi, significativi.

E, per essere tali, c’è bisogno di persone serie, che hanno le idee chiare.

E la riunione di ieri sera nella Capitale ci apre alla speranza.

Il seme è buttato e, forse, nella Capitale comincia a fiorire almeno la speranza.

Siamo perciò contenti.

Per noi, ma soprattutto per i romani onesti, ai quali rinnoviamo per l’ennesima volta l’appello a darci una mano, a venire con noi, a segnalarci fatti e comportamenti oscuri, anche sospetti.

Ora ci proponiamo di ampliare le dimensioni, di allargare il discorso, di organizzare le attività, di far comprendere a tutti che c’è un nucleo al quale potersi rivolgere, al quale chiedere aiuto.

Ed è già tanto.