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La RAI si vergogni e chieda scusa agli italiani onesti per aver dato visibilità al figlio di uno dei peggiori assassini

16 aprile 2016     Huffpost Italy

La mafia non si combatte regalando la celebrità a Salvo Riina

Pubblicato: 
SALVO RIINA

Non ho guardato l’intervista di Salvo Riina in tv. Ho spento il televisore deliberatamente, senza alcun dubbio. Perché gli onesti non dovrebbero prestarsi al gioco inconsapevole di chi eleva a celebrità dei personaggi che, semplicemente, dovrebbero andare a lavorare e vergognarsi dei loro padri e di loro stessi.

Non è in discussione, sia ben chiaro, il diritto di cronaca: sussiste sempre e qualunque fenomeno umano, in astratto, meriterebbe di essere raccontato. Ma a quale prezzo? Ce lo siamo chiesti? Io credo di no. Il figlio del più atroce boss della mafia che l’Italia abbia mai conosciuto, dovrebbe essere un perfetto sconosciuto che lavora da qualche parte e conduce una vita normale.

Magari non nei luoghi dove il padre ha disseminato sangue e terrore. Oppure, se ha commesso reati, dovrebbe trovarsi in galera. Questo dovrebbe accadere in uno Stato moderno che combatte la mafia omogeneamente, non soltanto a colpi di 41bis.

Uno Stato maturo sul fronte dell’antimafia (quella della sostanza e non della forma), dovrebbe impedire non solo il passaggio dello scettro di capo mafia dal padre al figlio, ma anche quello del testimone mediatico che il figlio raccoglie dal padre.

È in ciò che sta l’errore: mandare in tv un personaggio che non è rappresentativo egli stesso di un fenomeno ma è figlio di qualcuno, dal quale poter mutuare una celebrità che gli abbiamo consegnato sul piatto d’argento. E allora, per poter combattere davvero la mafia in tutte le sue sfaccettature, dovremmo almeno chiedere che il figlio di un boss vada a trovarsi un lavoro come lo fanno i tanti figli delle vittime della mafia che conducono una vita anonima e semplicissima. Chiediamo troppo?