Francesco De Nisi e il racconto delle parti offese. «Per stare tranquilli dovevamo pagare». La denuncia ai carabinieri dopo la “visita” in cantiere
Pubblicato il: 11/05/2023 – 14:23
di Fabio Benincasa
COSENZA Nuova udienza dinanzi al Tribunale di Cosenza, in composizione collegiale (presidente Carmen Ciarcia) del procedimento scaturito dall’inchiesta denominata “Overture” che ha fatto luce su una serie di presunte estorsioni, danneggiamenti, intimidazioni e reati contro la persona ed il patrimonio commessi a Cosenza e nei comuni dell’hinterland bruzio. Secondo l’accusa, la mala cosentina avrebbe tentato di mettere le mani sui lavori di ampliamento dell’ospedale “Annunziata” di Cosenza, sugli interventi di ammodernamento del sistema di illuminazione del campus universitario Unical di Rende e sulle opere di restauro del Convento di San Francesco di Paola a Spezzano della Sila, attuando una intensa attività estorsiva nei confronti delle imprese assegnatarie dei lavori.
«Avevano chiesto di metterci a posto»
Nell’odierna udienza, sono state escusse le parti offese. Il primo chiamato a testimoniare è il direttore tecnico dell’azienda “Tommaso De Nisi”, l’ingegnere Francesco De Nisi. Che ha denunciato ai Carabinieri di Cosenza la richiesta estorsiva ricevuta da due soggetti presentatisi nel cantiere aperto a Cosenza. Secondo l’accusa, coinvolti nell’episodio oggetto di contestazione sarebbero: Gianfranco Sganga «promotore e organizzatore, percettore del provento illecito derivante dalla richiesta estorsiva, in virtù della sua appartenenza criminale al gruppo “Lanzino-Cicero”, Emanuele Apuzzo (ha scelto il rito abbreviato) e Pietro Mazzei «quali soggetti deputati alla intimidazione e riscossione del denaro frutto dell’estorsione».
La ditta “Tommaso De Nisi” è assegnataria dei lavori di ampliamento all’interno dell’ospedale Annunziata di Cosenza. «Avevamo un cantiere presso l’ospedale Annunziata, i lavori riguardavano l’ampliamento del Pronto soccorso e interventi nelle sale operatorie», conferma De Nisi. Che poi aggiunge: «nell’inverno del 2017, a febbraio, al rientro dal lavoro da Cosenza, il dipendente Giuseppe Bartuca riferisce di aver ricevuto la visita di due persone accompagnata da una richiesta, quella di metterci a posto». «E lei cos’ha fatto?» Chiede il pm Cubellotti. «Mi sono recato dai Carabinieri di Cosenza, riferendo i fatti», risponde il teste. I lavori della ditta De Nisi nel nosocomio bruzio sono ancora in corso ed hanno avuto regolare corso. Nel corso del controesame, il teste avrà modo di precisare che «i mezzi di cantiere non sono mai stati danneggiati».
«Ma non è che mi stai prendendo in giro? Non è che hai paura»
E’ Giuseppe Bartuca, muratore presso la ditta “Tommaso De Nisi” ad occupare il banco dei testimoni. Il pm rinuncia all’esame e in accordo con le parti procede all’acquisizione dei verbali resi dal teste. Che si sottopone, invece, al controesame degli avvocati di difesa e delle parti civili rappresentate dall’avvocato Franco Giampà. «Queste persone mi hanno detto che volevano parlare con il geometra Giuseppe Galati, responsabile del cantiere. L’ho chiamato ma non era raggiungibile». «Ma non è che mi stai prendendo in giro? Non è che hai paura», avrebbe detto uno dei due soggetti rivolgendosi a Bartuca. L’operaio avrebbe risposto senza esitazione. «Gli ho chiesto perché avrei dovuto avere paura». Il 9 febbraio 2017, i due soggetti sarebbero ritornati a far visita in cantiere chiedendo di parlare con un responsabile. Gli avvocati di difesa chiedono lumi al teste in merito al riconoscimenti fotografico svolto all’esito dell’interrogatorio reso ai carabinieri. Un riconoscimento «dubbio», in quanto Bartuca ammette di aver visto «persone che ritenevo somigliassero a quelle venute in cantiere». I legali chiedono al teste se avesse ricevuto telefonate minatorie. «Nessuno mi ha chiamato per formulare richieste simili a quelle ricevute in cantiere», chiosa Bartuca.
«Per stare tranquilli dovevamo pagare»
L’ultimo testimone è Giuseppe Galati, geometra e direttore dei lavori del cantiere all’ospedale Annunziata di Cosenza. Anche in questo caso, il pubblico ministero rinuncia all’esame e in accordo con le parti procede all’acquisizione dei verbali già resi dal teste. «Ho avuto contatti con due persone giunte sul cantiere, ma non li conoscevo», dice il teste che prosegue fornendo i dettagli della richiesta estorsiva presumibilmente ricevuta: «Mi era stato chiesto il 20% dell’ammontare complessivo dell’importo dei lavori in fase di esecuzione sui lavori e una somma pari a 7.500 euro come prima tranche». «Quando avrebbe dovuto versare il denaro?» Chiede un avvocato della difesa. «Doveva essere versata a stretto giro, il mercoledì successivo alla richiesta ma nessuno è venuto a rivendicare anche se i soldi erano già stati preparati», precisa Galati. Il geometra ammette di aver ricevuto «una telefonata da Bartuca Giuseppe dove mi diceva che due signori cercavano il responsabile del cantiere». E quell’incontro avvenne. «Ci siamo visti sul cantiere con questi signori il 16 febbraio 2017» conferma il testimone che poi – sollecitato dalla domanda di un legale di uno degli imputati – precisa in merito al “tono” del colloquio. «Il tono utilizzato è quello di una estorsione nei confronti della ditta, non è stato cerco certo pacato. Non c’è stata violenza fisica ma mi è stato detto che noi per stare tranquilli dovevamo pagare». Galati continua. «Hanno chiesto denaro per lavorare in tranquillità e si aspettavano il pagamento. Poi non li ho più visti».