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La politica intesa come servizio alla collettività e la lotta contro le mafie

Giovanni Sartori, su Corsera del 13 marzo scorso, ha portato un duro attacco al centro sinistra schiacciato dalla supremazia del Pdl, evocando le responsabilita’ di D’Alema e Prodi nella sconfitta della sinistra e nella crisi irreversibile. Per Sartori, la causa prima del disastro e’ nella mancanza di voce della sinistra. La cui colpa risale a Massimo D’Alema, il quale assicuro’ a Berlusconi, fin dal 1994, che non avrebbe mai toccato le sue tv. E su Romano Prodi, per avere omesso di approvare una legge seria sul conflitto di interessi nel 1996, una volta conquistata la maggioranza. Due responsabilita’ che hanno segnato l’inizio della fine della democrazia dell’alternanza.
Oggi, grazie al monopolio della informazione da parte di Silvio Berlusconi, che si permette di fare del sarcasmo contro Veltroni e contro Franceschini sulla loro simpatia per il comunismo (del mite Dario Franceschini il premier ha detto che e’ un cattocomunista, trovando subito ospitalita’ sul Corsera del 13 marzo), ci troviamo in una situazione di distacco incolmabile tra il centrodestra e quel che resta del centro sinistra. Distacco alimentato dal fatto che personaggi squalificati, come Massimo D’Alema e Francesco Rutelli, si ostinano a proporsi come  “il nuovo che avanza” , come coloro cui affidare la speranza di un riscatto del centro sinistra. La lezione della clamorosa sconfitta di Rutelli contro Gianni Alemanno al Comune di Roma non e’ bastata al centrosinistra. Non si e’ capito che certi personaggi non solo non aggregano consensi, ma determinano la fuga degli elettori, nauseati da certe forme di prepotenza e di arroganza. Essi sono i migliori alleati di Silvio Berlusconi, che, non a caso, non li attacca mai, ma li considera interlocutori democratici.
Dopo una sconfitta drammatica, preludio di scenari cupi per la nostra democrazia, e’ mancata una analisi politica incentrata sull’autocritica per i molti errori commessi. Il governo Prodi aveva trascurato di fare una legge sul conflitto di interessi e aveva non risolto i problemi dei lavoratori, dei disoccupati, dei precari, delle famiglie senza reddito, dei giovani alla ricerca di spazi in politica. Poi Veltroni non volle prendere atto della necessita’ di affrontare radicalmente la crisi del governo in Campania. Mentre lo spettacolo tragicomico della Campania, addebitabile al centrosinistra, ci ridicolizzava in tutto il mondo.
Scriveva Giorgio Bocca sull’Espresso del 31 gennaio 2008:  il disastro dei rifiuti napoletani e’ prima di tutto un disastro della corruzione dei dirigenti della pubblica amministrazione e della criminalita’. In questi anni hanno ricevuto dal governo centrale decine di miliardi di euro per risolvere la raccolta e la collocazione della spazzatura, e se li sono spartiti e mangiati. I soldi sono finiti nelle tasche dei funzionari e dei politici.
Ma ci fu anche una politica di potere per il potere da parte del governo Prodi e di tutti i suoi alleati, che reclamavano poltrone per nuovi ministri e sottosegretari: il primo messaggio sbagliato fu quello della moltiplicazione del numero dei posti di governo, ministri e sottosegretari. Infine un programma pletorico, che trascurava quattro obiettivi prioritari: il lavoro dignitoso, la difesa dei senza reddito, il conflitto di interessi, le legge elettorale.
Ed e’ inutile che Prodi vada da Fabio Fazio a Che tempo che fa a lamentarsi del trattamento subito. Facendo credere che se ci fosse stato lui, le cose sarebbero andate diversamente per il PD: Prodi ha deluso profondamente per gli impegni mancati e ci ha regalato Silvio Berlusconi. I trionfi e l’arroganza del cavaliere sono anche figli dei suoi errori, tra i quali l’avere voluto creare un partito dalla fusione di due partiti non compatibili, se non sul piano della conquista del potere per il potere. Con il risultato che il PD e’ giunto al 21 per cento, mentre il ripudiato Pci era al 33% da solo. A questo punto i responsabili del disastro dovrebbero andare tutti a casa. Ma mentre Prodi promette di lasciare la politica, D’Alema si ostina a volere guidare la politica del PD e propone un suo candidato: Pierluigi Bersani.
D’Alema, dopo avere cantato vittoria per la caduta di Veltroni, dimostratosi incapace di realizzare un ricambio generazionale vero e prigioniero dei ricatti incrociati, oggi si diffonde in elogi sperticati a favore di Franceschini, dal quale spera di avere una collocazione di vertice all’interno del partito: questo sostegno, se non respinto in modo netto ed inequivoco, e’ il modo migliore per distruggere anche il neo segretario del PD. Gli attacchi di Berlusconi giovano a Franceschini, i consensi di D’Alema lo distruggono.
Al di la’ della quasi sicura sconfitta alle europee, all’orizzonte c’e’ anche lo spettro della bocciatura del referendum sulla legge elettorale; il che significherebbe la consacrazione di questo obbrobrio di legge voluto dal centro destra e dal centro sinistra. E, soprattutto, c’e’ l’incubo di un regime berlusconiano a tempo indeterminato.
L’esperienza drammatica di oggi e’ figlia della insipienza di coloro che fin dal 1994, nel centro sinistra, liquidato Occhetto, hanno stipulato – in primis D’Alema – patti scellerati con il leader di Forza Italia, per ragioni personali e non nell’interesse del Paese. E che ancora oggi dicono di volere dialogare con il Pdl, che ogni mattina ci somministra a Rai 1 le menate dei parlamentari del Pdl e del PD, mentre nessuno parla dei mafiosi, camorristi e corrotti in Parlamento. Anzi, D’Alema ha avuto il coraggio di dire che il PD deve aprire a personaggi come Toto’ Cuffaro, legato a uomini della mafia, e a Raffaele Lombardo, che al vertice della Regione Sicilia si distingue per lo sperpero di denaro pubblico, restando impassibile alle iniziative della Corte dei Conti.
La strategia coltivata da Massimo D’Alema e’ stata quella di un partito democratico onnicomprensivo e isolato dalle forze della sinistra. E si e’ visto quale e’ stato il risultato di questa idea geniale: la sconfitta del PD e la scomparsa della sinistra. Eppure esiste una enorme quantita’ di persone capaci di portare una ventata di novita’ nel PD e nella sinistra.
Sono andato in una sezione giovanile del PD sulla Tiburtina ed ho conosciuto molti giovani in gamba, preparati ed impegnati, ma disorientati e preoccupati dal declino del PD. Conoscendoli bene, e fidando sulla loro serieta’, sono del parere che essi sarebbero sicuramente in grado di rappresentare e fare gli interessi della gente travolta dalla crisi e dalla emarginazione sociale, meglio dei vari D’Alema, Marini, D’Antoni e Rutelli. Giovani motivati, pieni di entusiasmo, desiderosi di fare politica nell’interesse generale dei cittadini. Ma a loro sono chiuse le porte della politica attiva dai burocrati responsabili della sconfitta del centrosinistra, attaccati alle poltrone come non mai, e decisi a valorizzare solo coloro che si pongono al loro servizio.
La sola cosa da fare e’ battersi in tutte le sedi perche’ quelli che hanno consentito la scalata inarrestabile del centrodestra, e che sono i principali alleati di Berlusconi, se ne vadano a casa, per sempre, pena la instaurazione di un regime neofascista in eterno. Non ci stancheremo mai di ripeterlo. Uomini come D’Alema e Rutelli non solo non aggregano voti, ma provocano l’astensione o peggio ancora la fuga verso altre forze politiche di centro destra o verso di Di Pietro. Ed e’ inutile parlare di programmi nuovi: la gente non viene attratta dalle chiacchiere; vuole soprattutto facce nuove, giovani, anche senza un passato visibile, che concepiscono la politica come servizio e non come potere; giovani che devono avere il coraggio di osare, di lanciare la sfida a quelli che stanno portando alla rovina il nostro paese, favorendo la dittatura della maggioranza, anzi di un uomo che ha egemonizzato la maggioranza. Credo che le primarie si dovrebbero fare anche per decidere la sorte di coloro che si ostinano a restare, favorendo questo centro destra pericoloso.
Da anni non si vede nessun segnale di rinnovamento nel ceto politico del PD: gli sconfitti restano ai loro posti di sempre, senza un minimo di dignita’ e di pudore; per le prossime europee e amministrative si prospetta un fronte elettorale con candidati, simboli e coalizioni tutti gia’ visti. Noi speriamo che la sinistra del PdCI e di Rifondazione possa riprendere il ruolo che loro spetta. Sono loro gli eredi del grande Partito Comunista di Enrico Berlinguer.
Ancora una volta prevale la scelta di sopravvivenza politica ad ogni costo, in contrasto con la regola generale, comune ad ogni democrazia, secondo cui chi perde se ne va a casa e non ha la faccia tosta di riproporsi come salvatore della patria. Ricordando ancora una volta Gaetano Salvemini che scrisse, dopo l’avvento del fascismo, ai responsabili della sconfitta: chi fallisce perde fiducia. Voi siete dei falliti. Certo il successo non deve essere l’unica norma di giudizio. Ma se il successo non deve essere norma di giudizio morale, l’insuccesso, specialmente se e’ troppo grave, non puo’ non essere norma di giudizio politico. E’ ridicolo, dopo quel po’ po’ di botte, di cui abbiamo fatto la ricevuta, trovarci tra i piedi ancora della brava gente che non ha imparato nulla, che non ha mutato nulla e che ci ricanta che non c’e’ nulla da imparare, non c’e’ nulla da mutare e c’e’ solamente da ricominciare da capo a biascicare le vecchie giaculatorie e a riprendere le vecchie lotte.

Ferdinando Imposimato
(Tratto da La Voce delle Voci)