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La Nordio-Riforma zittisce la stampa e stringe sulla diffusione delle informazioni

Luca Grossi 19 Giugno 2023

I dialoghi degli imprenditori durante il terremoto dell’Aquila e la ‘bella cosa’ di Giuseppe Graviano? Notizie che non sarebbero mai state trasmesse

Come aveva detto l’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato: “Il potere non soltanto non si fa processare o non si fa condannare, ma non vuole farsi raccontare”.
Potrebbe essere questa in estrema sintesi la nuova linea della neo riforma della giustizia.
Una riforma che mira de facto a rendere il popolo un sovrano cieco e sordo.
L’opinione pubblica non deve sapere, così recita il Nordio-pensiero, per impedire la gogna e i processi sui giornali.
Dopo la stretta sul budget sulle intercettazioni da oggi quindi i cittadini non potranno più sentire (sarcasticamente parlando) le innocenti risate che si facevano certi imprenditori quando ci fu il terremoto dell’Aquila nel 2009; le amichevoli frasi di alcuni agenti coinvolti nell’inchiesta di Verona, “Adesso ti faccio vedere io quante capocciate alla porta dai, boom boom boom boom“. “E io ridevo come un pazzo”. O la poliziotta che dice ai colleghi: “Io lo abbandonerei lì e gli darei quattro calci, lo lascerei steso pieno di spray”; gli scambi di favori a base di droga, sesso e cellulari nel carcere del ‘Cerulli’ di Trapani (inchiesta guidata dal Procuratore Gaetano Paci); “Berlusca mi ha chiesto questa cortesia. Per questo è stata l’urgenza. Nel ’92 già voleva scendere. Lui voleva scendere, però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa”, raccontava il boss stragista Giuseppe Graviano in carcere al suo compagno di socialità;  le telefonate, emerse nell’ambito dell’inchiesta sui test rapidi, nelle quali il governatore Luca Zaia si auspicava di “portare allo schianto” il virologo Andrea Crisanti; le discussioni con l’ex ras delle correnti della magistratura Luca Palamara mentre, la sera del 9 maggio 2019 all’hotel Champagne di Roma, parlava con i renziani Cosimo Ferri Luca Lotti delle manovre per influire sulle nomine dei vertici delle Procure di Firenze (che indagava Matteo Renzi) e di Roma (che indagava Lotti).
E questo solo per citare i casi più recenti. Perché tornando indietro nel tempo si possono ricordare le telefonate e i nomi di persone non indagate (ma spesso di grande interesse pubblico) emersi dai faldoni dell’inchiesta sul Mose; o l’intercettazione della jihadista padovana 
Meriem Rehaily che, dallo Stato Islamico, rivelava la presenza in Siria dell’altra veneta finita sotto inchiesta per terrorismo, Sonia Khediri.

L’elenco è assai lungo e cercare di raggruppare tutto in poche righe sarebbe controproducente. Ma da oggi non resterà che un vacuo silenzio: infatti la Riforma Nordio proibisce la pubblicazione di telefonate e intercettazioni se non quelle riprodotte “dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento”. In pratica si potranno portare alla conoscenza dell’opinione pubblica solo le intercettazioni contenute in un’ordinanza di custodia o in un eventuale provvedimento del tribunale del Riesame. Sarà vietato, invece, diffondere ciò che è contenuto nelle richieste della Procura o nelle informative di polizia giudiziaria allegate ad atti d’indagine.
Ma cosa significa in senso pratico?
Che verranno tagliati interi dialoghi di grande interesse pubblico anche se palesemente spregevoli dal punto di vista etico e morale. Questo di fatto lede al cittadino poiché paradossalmente, non si potrebbero più pubblicare nemmeno eventuali intercettazioni ignorate dal gip che dimostrassero l’innocenza dell’indagato.
Tutto questo però non è stato considerato. Il sospetto e che si voglia semplicemente coprire tutto il copribile, impedendo così alla popolazione di sviluppare criteri di scelta liberi in ambito politico, di protestare con spirito critico verso gruppi di potere imprenditoriale o in merito a scandali che coinvolgono pezzi grossi della magistratura, delle istituzioni e della società in generale: un colpo secco alla spina dorsale della democrazia, l’informazione.

Certe cose è meglio che non si sappiano
Prendiamo ad esempio il caso Palamara: se la nuova legge varata dal governo Meloni fosse stata già in vigore non avremmo conosciuto le manovre messe in atto da politici e consiglieri del Csm per influire sulle nomine dei procuratori della Repubblica. Molte di quelle conversazioni, però, non erano contenute in alcuna ordinanza, perché nessuna misura cautelare era stata chiesta dalla Procura di Perugia, che indagava per corruzione (il processo a Palamara si è recentemente chiuso con un patteggiamento): dunque, le intercettazioni del cosiddetto scandalo nomine non sarebbero mai divenute note.
Altra questione ‘calda’ riguarda il racconto (finora senza alcun riscontro) del boss stragista Giuseppe Graviano ai pm di Firenze del 20 novembre 2020: Mio nonno portò me e Salvatore (cugino di Graviano, ndr) a Milano a incontrare Silvio Berlusconi. L’incontro avvenne all’Hotel Quark (…) con Berlusconi ho avuto un incontro anche nel 1985/1986, allorquando ero già latitante (…) sapeva che io ero latitante”.
Mentre in una informativa della Dia, redatta nel solco di una ipotesi investigativa ancora da verificare e firmata dal capocentro Francesco Nannucci, si legge che in colloquio intercettato in cella del 14 marzo 2017 “è lo stesso Graviano che imputa a Silvio Berlusconi di essere il mandante delle stragi: ‘Tu mi stai facendo morire in galera… che sei tu l’autore… io ho aspettato senza tradirti…’”.
Parole che fanno il paio con altre frasi di Graviano: “Mi è successa una disgrazia, mi arrestano, tu cominci a pugnalarmi, per che cosa? Per i soldi, perché tu ti rimangono i soldi. Dice: non lo faccio uscire più, perché sa che io non parlo, perché sa il mio carattere”. E ancora ricordava che lui e suo fratello erano “a testimoniare nel processo di Dell’Utri nel 2009. Perché si preoccupava. Dice: se questo parla a me mi arrestano subito. Umbè, ha fatto tutte cose così. Ora a me non mi interessa più niente”.
Anche queste intercettazioni non erano contenute in alcuna ordinanza di custodia e neanche in provvedimenti del Riesame. Le cinquemila pagine di registrazioni, però, hanno portato la procura di Firenze a riaprire le indagini sulle stragi del 1993, iscrivendo nuovamente Berlusconi e Marcello Dell’Utri (già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, pena scontata) con l’accusa di essere i “mandanti esterni” delle bombe di Firenze, Roma e Milano. Accuse mai dimostrate e che in passato sono state archiviate più volte.

Anche le intercettazioni di dirigenti e manager di Autostrade per l’Italia effettuate nel corso delle indagini aperte dalla Procura di Genova dopo il crollo del ponte Morandi raccontano un quadro che non avrebbe mai visto la luce con la riforma Nordio.
Non facevano parte delle ordinanze di misure cautelari nemmeno molte delle intercettazioni di dirigenti e manager di Autostrade per l’Italia effettuate nel corso delle indagini aperte dalla Procura di Genova dopo il crollo del ponte Morandi: “La Procura voleva essere garantita che quell’opera fosse solida, insomma a posto… Ha fatto fare l’ispezione con Spea, da 43 come voto (Spea) ha dato 50 (in una scala del rischio di un’infrastruttura un voto più alto indica condizioni peggiori, fino al pericolo crollo fra 60 e 70, ndr). E oggi c’era la Guardia di finanza in società”, aveva detto Paolo Berti, ex direttore centrale operazioni di Autostrade per l’Italia, parlando con Michele Donferri Mitelli, ex capo nazionale delle manutenzioni. Poi aveva aggiunto: “Ma io non so… cosa mandavano… Io ripeto, per me mandavano i ciechi! Mandavano i ciechi a fare ispezioni questi! I ciechi!”. Un’altra conversazione captata dalla procura di Genova era quella fra Massimo Ruggeri e Marco Trimboli, tecnici di Spea che erano indagati per falso. Trimboli si sfogava facendo capire qual era l’andazzo delle verifiche: “Noi abbiamo sempre lavorato come c’han sempre detto… ovvero alla c… perché se vai a vedere un ponte di giorno… eh, ci siamo mai andati di giorno? No… perché non han chiuso prima? Per il traffico… eh bè, chiudi tre ore e ci vai… cioè vai a vedere un ponte di notte? Chiudi e lo vai a vedere di giorno, non vai di notte con le lampade”. Nel marzo del 2021 la Procura ha messo le intercettazioni a disposizione delle difese considerandole “rilevanti”. Tuttavia non essendo passate al vaglio di un giudice non si sarebbero potute pubblicare.
Anche Emilio Fede, storico direttore del Tg4 e per molti anni fedelissimo del leader di Forza Italia, ha ‘prodotto materiale’ interessante: nello specifico si parla delle conversazioni registrate dal suo personal trainer, Gaetano Ferri. Era il 2012 e in un file inviato alla procura di Monza e quindi spedito in Sicilia si sentiva Fede spiegare alcuni passaggi dei collegamenti tra Arcore, Dell’Utri e Cosa Nostra: “C’è stato un momento in cui c’era timore e loro avevano messo Mangano attraverso Marcello”. Il personal trainer aveva ribattuto: “Però era tutto Dell’Utri che faceva girare”. “Si, si era tutto Dell’Utri, era Dell’Utri che investiva, aveva risposto Fede. “Chi può parlare? Solo Dell’Utri. E devo dire che in questo Mangano è stato un eroe: è morto per non parlare”. “La vera storia della vicenda Berlusconi? Mafia, mafia, mafia, soldi, mafia”.
Ricordiamo che Emilio Fede non è mai stato oggetto di denuncia (quindi neanche indagato), ma era stato comunque sentito poi dai magistrati di Palermo nell’ambito delle indagini sfociate poi nel processo Trattativa Stato-Mafia.
Il contenuto di quel nastro, anche in questo caso, non si sarebbe potuto diffondere se la riforma Nordio fosse già stata in vigore.
Va ricordato che il casus belli della guerra alla intercettazione è stato il solito spauracchio dell’abuso: ma è dal “2020, cioè con la nuova legge, non abbiamo registrato alcuna violazione della privacy” aveva dichiarato Pasquale Stanzione, presidente dell’Autorità garante per la privacy intervenuto in commissione Giustizia al Senato.
La nuova normativa sulle intercettazioni in vigore dal 2020 funziona bene rispetto al pericolo di pubblicazioni illegittime sui giornali di contenuti processualmente irrilevanti lesivi della privacy. Infatti, dalla sua entrata in vigore l’Autorità non ha registrato alcuna violazione”.
Nordio non ha prestato orecchio. Ma c’era da aspettarselo dal momento che ha escluso anche i magistrati dall’elenco degli ‘ascoltabili’: “Il magistrato non può criticare le leggi, come il politico le sentenze. Il governo propone e il Parlamento dispone. Questa è la democrazia e non sono ammesse interferenze”, diceva a Sky. Peccato che da qualche tempo il Parlamento è stato ‘posato’ dal Governo, prova ne sono i numerosi decreti legge emanati negli ultimi mesi (circa 25).
Un altro colpo alla democrazia.
Via il Parlamento e l’informazione il prossimo passo cosa sarà? L’abolizione del 41bis?

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fonte:https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/306-giustizia/96037-la-nordio-riforma-zittisce-la-stampa-e-stringe-sulla-diffusione-delle-informazioni.html