Il coordinamento delle forze di polizia e l’ammodernamento delle metodologie per quanto attiene alla lotta alle mafie, oggi
Le osservazioni ad una nostra nota fatte da Luigi Bianchini, della Polizia di Stato, in ordine alle competenze ed alle specificità dei singoli corpi di polizia, ci offrono lo spunto per riprendere il discorso su un problema delicato che nel nostro Paese nessuno vuole affrontare in maniera seria e risolvere:
quello che riguarda la necessità impellente del coordinamento fra le varie forze di polizia.
Tutti – o quasi- dicono di avvertirne la necessità ma nessuno -ripetiamo nessuno- fa alcunché per realizzarlo.
Anzi, al contrario, c’è stato chi, come il governo Berlusconi ma non solo- ha addirittura tentato di annientare l’unico organismo interforze-la DIA-che, grazie a Giovanni Falcone, si è riusciti a creare in Italia.
Bianchini nelle sue osservazioni ad una nostra nota manifesta il suo dissapore per aver noi dato rilievo all’importanza del lavoro che fa la Guardia di Finanza, rispetto a quello dei Carabinieri e della Polizia di Stato, sul piano della lotta alle mafie, oggi.
E ci tiene a sottolineare che, mentre Carabinieri e Polizia stanno sulle strade a rischiare la vita per catturare latitanti e delinquenti di ogni specie, le Fiamme Gialle in sostanza stanno comodamente sedute negli uffici a contrastare i reati fiscali.
Ecco, francamente tale considerazione ci ha dato un colpo al cuore perché ci ha raffigurato un Italia costituita da tanti vasi non comunicanti fra di essi, con la mano sinistra che non sa quello che fa la destra e viceversa e ci ha fatto ricordare le tante scene che credevamo appartenenti ad un passato lontano, quando, di fronte ad un fatto di sangue o un semplice incidente stradale, c’era la corsa a chi arrivava prima fra le volanti della Polizia o le gazzelle dei Carabinieri con una discussione finale su “sono arrivato prima io e la competenza è mia” e “no tu no”.
Lo spezzettamento delle indagini e le liti sulle competenze rappresentano il retaggio di un’organizzazione statuale deforme ed arretrata che non ha senso in un’era in cui con un clic sul computer le mafie movimentano in pochi secondi miliardi di capitali spostandoli da una capitale all’altra del mondo, a distanza di migliaia di chilometri.
Sono tutte qua le ragioni della vittoria delle mafie rispetto ad uno Stato che è arretrato di mille anni.
Le mafie.
Forse non molti hanno capito bene cosa esse sono, oggi.
Se per mafiosi di intendono solo i Sandokan, i Setola, i Riina, i Provenzano, i Pesce e tutta quella massa di criminali ed analfabeti che li seguono, certamente hanno ragione Bianchini e chi la pensa nello stesso modo.
Se, al contrario, si tiene conto delle profonde mutazioni che le mafie si sono imposte trasformandosi da organizzazione delinquenziale in soggetto economico, anche se criminale, che
gestisce anche potere, allora si riescono a comprendere tutti i ritardi, le carenze, le omissioni, le opacità di uno stato che ha perso tutte le caratteristiche di uno Stato-Stato finendo per indossare le vesti di uno staterello macchiettistico e da quattro soldi e di quell'”Italietta” di cui parlava Prezzolini.
E’ tutto qua il fallimento di quelle classi dirigenti che ci hanno governato finora e che ci hanno portato al declino ed al ridicolo di cui pochi mostrano di rendersi conto.
In quest’ottica vanno, a nostro avviso, giudicati il ruolo ed i comportamenti dei Prefetti sui territori.
Prefetti che in uno Stato moderno non dovrebbero ridursi ad essere i notai di uno statu quo, ma, al contrario, dovrebbero assumere il ruolo di fautori di una costruzione di processi e strutture al passo con i tempi.
Ma, purtroppo, non tutti i Prefetti si chiamano Bruno Frattasi.
Sì, perché, pur in assenza di input e di regole centrali che armonizzino i movimenti di tutti gli arti del corpo statale, i singoli Prefetti potrebbero, volendolo – essendo essi, peraltro, i responsabili della sicurezza e dell’ordine pubblico sui territori di competenza – creare meccanismi e forme di coordinamento fra le varie forze di polizia mettendo fine a quell’antipatica ed esiziale frammentazione che ci sta portando a perdere la guerra contro le mafie.
Quando noi diciamo che NON si fa una vera guerra alle mafie e non si indaga come si dovrebbe!!!
Ma a chi vai a dire queste cose???
Ad una classe politica che ha ormai perso il senso del bene comune e che pensa ed agisce sotto la spinta di interessi familistici e di parte?
A classi dirigenti che non hanno il pur minimo senso dello Stato?
A cittadini che hanno perso perfino la volontà e la capacità di proporre e, peggio, di indignarsi di fronte alla deriva che ci sta portando tutti nel baratro?
Ritornando al discorso su Fiamme Gialle sì Fiamme Gialle no, noi restiamo sempre più convinti della necessità di avere sui territori – considerate appunto le trasformazioni della mafie in soggetti essenzialmente economici e politici – più finanzieri e meno poliziotti e carabinieri e che, peraltro, a questi ultimi due bisogna insegnare a fare più un lavoro di “intelligence” che di semplice ordine pubblico.
Comunque, per concludere, l’opera degli uni non va vista scissa da quella degli altri, ma, al contrario, tutti insieme (ecco la necessità di un effettivo e serio coordinamento), ognuno nella sua specificità, deve contribuire a realizzare quell’unicum tanto necessario e vitale per creare un clima di legalità e di vera giustizia nei territori, quel clima che oggi non c’è.
Il grande ruolo dei Prefetti e dei Procuratori Capo della Repubblica in un’Italia moderna e giusta!!!