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.La mafia nigeriana,una delle più pericolose e sanguinarie al mondo

Il Corriere della Sera, Martedì 13 Settembre 2016

Pozioni, torture e tratta di schiavi
Colpita la mafia nigeriana in Italia
Operazione contro le violente organizzazioni africane presenti nel nostro Paese: 44 arresti anche a Roma e Bologna. A Torino due le bande rivali: i Maphite e gli Eiye

di Elisa Sola

Si entra nella setta con un rito animista, bevendo pozioni di sangue e gin, acqua e tapioca. Alle donne si tagliano i peli pubici. Gli uomini vengono picchiati per provare la forza. Chi è dentro è schiavo per la vita. Provare ad uscire vuol dire morire. L’adepto sarà obbligato a spacciare, a clonare carte, a uccidere, se uomo. A prostituirsi, se donna. Se avanzerà di grado, potrà fare il tesoriere. O l’addetto alle punizioni corporali. O «l’annunciatore» delle decisioni del boss.

In tutta Italia
Esiste una mafia, radicata in Italia, organizzata e violenta almeno quanto quelle «nostrane». È la nigeriana. Il 13 settembre, dall’alba e per tutta la giornata, sono scattate le manette per 44 affiliati, al termine di un’inchiesta portata avanti dalla squadra anti-tratta della polizia locale di Torino. Otto investigatori che per tre anni e mezzo hanno seguito e intercettato i membri di un’associazione a delinquere che il gip di Torino Loretta Bianco ha riconosciuto «di stampo mafioso», contestando, come chiesto dal pm Stefano Castellani, il reato 416 bis. Gli arresti sono stati eseguiti a Torino, Novara, Alessandria, Roma, Bologna, Verona e Pavia.

Le bande
L’operazione si chiama «Athenaeum» perché le bande criminali sono nate negli ambienti universitari nigeriani. Le confraternite in Europa si sono espanse. Esattamente come nella ‘ndrangheta, esiste una «casa madre», la Nigeria, dove i boss possono contare su appoggi politici e la corruzione della polizia. E i gruppi nei territori in cui i nigeriani sono emigrati. I capi sono indiscussi. La gerarchia è piramidale. L’inchiesta di Torino è nata quando una donna, costretta a prostituirsi, ha deciso di parlare. È emerso che nel capoluogo piemontese si fronteggiano due bande rivali. I Maphite («Famiglia vaticana») e gli Eiye («Uccelli»). La lotta è per il controllo della «cosidetta area 10», la periferia Nord di Torino. Spaccio di eroina e cocaina, prostituzione, tratta di esseri umani  sono i motivi per cui negli ultimi anni centinaia di persone sono state accoltellate. Spesso in faccia. Ma nessuno parlava per paura. O per omertà.«È molto pericoloso per me rispondere a queste domande — dice uno spacciatore sentito come teste dagli inquirenti -:gli appartenenti a questi gruppi possono uccidere in Nigeria». Dei Maphite, spiega: «Hanno i loro club, i loro bar, non denunciano perché non sono in regola. I Maphite sono appena arrivati in Italia, sbarcati a Lampedusa. Non hanno nessun rispetto per la vita, possono accoltellare, uccidere, perché hanno già sofferto troppo attraversando il deserto e il mare per arrivare in Italia».

Dal «Don» al «professore»
Le donne vengono costrette a prostituirsi per strada. Ragazze povere, portate via dalle proprie famiglie. Violentate alla frontiera dalla polizia libica. Imbarcate sui gommoni che sbarcano nel nostro Paese. Mentre i capi e i loro vice indossano giacca e cravatta. Le riunioni della setta dei Maphite si tenevano all’hotel Boscolo tower di Bologna. Il 21 settembre 2013, il grande capo nigeriano arrivato da Londra per sedare un conflitto diceva: «Voglio che voi ragazzi vi mettiate d’accordo tutti per eleggere il vostro Don oggi, che porterà avanti questa famiglia…». Nel ricordare che chi «sgarrava» in Italia, avrebbe avuto un parente ucciso in Nigeria, aggiungeva che là «il capo della polizia è il nostro migliore amico». Le grida di persone frustate e picchiate in piccoli appartamenti a Torino sono state registrate dagli inquirenti, che hanno raccolto cinquemila pagine di intercettazioni e sequestrato agende con i nomi dei mafiosi e i ruoli: Don, professore, annunciatore, per i Maphite. Gli affiliati degli Eiye invece si chiamano come gli uccelli. Prima di ogni incontro segreto fischiano, per presentarsi agli altri, ognuno con il proprio canto.