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La mafia è un modello da esportazione: così le cosche si sono radicate in Germania

L’Espresso, 22 gennaio 2018

La mafia è un modello da esportazione: così le cosche si sono radicate in Germania

Massoneria, servizi segreti e clan siciliani. Il Sistema è arrivato in terra tedesca. Con altre garanzie di credito e nuove generazioni da coltivare

DI FLORIANA BULFON E GIULIO RUBINO

Il sole a picco d’agosto e i vacanzieri immersi nelle acque cristalline. Quella di San Vito Lo Capo, provincia di Trapani, è una delle spiagge più belle d’Italia, ma il “turista” Salvatore Rinzivillo non ama frequentarla. Lui è un capomafia di Gela e preferisce rimanere nella sua villa. È all’inizio del piccolo centro trapanese e le imposte sono sempre accostate, perché da qui pianifica la conquista della Germania.

I suoi due fratelli, Antonio e il gemello Crocifisso, sono in carcere al 41 bis; lui invece è libero dal 2013 e ha sulle spalle la responsabilità di un impero che si estende dalla Sicilia al Lazio, dalla Lombardia al Marocco. Don Salvatore ha importanti intuizioni per espandere gli affari, capisce che la creazione di una “nuova generazione” di uomini fidati, luogotenenti che lo accompagnino in un grande progetto criminale, può fare la differenza. E così invita nella casa scelta per le vacanze il suo nuovo braccio destro, un uomo in grado di aprirgli le porte in terra tedesca. Si chiama Ivano Martorana, è giovane, non ha neppure quarant’anni, è incensurato e insospettabile. È cresciuto nel Baden-Württemberg, ricca regione del sud-ovest, dove si trova la più numerosa comunità di nostri connazionali all’estero in Europa, seconda al mondo solo all’Argentina. L’italiano riecheggia nelle strade, si legge in molte insegne di negozi, è entrato a far parte del patrimonio culturale. Il clan l’ha individuata come base logistica, ha già avviato un florido traffico di cocaina e Rinzivillo ha dimostrato di saper mantenere bene gli equilibri: ha contatti tanto con gli “stiddari” che si contrapponevano a Cosa nostra Angelo e Calogero Migliore, quanto con il latitante di ’ndrangheta Antonio Strangio, titolare del ristorante “Da Bruno” dove nel 2007 avvenne la strage di Duisburg.

La droga però è solo una parte marginale degli affari criminali. Rinzivillo ha trovato in Martorana la chiave per entrare nel giro che conta. Lo stima così tanto da averlo scelto come padrino di cresima per il figlio Giovanni, ha fiuto e conoscenze «con quelli che comandano il mondo». A Rinzivillo parla chiaro: «è un gruppo di massoni…», persone così potenti che possono avviare grandi investimenti in Europa, Nord Africa e persino Arabia Saudita. Ad introdurlo nelle potenti logge è stato un avvocato tedesco e non è stata cosa semplice. «Zio Totò lo sai che ho fatto per entrare là dentro… per avere questo amico avvocato? Mi sono fatto il mazzo che non ho avuto nemmeno dieci minuti per me nella vita», si lamenta Martorana. Dopo tanta fatica, ora finalmente è tempo di fare il grande passo. Naturalmente c’è un prezzo da pagare. Per comprarsi l’accesso alla loggia, spiega il fido Martorana al boss, serve una consistente «fiche di ingresso: cinquanta milioni di euro. È una specie di investimento… che vogliono. È come per dire benvenuto!».

L’avvocato tedesco in grado di far accedere la mafia al gruppo di massoni, secondo gli investigatori di Karlsruhe, avrebbe un ruolo nell’ufficio criminale di Colonia. È stata sua figlia Julia a favorire il contatto con Martorana e per lui è una fonte di notizie preziosa. Al telefono con un imprenditore si lascia sfuggire che la utilizzerà per controllare alcuni nomi. Una comodità: Julia lavorerebbe infatti per la Kriminalpolizei di Düsseldorf. È lo stesso schema usato in Italia. Questo il colpo di genio di Ivano Martorana che ripropone il canovaccio che gli ha già assicurato parecchi risultati in patria attraverso il sodale Marco Lazzari. L’eroe di Nassiriya che scavò tra le macerie per cercare i feriti e i morti, poi arruolato nei nostri servizi di sicurezza, considera il boss «un maestro di vita, da stringergli la mano e stare zitti».

Si compiace quando Rinzivillo gli dice «io sto parlando con degli uomini», perché «una volta se parlavi con uno sbirro ti dicevano che cazzo stai a fa’ però i tempi sono cambiati adesso ci sono i colletti bianchi». Quelli pronti a portare rispetto. Lazzari si considera un prescelto, tanto da rivelare a un amico: «credo che voglia far costruire la nuova generazione su me e Ivano». E così si prodiga a fare sopralluoghi per compiere un’estorsione ai danni del titolare del caffè Veneto di Roma e confida intercettato di essersi spinto persino a bloccare una relazione dei servizi che «pure sopra so’ stati fatti i favori…oltre all’Italia».

Proprio in Germania dove agisce Martorana, l’uomo che ha le carte giuste per avviare il clan agli affari più lucrosi. Primo fra tutti, il grande progetto di sviluppo Stuttgart 21. Oltre 6 miliardi per il rifacimento della stazione centrale della città. Tutti i binari dovranno passare sottoterra e questo libererà un’ampia zona di nuovi terreni edificabili nel pieno centro di Stoccarda. Un’occasione unica, anche perché i tedeschi non hanno interdittive antimafia. Così anche se in passato Aldo Pione e Alfredo Salvatore Santangelo hanno avuto condanne per mafia, in Germania sono i soci perfetti. Santangelo, imprenditore edile catanese operante nel bresciano, potrà fornire le maestranze per un progetto di costruzione di sette villette nell’area in cui prima passavano i treni e aprire persino punti vendita di abbigliamento a Colonia. Anche Pione e il figlio cercano di accreditarsi, fanno avanti e indietro da Busto Arsizio a Colonia a San Vito Lo Capo «per espandere i loro lavori in Germania». Avendo sempre cura di rispettare l’intermediazione di Martorana, raccomanda Rinzivillo.

Martorana del resto si muove con grande intraprendenza negli spazi opachi delle operazioni finanziarie internazionali. Tratta l’investimento di una consistente somma di denaro, pari a sei milioni di euro, con una società tedesca di fatto riconducibile a Viktor Grassmann, personaggio di spicco della mafia russa e poi l’avviamento nel quartiere italiano di San Pietroburgo di iniziative imprenditoriali nel settore edile. Non solo, è addirittura entusiasta per un progetto che, secondo la polizia tedesca, nasconderebbe un’operazione di riciclaggio. Il meccanismo è piuttosto intricato: Martorana, come socio occulto di un’azienda intestata a un prestanome tedesco, è alla ricerca di un partner con il quale dar vita, naturalmente solo su carta, ad una joint-venture. Tutto deve essere in ordine: le aziende devono apparire sane e l’idea di business credibile. Ci vuole anche un bel capitale iniziale da presentare, serve a garanzia del progetto e per ottenere l’appoggio delle banche, ma i soldi per il clan non sono un problema.

«Il denaro proviene presumibilmente dall’Italia, o direttamente o tramite un’importante banca internazionale di Londra», sostengono gli investigatori tedeschi. La provenienza non ha importanza, il capitale iniziale poi non serve a dar vita a nessun lavoro, ma solamente a far sì che la banca possa emettere una garanzia di credito a favore della joint-venture.

Il gioco può così iniziare: un capitale sporco comincia a diventare virtuale. La garanzia di credito «può essere usata in centinaia di modi», espone compiaciuto l’imprenditore Martorana a un suo collega. Per esempio può essere comprata e venduta, e questo passaggio permette di mettere le mani su somme che possono essere immediatamente reinvestite, anche in progetti pubblici.

«Se una banca non mette in dubbio la provenienza del mio denaro, posso depositare capitale sporco come “pegno” di una garanzia che poi un’altra banca accetterà per darmi un finanziamento. A questo punto avrò denaro pulito, che potrò utilizzare in qualsiasi modo», spiega Gian Gaetano Bellavia, esperto di diritto penale dell’economia e consulente di diverse procure. E se qualcosa va storto c’è sempre il capitale iniziale a coprire gli interessi della banca. «Si fa apposta a far fallire la joint-venture, così le banche si prendono soldi sporchi che diventano puliti e chi riceve il prestito se lo tiene», chiarisce Bellavia.

Un trucco solo apparentemente complicato se si hanno gli appoggi giusti. Per gli investigatori Martorana avrebbe avviato questa strada con diversi partner, non solo in Germania, anche in Svizzera. A supervisionare i contratti sarebbe stato proprio il padre di Julia, il potente avvocato pronto ad aprire a Martorana le porte della finanza globale.

«Zio Totò sono linee di credito aperte che hanno solo loro, è per questo che si dice che comandano il mondo delle finanze», chiarisce Martorana al suo boss che deve depositare i 50 milioni. Con la fiche d’ingresso arrivano le entrature nei canali della grande distribuzione e delle catene di supermercati internazionali. Così tentano di avviare anche un profittevole business legato al pesce che avrebbe unito ben tre paesi: dal Marocco il pesce arriva in Sicilia e viene imposto nei mercati ittici di mezza Italia. E da lì in Germania.

Le attività in Marocco sono gestite da Francesco Guttadauro. Suo padre Giuseppe, “u dutturi”, ex aiuto primario dell’ospedale Civico di Palermo e capomafia della zona di Brancaccio, è legato al latitante Matteo Messina Denaro perché è cognato di suo fratello. Rinzivillo li frequenta e lo considera un onore: «Sono persone intelligentissime», ripete. È ormai così vicino alla famiglia del ricercato che Marco Lazzari intercettato avverte: «Per il noto che stanno cercando giù, si so n’cafoniti». L’ultima inchiesta per trovarlo ruota proprio attorno al capomafia gelese che ama la Germania. Del resto durante l’estate a San Vito, con il fido Martorana al seguito, ha fatto tappa anche a Castelvetrano, il paese della primula rossa. Poi le vacanze sono finite. Lo scorso ottobre, i finanzieri del Gico di Roma hanno bussato alla porta di “don” Rinzivillo e l’hanno arrestato.