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La mafia che non cambia

La mafia che non cambia

Operazione “Scrigno”: lo spaccato attuale di Cosa nostra trapanese

Di Rino Giacalone

Gli uomini al vertice di Cosa nostra trapanese sono quelli dell’ultimo ventennio, ci sono i fratelli Virga, Pietro e Franco, figli dell’ergastolano Vincenzo, c’è il vecchio consigliori Nino Buzzitta, c’è l’uomo d’onore riservato Franco Orlando. E con loro ci sono i soliti affari, l’ingerenza nel tessuto imprenditoriale, come testimonia la faccenda di una società apposta costituita per gestire un importante albergo sull’isola di Favignana, ma c’è anche il rapporto con la politica. Il procacciamento di voti che vada come vada costituisce il rinnovarsi in alcuni casi di un trait d’union indissolubile tra Cosa nostra e il politico sostenuto. E c’è la presenza sempre della massoneria in queste vicende. Scenari che a Trapani non sono nuovi ma che ogni qualvolta che si dimostrano esistere registrano prese di posizione tra lo stupore e lo scandalo. Stupore e scandalo che servono magari a ripristinare ciò che la magistratura e i carabinieri, in questo caso, hanno sradicato. Ieri ho sentito chi sgomento (sic) diceva che alla fine non è un bene sentire parlare nei tg nazionali in questa maniera di Trapani, quasi a chiedere alla magistratura di tacere, se non anche, ma spero che non sia così, di non fare indagini. Quasi che il male di questa terra siano i magistrati, gli investigatori e ovviamente i giornalisti. Anche questo è uno spaccato di questa terra siciliana, con il quale un giorno o l’altro bisogna regolare definitivamente i conti, e certuni dovrebbero finirla una volta e per tutte di cavalcare simili idiozie. L’indagine racconta che l’unico male di questa terra sono i mafiosi e sono i politici che si rapportano con la mafia. Poi c’è stato chi ha pensato con tanto di sfacciata alta voce che l’indagine ha fotografato una mafia incapace di far eleggere i candidati sostenuti, poco ci mancava che si dicesse che quindi il blitz era altrettanto inutile. Le cose non stanno esattamente così, in quanto Cosa nostra un suo tornaconto ce lo ha sempre. Un consenso riesce sempre ad intercettarlo. E l’indagine questo lo ha bene raccontato. L’operazione “Scrigno” è una indagine che è vero deve affrontare adesso il livello processuale, per le condanne definitive bisognerà attendere i dibattimenti, ma quello che è stato rassegnato all’opinione pubblica, e ai partiti, dovrebbero fare agire contro chi comunque si è macchiato di scivolate pericolose. Noi non sappiamo se davvero un ex deputato regionale, l’on. Paolo Ruggirello, personaggio politico che ha frequentato quasi tutti i partiti dell’arco costituzionale, sia stato il referente della mafia dentro la politica, ma abbiamo potuto leggere della sua facilità a gestire accordi politici, a interessarsi alla vita di diverse amministrazioni locali, Erice, Castelvetrano, Campobello di Mazara, impegnato ora a parlare con un altro politico, ora a parlare con i suoi galoppini, ora a incontrare i mafiosi, anche per risolvere questioni “intime” ma anche a spendersi in favore di imprenditori da agevolare dalla poltrona di deputato questore dell’Assemblea Regionale Siciliana. Stessa cosa per gli altri politici toccati dall’indagine, arrestati, come la prof. Ivana Inferrera, ex assessore comunale a Trapani, o ancora per quanto riguarda l’ex consigliere comunale di Erice Giovanni Maltese che ci dicono quando era consigliere spesso era quello che con le sue battute faceva sorridere gli altri suoi colleghi. Questi erano i politici che giravano per questa terra, possibile che mai nessuno si sia mai accorto delle loro fragilità? Possibile che nessuno si sia mai accorto che loro avevano da restituire qualcosa all’associazione mafiosa? Non lo crediamo. Perché non è vero che tutto è nuovo in questa operazione, gli articoli nel tempo non sono mancati, come quelli riguardanti l’imprenditore Ninni D’Aguanno, in alcuni reportage descritto come di una persona double face, da una parte il suo avvicinarsi ipocrita a magistrati e collaboratori di giustizia, dall’altra la frequentazione di logge massoniche e quindi i contatti con i mafiosi. Loro, e non solo loro, di politico coinvolto c’è anche un altro ex consigliere, pure lui aderente alla massoneria, tale Vito Mannina, rimasto però indenne da provvedimenti giudiziari, erano ognuno in quota parte i “referenti” della mafia dentro la politica, come ponte tra mafia e istituzioni sarebbe stato principalmente il numero uno di questa indagine, l’on. Paolo Ruggirello. In una puntata di Presa Diretta fu presentato tra gli impresentabili del Pd e in quella puntata, settembre 2015, l’allora presidente del Pd Orfini ebbe a crucciarsi con il servizio che riguardava Ruggirello, perché non era stato mai indagato, sebbene in quella puntata si raccontavano i suoi affari con la mafia che nel 2001 a Trapani aveva realizzato un intero rione di case in cooperativa. Orfini aveva bisogno dell’arresto per poter dire qualcosa, o già allora poteva pensarci su e contare fino a 100 prima di rispondere in tal modo a Riccardo Iacona. Trapani è raccontata così, le sue connessioni con la mafia in certi ambienti continuano a resistere ed esistere. E bisogna anche dire che in questa storia la preoccupazione non è del politico, ma della mafia che si vede avvicinata, tanto che uno dei Virga ad un certo punto chiamato a raccogliere voti risponde che non può tanto muoversi, non può fare bordello. Il politico questa paura pare non avercela. O almeno i politici qui indagati.

 

06 Marzo 2019

Fonte:https://www.cronachedellacampania.it