Cerca

La lavanderia globale dei capitali sporchi della Russia passa per la Lettonia

Il Sole 24 ore, 2 aprile 2018

La lavanderia globale dei capitali sporchi della Russia passa per la Lettonia

di Riccardo Barlaam

La Lettonia è un problema. Il ventre molle dell’area euro. Cavallo di troia usato dalla Russia per far entrare miliardi di dollari di denaro sporco nel club dei paesi che contano. I miliardi delle élite russe, oligarchi che possiedono gruppi legati ai settori delle infrastrutture, delle costruzioni, dell’information technology, delle banche. E ottengono ricchi contratti statali con il governo direttamente, o con società controllate dallo stato. Ma anche capitali frutto di attività illecite, di reati provenienti dalla mafia russa o dalla criminalità organizzata. Denaro sporco trasformato in moneta sonante legale. Che dalla Lettonia entra nel sistema bancario. Usato per investire. Comprare. Fare affari. In attività lecite.

Una gigantesca lavanderia globale che per anni, con uno schema consolidato, eludendo tutti i controlli del sistema bancario internazionale, ha movimentato capitali fuori dal paese di Putin verso Europa, Stati Uniti e altri paesi. Denaro sporco che ha infettato come un virus le economie occidentali, aumentando a dismisura il potere e le proprietà occidentali degli uomini d’affari russi vicini al presidente e dei loro prestanome. Lo scandalo è emerso qualche settimana fa dopo il clamoroso arresto del governatore della Bank of Latvia, la banca centrale della Lettonia, Ilmars Rimsevics. Ci sono almeno tre storie da raccontare per tentare di spiegare quello che è successo. E come sia stato possibile che sia accaduto.

La perla del Baltico 

La Lettonia, piccolo paese di poco più di 2milioni di abitanti, sul Mar Baltico, è uno dei paesi più verdi d’Europa. Famosa per la cultura e la bonarietà dei suoi abitanti, la bellezza delle sue ragazze (tra i paesi con la più alta concentrazione di modelle), i successi delle squadre di basket, la diffusione del digitale nella pubblica amministrazione e la velocità estrema di internet, con Riga, la capitale, che è un gioiello tutelato dall’Unesco come Patrimonio dell’umanità. Fin qui le leggende. La piccola repubblica baltica, indipendente dal 1918, è stata annessa dal 1940 all’Unione sovietica. Cinquant’anni di dominio russo. L’indipendenza è stata “riconquistata” dopo la caduta del Muro di Berlino con la fine dell’Unione sovietica nell’estate del 1991. Dal 2004 la piccola e pacifica Lettonia è entrata a far parte dell’Unione europea. E dal 2014 ha adottato l’euro. Ma l’influenza russa non è terminata nonostante l’ingresso in Europa. Più complesso dei trattati e dei negoziati tagliare d’un colpo i legami economici e finanziari con il vecchio mondo che gira attorno all’orbita della grande madre Russia. I timori per la politica russa in Europa orientale hanno spinto la Nato a dispiegare sul territorio lettone una forza multinazionale di 1200 persone, a guida canadese. L’Italia contribuisce alla missione di deterrenza con un contingente di 140 militari.

Scandalo numero uno: la lavanderia globale russa

La lavanderia globale russa è il nome dato dal gruppo di giornalisti investigativi internazionali dell’Occrp (Organized Crime and Corruption Reporting Project) a un enorme schema globale di riciclaggio del denaro sporco che parte dalla Russia, grazie a un corposo dossier di documenti bancari che sono riusciti a ottenere. Tra l’autunno del 2010 e la primavera del 2014 funzionari russi e prestanome hanno spostato miliardi di dollari dalla Russia verso Europa e Stati Uniti, attraverso Lettonia e Moldavia. Fondi derivati da introiti per attività criminali o da attività economiche legate comunque a pratiche corruttive e di malgoverno ripuliti attraverso questo schema consolidato e entrati nel sistema bancario internazionale come se arrivassero legalmente: le regole di tracciabilità dei capitali hanno permesso di individuare come le briciole di Pollicino le tracce di 20 miliardi di dollari di capitali sporchi passati attraverso la cosiddetta lavanderia globale russa. E finiti in conti bancari di 732 banche di tutto il mondo. I reporter dell’Occrp sostengono che i miliardi riciclati dai russi in questo periodo siano stati molti di più: una cifra superiore agli 80 miliardi di dollari. Ma non tutto il flusso di denaro è stato ritrovato.

Un meccanismo geniale

Il meccanismo messo in piedi dai russi per riciclare denaro sporco era molto ingegnoso. Utilizzava in molti casi società fantasma, di fatto inesistenti, ma registrate a Londra. Funzionava di solito in questo modo: la società A prestava un grossa somma di denaro alla società B. Falsi debiti, ma formalmente a posto, con la garanzia di una società terza che aveva sede in Moldavia. La società B non riusciva a onorare il debito e a restituire il denaro. A quel punto entrava in gioco un giudice corrotto in Moldavia, il quale riconosceva l’esistenza del debito e chiedeva alle società russe debitrici di trasferire fondi su un conto di una banca Moldava per ripagare il falso debito alla società garante. Da qui il denaro veniva trasferito a una banca in Lettonia, ed entrava in modo legale e perfettamente pulito nell’area euro. Pronto per essere investito in Occidente.

Soldi finiti delle prime 50 banche mondiali 

Almeno 19 banche russe sono state coinvolte nello schema di riciclaggio della lavanderia globale. La Russian Land Bank (Rzb) con questo meccanismo ha riciclato 9,7 miliardi di dollari di capitali di provenienza illecita. Da conti in Russia i fondi sono stati trasferiti in altri conti della banca moldava Moldindconbank. E da qui il giro di valzer è continuato fino ai trasferimenti verso la sede di Riga, la capitale lettone, della Trasta Komercbanka. Sedici giudici moldavi sono finiti sotto inchiesta con l’accusa di riciclaggio, assieme a 10 senior manager compiacenti di banche commerciali e a quattro funzionari della banca centrale lettone, tra cui anche il governatore finito sotto agli arresti nelle scorse settimane. Prestanome di Lettonia e Moldavia ritornano fuori spesso nello schema del riciclaggio come intestatari di false società registrate a Londra. I 20 miliardi di dollari rintracciati dall’inchiesta dell’Occrp sono finiti attraverso il sistema finanziario globale in 96 diversi paesi attraverso 112 conti bancari e 26.746 operazioni di pagamento disposte dai conti di Moldindconbank e di Trasta Komercbanka. Fino a conti di 732 istituti di credito in tutto il mondo, la destinazione finale. Ci sono tutti. Grandi nazioni come Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, fino a Cina e Taiwan. La gran parte delle 21 società interessate da questo flusso finanziario hanno sede a Londra, in Nuova Zelanda e a Cipro. Un gigantesco sistema di shadow banking. Con i soldi finiti in transazioni nelle 50 principali banche mondiali tra cui Citibank, Bank of America, Bank of China, Hsbc, Jp Morgan, Wells Fargo, Barclays, Deutsche Bank, Danske Bank, Emirates Nbd Bank, Eurobank Cyprus, Nordea Bank, Ubs, Royal Bank of Scotland, Agricultural Bank of China, Credit Suisse, Standard Chartered Bank, Commerzbank e così via. Il sistema della lavanderia russa ha dimostrato l’impotenza del sistema bancario occidentale nel controllare e nel risalire alla provenienza di questo massiccio flusso di capitali illeciti.

L’ex deputato moldavo e il cugino di Putin
La mente dello schema della lavanderia russa è un uomo d’affari ed ex parlamentare moldavo con doppia cittadinanza e passaporto russo: Vyacheslav Platon, 45 anni. L’uomo arrestato nel 2016 è stato condannato nel 2017 a 18 anni di reclusione per frode e riciclaggio. Alcune banche come la già citata Rzb e la lettone Trasta Komercbanka sono state chiuse per riciclaggio di denaro. Stessa sorte per le 21 finte società londinesi, cipriote e neozelandesi legate al riciclaggio di denaro sporco russe chiuse nel 2015-16. Anche l’ex parlamentare polacco di opposizione Mateusz Piskorski è stato arrestato per la sua presunta collaborazione con i servizi segreti russi nel riciclaggio. Le banche russe coinvolte dall’inchiesta dell’Occrp hanno rifiutato di fornire l’identità dei loro clienti. Ma intrecciando i dati bancari i reporter sono riusciti a risalire ai nomi di alcuni di questi uomini d’affari. Gli utilizzatori di questo schema sono ricchi e potenti uomini d‘affari russi che hanno fatto la loro fortuna grazie ai contratti e agli appalti con il governo e le società statali russe. Tra questi ci sono Alexey Krapivin, businessman che fa parte del cerchio magico del presidente russo Vladimir Putin. Così come figura anche il nome di Georgy Gens, patron del gruppo Lanit, uno dei maggiori distributori di prodotti digitali nel paese che vende marchi come Apple, Samsung e Asus in Russia. Il procuratore anti corruzione della Moldavia, Viorel Morari, che ha messo sotto inchiesta i 16 giudici moldavi ha raccontato che durante le sue indagini si è trovato spesso davanti il muro di gomma di diversi testimoni.

I giudici moldavi guidati dai servizi

Alcuni giudici moldavi hanno ammesso di aver fatto da tramite con Mosca nelle operazioni di riciclaggio: sarebbero stati guidati da agenti del Fsb russo, una delle principali agenzie di intelligence che ha sostituito il Kgb. Funzionari del Fsb russo sedevano nel board della banca che ha riciclato miliardi di dollari sporchi fuori dalla Russia. Tra questi ci sarebbe anche Igor Putin, cugino del presidente, componente del consiglio di amministrazione della Russian Land Bank, l’istituto di credito che dalle indagini risulta aver trasferito 9,7 miliardi nella banca moldava Moldindconbank, per poi finire alla banca lettone Trasta Komercbanka, nell’area euro, prima di perdersi nei flussi finanziari del sistema bancario mondiale.

Dove sono finiti quei soldi

I soldi russi entrati nella lavanderia a gettoni attraverso le società di comodo in Russia attraverso frodi, brogli nei contratti statali, evasione fiscale e doganale, sono finiti in Occidente. Così i fondi ottenuti dagli appalti statali per le strade, i porti, per modernizzare gli ospedali sono stati invece depositati in una banca moldava e poi, via Lettonia, arrivati in occidente dove sono stati invece utilizzati per comprare beni e servizi. In tutto il mondo. Per finanziare le vite lussuose in Occidente degli oligarchi vicini al presidente e al suo apparato di potere. Brand noti così come banche internazionali hanno involontariamente beneficiato di questi fondi. Alcuni esempi. Samsung ha ricevuto denaro russo riciclato dalla Corea del Sud, così come Ericsson, società di tlc svedese all’avanguardia nella costruzione di reti di comunicazione. Anche Donald Trump, indirettamente, ci ha avuto a che fare. Dai tabulati dell’inchiesta è emerso che 500mila dollari di capitali ripuliti sono finiti alla società americana Total Golf Construction, società che si vanta sul suo sito di avere ristrutturato il campo di golf di Trump sull’isola di Canouan nelle Grenadine. Una enorme ragnatela.

Scandalo numero due: il caso del governatore Rimsevics

Il primo gennaio 2014 la Lettonia è entrata a far parte come 18esimo paese membro dell’eurozona. Ilmars Rimsevics ricopre la carica di governatore della Banca centrale della Lettonia dal 2001, e siede da allora anche nel Consiglio direttivo della Bce. Dalla sua posizione ha seguito il percorso di avvicinamento all’area euro per l’adozione della moneta unica. In un paese, come raccontato sopra, in cui è ancora molto forte l’influenza delle istituzioni finanziarie ed economiche della Russia. Lecite e non. L’ennesimo scandalo legato alla corruzione è emerso nelle scorse settimane e ha portato all’arresto del potente governatore centrale lettone. Oltre a mettere a nudo i limiti della supervisione bancaria europea. Il 17 febbraio il capo della banca centrale Rimsevics viene arrestato in seguito a un’inchiesta dell’autorità anti corruzione della Lettonia. Dopo che l’oligarca anglo russo Grigory Guselnikov lo ha accusato per avergli chiesto «il pagamento di una tangente di non meno di 100mila euro».

Guselnikov è il principale azionista della Norvik Banka, ottavo istituto di credito lettone per asset. Oltre alle accuse di tangenti un reporter dell’agenzia Ap ha accusato Rimsevics di essere legato alle operazioni di riciclaggio di denaro sporco dalla Russia con particolari dettagliati e prove di estorsione nei confronti di banchieri locali. Il premier lettone Maris Kucinskis ha dichiarato che «non immaginava che il governatore della Bank of Latvia potesse finire in carcere con accuse così pesanti». Raimonds Vejonis, il capo di stato lettone, all’indomani dell’arresto del governatore centrale ha convocato un incontro straordinario del Consiglio di sicurezza nazionale per discutere della delicata situazione.

Scandalo numero tre: le armi alla Corea del Nord


Cinque giorni prima dell’arresto del governatore della banca centrale, il 13 febbraio, il Dipartimento al Tesoro americano ha emesso un documento molto dettagliato alla fine di una lunga inchiesta nel quale accusa l’istituto di credito lettone Ablv, terza banca del paese per asset, «riciclaggio di denaro» e «di aver intrapreso un’attività illecita su larga scala connessa con Russia, Azerbaijan e Ucraina». Ma l’accusa più grave mossa contro la banca lettone è quella di aver violato le sanzioni che vietano le relazioni economiche con la Corea del Nord. Pochi giorni dopo il Resolution Board della Bce rispedisce al mittente la richiesta di assistenza finanziaria da parte di Ablv spiegando che il salvataggio della banca «non è di pubblico interesse». Il 26 febbraio il premier lettone Kucinskis convoca una seduta di emergenza del governo per discutere del fallimento imminente della banca Ablv. Si teme il rischio contagio verso le altre banche del paese baltico e verso la zona euro.

L’imbarazzo della Bce
L’arresto del governatore della Bank of Latvia è un argomento particolarmente delicato, oltreché per le accuse a carico per corruzione e riciclaggio, soprattutto perché il banchiere centrale sedeva da anni nel direttivo che decide le politiche monetarie della Banca centrale europea a Francoforte. Dopo essere rimasta silente per giorni in seguito all’arresto di Rimsevics, la Bce ha emesso un comunicato in cui invita la Lettonia a risolvere lo scandalo da sola, precisando che la lotta al riciclaggio di denaro spetta ai paesi membri e che la Banca centrale europea non ha il potere di investigare o di agire all’interno delle singole nazioni. Secondo la Bce «le violazioni dell’antiriciclaggio sono sintomatiche di profonde insufficienze della governance all’interno di una banca. La Bce non ha i poteri investigativi per scoprire queste mancanze». Per Jennifer McKeown capo economista dei mercati europei di Capital Economics questa vicenda mette in evidenza le falle nei controlli del sistema bancario europeo.

Ripulire il sistema bancario
L’ex capo della Nato, Anders Fogh Rasmussen, siede come vice presidente nel board di Norvik Banka. L’ottava banca del paese di cui principale azionista è l’oligarca russo Guselnikov, grande accusatore del governatore centrale Rimsevics. Il danese Rasmussen qualche giorno fa ha scritto una lettera al primo ministro lettone Kucinskis per chiedere l’istituzione di una task force internazionale con lo scopo di ripulire e riformare il sistema bancario del paese, con un gruppo di esperti formato da rappresentanti delle maggiori istituzioni occidentali come Bce, Dipartimento al Tesoro Usa e Fondo monetario internazionale. Un sistema bancario di un paese dell’area euro che è tutto da ripulire secondo l’ex capo della Nato.