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La difesa di Caridi: “‘Ndrangheta? Solo clientelismo e patti elettorali”

L’Espresso, Martedì 2 Agosto 2016

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La difesa di Caridi: “‘Ndrangheta? Solo clientelismo e patti elettorali”
Nella memoria depositata in Senato il parlamentare respinge le accuse della Procura antimafia, che lo vuole in carcere: “Un teorema senza prove”. E sull’incontro a casa del boss Pelle: “Durò solo due minuti, troppo poco per stringere un accordo criminale”

di Paolo Fantauzzi

Un “teorema privo di prove”, una ricostruzione dei fatti “assai claudicante”. Peggio, un “escamotage” degli inquirenti, che usano dichiarazioni vecchie di anni per sbattere in carcere un parlamentare della Repubblica.

Cinquantaquattro pagine di memoria difensiva per smontare davanti ai colleghi senatori – chiamati a votare sulla sua libertà – i pesantissimi addebiti della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, che ha chiesto l’arresto di Antonio Caridi. L’accusa: associazione mafiosa, quale membro della componente riservata della ‘ndrangheta .

Con una conclusione chiara, secondo il documento redatto dai difensori dell’onorevole (l’ex presidente dell’Unione camere penali, Valerio Spigarelli, e l’avvocato reggino Carlo Morace), di cui l’Espresso ha preso visione: Caridi non ha alcun ruolo direttivo nella mafia calabrese ma tutt’al più, in occasione delle varie elezioni, ne sarebbe divenuto partecipe attraverso “la stipula di patti elettorali”. E la capacità di imporre assunzioni nelle partecipate del Comune di Reggio Calabria, ai tempi in cui era assessore, anziché essere la prova del suo potere sarebbero solo frutto del più classico clientelismo. Deplorevole, certo, ma diffuso. Mentre la visita a casa del boss Giuseppe Pelle a Bovalino, in occasione delle elezioni regionali del 2010, viene di molto sminuita nella sua rilevanza. Motivazione: durò appena due minuti, troppo poco per stingere qualsiasi accordo, figurarsi uno di tipo criminale.

E anche se le dichiarazioni di numerosi pentiti convergono sul ruolo di Caridi, questa “apparente armonia” potrebbe nascondere versioni concordate per ottenere benefici processuali. La conseguenza di tutti questi aspetti, per i legali, è che c’è fumus persecutionis e quindi il senatore non va arrestato. Anche perché ha presentato ricorso al tribunale del Riesame, che potrebbe annullare il provvedimento del giudice delle indagini preliminari.

LA CAMBIALE

La difesa punta soprattutto su un fatto: molte delle circostanze riferite dai collaboratori di giustizia erano note da almeno 15 anni ai magistrati. Eppure Caridi non è mai stato neppure indagato. Per questo la “cupola riservata” della ‘ndrangheta, che i magistrati ritengono di aver scoperto, sarebbe solo un escamotage per contestare al senatore addebiti altrimenti insufficienti dal punto di vista penale.

Particolarmente interessante, proprio per questo, sono le interpretazioni date ad alcune delle prove all’apparenza schiaccianti raccolte dai pm. «Nei tuoi confronti c’è stata una cambiale, l’hai accettata, l’hai firmata e adesso se si creano le condizioni bisogna onorarla» afferma ad esempio in una intercettazione il deputato Giuseppe Valentino in occasione delle elezioni comunali del 2002 (dopo le quali Caridi, grazie alle preferenze ottenute, diventa assessore all’Ambiente). La prova dei rapporti con le cosche, come credono i magistrati? No, la cambiale da onorare è verso chi nel partito lo ha sostenuto, osserva la memoria difensiva. È davvero così? Di certo c’è un punto fermo: Valentino è di Alleanza nazionale, mentre Caridi quell’anno si presenta al municipio con l’Udc di Pier Ferdinando Casini.

Altro caso, i voti: per gli inquirenti Caridi avrebbe ricevuto il sostegno della ‘ndrangheta in tutte le competizioni elettorali cui ha partecipato. In particolar modo nel 2010, quando col Pdl è il più votato di tutta la provincia reggina con oltre 11 mila voti. I suoi avvocati eccepiscono però che quell’anno, dopo un quinquennio da assessore regionale, nel rione Archi di Reggio Calabria, feudo della cosca De Stefano (cui il parlamentare sarebbe affiliato), prende meno voti del 2005. La prova, dunque, che non sarebbe stato il candidato della ‘ndrina. Alla quale di conseguenza non avrebbe quindi nemmeno fatto favori. Altra circostanza: esponenti del clan Pelle si vantano, intercettati, si vantano di avere appoggiato anche lui? Nella zona controllata dalla famiglia, replica la difesa, Caridi prende solo 22 voti, molto meno di tanti altri candidati.

E via di questo passo, come nei rapporti con l’avvocato Paolo Romeo, considerato il vertice della cupola riservata: agli atti risultano solo due conversazioni di Caridi con lui ed entrambe sono di natura “squisitamente politica”. Inoltre a inizio 2014, quando in ballo c’è l’istituzione della città metropolitana di Reggio, lo stesso Romeo si lamenta al telefono della scarsa efficacia a Palazzo Madama del senatore, che nemmeno avverte degli emendamenti che presenta. Idem per la presunta richiesta, rivolta nel 2007 alla cosca Tegano, di individuare chi ha sparato contro il portone di casa della madre a scopo intimidatorio. Se è un dirigente della ‘ndrangheta, che necessità ne ha?

Tutti segni, secondo la difesa, del fumus persecutionis. Resta ora da vedere se Caridi riuscirà a convincere con le sue argomentazioni la Giunta delle immunità e poi i colleghi senatori, chiamati a votare sul suo arresto. Sempre ammesso che si faccia in tempo prima delle vacanze. E che la partita non venga piuttosto rimandata, con tutta calma, a settembre.