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La cattura di Zagaria ed il giallo della pendrive sparita, c’è la conferma sul poliziotto ‘infedele’

La cattura di Zagaria ed il giallo della pendrive sparita, c’è la conferma sul poliziotto ‘infedele’

Di Francesco Poziello – 31 luglio 2018

Era il 7 dicembre del 2011 quando fu individuato ed arrestato a Casapesenna il numero uno dei Casalesi: Michele Zagaria, detto “Capastorta”. La Squadra Mobile di Napoli e Caserta scovò il boss della camorra, dopo 15 anni di latitanza, all’interno di un bunker di cemento armato. Il nascondiglio era sotto l’abitazione della famiglia dell’idraulico Inquieto, in via Mascagni. Eseguirono l’arresto Angelo Morabito, dirigente della Squadra Mobile Casertana, e Alessandro Tarocco, dirigente della sezione di Casal di Principe. Contribuirono anche gli agenti della sezione criminalità organizzata della Squadra Mobile di Napoli.

La pendrive di Zagaria

All’interno del covo vi era una pendrive incastonata in un cuore a ciondolo di Swarovski, attaccata ad una catenina. La pendrive non è stata trovata all’atto della perquisizione. A metterlo nero sono i giudici del tribunale di Napoli Nord Domenica Miele, Debora Angela Ferrara e Maria Gabriella Iagulli. I giudici  – come riporta CasertaCe – hanno firmato le motivazioni della condanna del processo ‘Medea’. Il procedimento si concluse con 4 condanne (tra cui quella dell’ex senatore Udeur Tommaso Barbato) e tre assoluzioni. Tra i “non condannati” c’era anche Orlando Fontana di Casapesenna, fratello dell’imprenditore Pino (anche egli condannato). Orlando era accusato di essere stato il tramite tra la famiglia Zagaria e colui che ha fatto scomparire la pendrive dal covo di via Mascagni, in cambio di una somma di denaro.

La pendrive scomparsa

Per i giudici c’è stata, dunque, la certezza che la pendrive di Michele Zagaria sia scomparsa dal covo. I giudici hanno dunque ritenuto che i poliziotti abbiano sottratto la pennetta al momento della cattura. Parole che confermerebbero la tesi che ha portato la Procura ad aprire un’indagine proprio sul poliziotto Oscar Vesevo, uomo fidato dell’ex capo della Squadra Mobile di Napoli Vittorio Pisani. Alcune intercettazioni e testimonianze avrebbero confermato l’ipotesi. Come aggravante anche un colloquio tra Antonio Zagaria (fratello del boss) e la moglie, avvenuto nel carcere di Sulmona. Si parlava proprio della vicenda della pendrive e di una “visita” che proprio Vesevo avrebbe fatto da solo a casa della cognata del capo clan.

L’importanza della pendrive

Si ipotizza che Michele Zagaria abbia archiviato “notizie delicate” relative alla sua organizzazione criminale. Il caso della pendrive esplose nel luglio 2017 con l’operazione «Medea», che faceva luce sugli affari del clan Zagaria nel settore degli acquedotti e sui legami con politici e dirigenti regionali. Da alcune intercettazioni emergeva che Orlando Fontana, fratello dell’imprenditore Pino, aveva pagato 50.000 euro a un poliziotto per ottenere la penna. Una penna, sembrava, il cui contenuto doveva essere scottante per giustificare una cifra così alta. Ad alimentare illazioni e sospetti un’informativa del ROS dei carabinieri che descriveva i rapporti tra Vittorio Pisani ed i fratelli Fontana.

Il black-out

Ma i giudici non si fermano qui. E scrivono: “Anche il lungo periodo di black-out tra il penultimo e l’ultimo filmato visionato, oltre 20 minuti, in cui non è dato sapere cosa accadde nel corso della permanenza di circa 30 minuti dei poliziotti da soli col latitante, prima che scendessero il questore ed il procuratore della Repubblica, appaiono tutte circostante che possano aver favorito l’accordo (sempre che il tutto non fosse stato già pattuito prima, come contropartita in campo della cattura del latitante) o comunque, la sparizione del dispositivo elettronico”. Probabilmente la penna fu presa nell’appartamento sovrastante, dove abitava la famiglia Inquieto.

Il coinvolgimento della famiglia Inquieto

Per fare chiarezza su una vicenda tanto delicata sono stati svolti approfondimenti sia tecnici sia investigativi. È Rosaria Massa, moglie di Vincenzo Inquieto, a confermare, sia in un’intercettazione sia quando è stata sentita a verbale, l’esistenza di una pennetta a forma di cuore. Per la donna, la pennetta apparteneva alla figlia Daniela, cui era stata regalata dallo zio paterno. Era coperta di strass, agganciata a mo’ di ciondolo a una catenina e conteneva una tesina scolastica. Per i magistrati invece non si può dire con certezza, come vorrebbe la difesa, che la pennetta non fosse nel bunker.

Le parole di Rosaria

Secondo Rosaria Massa era in cucina, ma, a giudizio dei magistrati, non ci sono ancora elementi per affermare con certezza in quale computer sia stata inserita. Così Rosaria Massa racconta agli inquirenti del poliziotto che prese la pendrive: «Venne presa materialmente da uno dei poliziotti che stavano conducendo attivamente le operazioni della cattura e che era uno degli stretti collaboratori del dottor Pisani. Questo poliziotto, dopo aver preso in mano quella che sembrava essere una collana, cominciò a maneggiarla e si accorse che si trattava di una pendrive. Mi pare anche di ricordare che gli dissi che si trattava di una pennetta di mia figlia Daniela, ma lui non mi rispose e procedette a prendersela».

Fontana ed il coinvolgimento

Per i giudici, però, mancano le prove del coinvolgimento di Orlando Fontana nella vicenda, pur sottolineando come lo stesso avesse avuto “legami con la famiglia Zagaria, di parentela e frequentazione” e neanche i contatti che “Fontana aveva con la polizia, ed in particolare col dottore Pisani”. “Non sfugge – commentano i giudici – che Orlando Fontana poteva rappresentare, per tutti, l’uomo giusto al posto giusto. Sia per chi effettivamente ha operato la sottrazione della pennetta USB ed ha proposto lo scambio, e sia per chi, di converso, cercava un comodo capro espiatorio al quale addossare la responsabilità della vicenda, tenendo così tutelati e preservati gli effettivi partecipi della compravendita, che, forse, avevano un ruolo più importante e vitale per le vicende del clan, rispetto a quello di Orlando Fontana”.

 

fonte:https://internapoli.it/