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Juventus, Agnelli a commissione antimafia: “Stadio piccolo, favorito bagarinaggio”

La Repubblica, Giovedì 18 maggio 2017

Juventus, Agnelli a commissione antimafia: “Stadio piccolo, favorito bagarinaggio”
Il presidente bianconero ascoltato sui presunti rapporti con il mondo ultras legato alla ‘ndrangheta:  “Se io e i miei dipendenti avessimo saputo quanto emerso oggi, mai avremmo avuto rapporti con lui”

ROMA – Le infiltrazioni mafiose nella curva della Juventus, per il presidente Agnelli, hanno un (altro) responsabile: le forze dell’ordine. Lo lascia intendere più volte Andrea Agnelli, durante l’audizione in Commissione Antimafia. Ricordando prima di tutto che “A dialogare nella questione stadio siamo in tre e non due: gli ultrà parlano con società e forze dell’ordine. I club con ultrà e forze dell’ordine. Le forze dell’ordine con ultrà e club”. Una “triangolazione” che divide, nel discorso d’apertura del n.1 del club bianconero, le responsabilità sulla sicurezza, citando il Gos della questura che supervisiona la sicurezza allo stadio. Agnelli ammette: “Abbiamo gestito uno stadio sold out e commesso degli errori, ma mai, mai e mai avuto consapevolezza di avere a che fare con la criminalità organizzata. Gli organi dello stato non ci hanno informato”. Poi annuncia: “Ora le dotazioni di biglietti sono state eliminate”. E ai microfoni spiega: “Non è stata una leggerezza della Juve ma una leggerezza italiana”.

AGNELLI: “BAGARINAGGIO? STADIO TROPPO PICCOLO” – La domanda chiave la pone la presidente di commissione, Rosy Bindi: chiede come scongiurare altri casi Dominello, il presunto boss ‘ndranghetista a giudizio a Torino a cui la Juve aveva affidato la gestione di un’ampia fetta dei biglietti di curva. “Il fenomeno del bagarinaggio è colpa di uno stadio troppo piccolo, abbiamo il 95% di riempimento medio”, la sorprendente ammissione di Andrea Agnelli. “I bagarini sono attratti da eventi in cui la domanda è superiore all’oferta e questo accade regolarmente allo Juventus Stadium”.

COLPE DELLA QUESTURA E MODELLO INGLESE –
 Quello che segue, però, è una vera e propria chiamata in correità della questura e dunque dello Stato: “Io presidente – risponde Agnelli – voglio solo situazioni bianche o nere. Nessuna sfumatura, solo situazioni chiare. Il Gos di Torino prevede di non avere steward in quei settori più caldi lasciando libero spazio in quei settori, che per Gabrielli sono permeati al 27% dalla criminalità. Auspico all’interno degli stadi giudizi immediati come negli stadi inglesi. Noi come Juventus siamo pronti. Non capisco perché il Gos chieda di non presidiarli: presidiamoli. Da subito. Non possiamo permettere che ci sia terreno fertile. Per evitare situazioni dobbiamo evitare la fertilità di quei terreni. Andiamoci noi come Stato. il problema va gestito con federazione e leghe. Ma prego il ministero degli Interni di aprire un tavolo di dialogo”. Il tema della “triangolazione” e il fatto che nessuno abbia segnalato la figura di Dominello alla Juventus, spinge la Bindi a dire: “Credo dovremo ascoltare di nuovo il capo della polizia Gabrielli…”. Per capire dunque le eventuali responsabilità della Digos di Torino.
I CONTATTI CON GLI ULTRA’ – Agnelli firma di fatto la condanna del club nel processo sportivo fissato il prossimo 26 maggio, pur negando ancora di conoscere l’estrazione familiare di Dominello e dunque il rischio di un’infiltrazione mafiosa: “L’ho incontrato a Asti con centinaia di persone, una volta è venuto in sede e un’altra con i tifosi. Se avessimo saputo quello che è emerso, mai avremmo avuto rapporti con lui. Ma se nemmeno il questore me lo ha segnalato…”. Ma spiega che i dipendenti D’Angelo e Merulla “seguivano le mie direttive”. Bindi però non fa passare il concetto: “Quello che è successo dimostra che la sua direttiva non è stata seguita, altrimenti non si sarebbe verificato il bagarinaggio. Vi siete resi conto dove si è inceppata la macchina?”. “La mia direttiva – insiste Agnelli – era vendere il biglietto e non più regalarlo, e quella era osservata. Punto”. La presidente Bindi incalza: Ma voi dovete capire a chi vendete. Perché Dominello e Germani ne prendevano a centinaia? “Ogni decisione – ammette Agnelli – veniva presa per organizzare la gestione e dividere famiglie a est, ultrà a sud e biglietti premium a ovest. E questa attività ha lasciato una maglia aperta per le infiltrazioni. Ma ogni operazione era gestita con la questura. Il Dominello non era scelto da noi e non mi fido delle ricerche su google”. La commissione fa notare che sapere che Dominello ha un padre e un fratello condannato per mafia non è una ricerca che si fa su google. “Ma – insiste il presidente del club bianconero – per questo vi chiedo: se ho il sospetto di subire un’infiltrazione, mi dite a chi mi riferisco? Il passato non lo cambio, qui dobbiamo trovare soluzioni per il futuro”.

SCONTRO SUI BIGLIETTI – L’onorevole Di Lello chiede se i 70-100 biglietti concessi dal dirigente D’Angelo a titolo personale a Dominello rappresentino un’iniziativa individuale. Agnelli trasecola: “Alcuni rilievi colgono di sorpresa anche me. Ma D’Angelo e Merulla sono stati intercettati come me per mesi, sono entrati e usciti dalla procura come testimoni”. Ma Bindi si fa inflessibile: “La prima misura da eliminare è questa”. E Agnelli chiarisce: “Ora le dotazioni sono state eliminate”. Mentre due commissari Pd si scontrano, il 5stelle D’Uva graffia: “E’ curioso vedere come colleghi dello stesso partito discutano per la fede calcistica”. Ma la presidente Bindi replica divertita: “Immagino voi vi siate imposti di non avere fede calcistica…”, con chiaro riferimento alla direttive grilline.

STOCCATA A UVA – In conclusione, la soccata della presidente Bindi al direttore generale della Figc Michele Uva, che si era espresso con toni scettici sull’inchiesta: “Ora presidente agnelli può andare dal suo subcommissario Uva a dire che questi sono problemi seri. Eviti di dire il contrario”.