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JONNY | L’ascesa del clan di Roccelletta di Borgia

JONNY | L’ascesa del clan di Roccelletta di Borgia
La cosca Catarisano cresciuta sotto l’ala protettiva degli Arena di Isola nel racconto dei pentiti. Pulice testimone della “guerra” per accaparrarsi lavori pubblici ed estorsioni nell’area di Germaneto

Sabato, 20 Maggio 2017

LAMEZIA TERME Esiste un gruppo criminale che ha come centro attivo del proprio potere il territorio di Roccelletta di Borgia e qui opera «e nei territori limitrofi, sotto l’influenza delle locali di ‘ndrangheta di Cutro e Isola Capo Rizzuto, nell’alternanza dei rispettivi equilibri criminali». La cosca viene sinteticamente denominata Catarisano dal cognome di Leonardo Catarisano, detto Nando, considerato esponente di vertice del clan. È quanto emerge dal fermo dell’inchiesta “Jonny”, della Dda di Catanzaro, che lo scorso lunedì ha disarticolato, con 68 arresti, la cosca Arena di Isola Capo Rizzuto ponendo l’accento su come questa fosse riuscita a espandere il proprio potere sul capoluogo calabrese e i vicini comuni.
Le attività in cui la compagine criminale sarebbe impegnata sono illeciti in materia di armi «in particolare contro il patrimonio, in materia di armi, stupefacenti, estorsioni, nonché acquisire in modo diretto o indiretto, la gestione o comunque il controllo, di attività economiche, infiltrandosi nella relativa gestione nei diversi ambiti commerciali e imprenditoriali, anche nel settore i villaggi turistici e delle attività recettive, forniture per la realizzazione di opere pubbliche o private, forniture per servizi vari sul territorio». La storia dell’ascesa di questa cosca catanzarese legata agli Arena di Isola e ai Grande Aracri di Cutro non manca di episodi di violenza e soprusi. Una pagina di storia criminale giunta fino ai nostri giorni e ricostruita dai carabinieri del Nucleo investigativo di Catanzaro anche attraverso le testimonianze dei collaboratori di giustizia Raffaele Moscato, Gennaro Pulice e Santo Mirarchi.

BORGIA E LA GUERRA DI SANGUE Non è facile mollare il potere, neanche se lo si esercita in piccoli centri come Borgia o Vallefiorita. «Storicamente, il comune di Borgia ricadeva sotto l’influenza criminale di Antonino Giacobbe, classe 1920, che era coadiuvato nella sua attività criminale da Saverio Barbieri, alias “u tirannu”. Arrestati entrambi per omicidio nel 1975, ottennero la semilibertà nel 1989 ma questa circostanza – spiega il sostituto procurato della Dda Vincenzo Capomolla – «provocò una scissione della cosca di ‘ndrangheta poiché Giacobbe intendeva riassumerne la guida, mentre Virgilio La Cava – che durante la detenzione dei due aveva retto le sorti della cosca – si dimostrava riluttante a cedere la posizione che aveva acquisito, e da ciò seguiva una inquietante sequenza di omicidi». In un anno si contano otto omicidi compreso quello di Virgilio La Cava e suo figlio Antonio.
In questo contesto sanguinoso e violento era emersa la figura di Salvatore Pilò, ritenuto vicino alla cosca Arena, che aveva cementato il suo legame col vecchio Giacobbe grazie a matrimoni e vincoli di parentela. Questo causò però nuovi dissidi, questa volta interni alla cosca, legati soprattutto a divergenze col fedelissimo di Giacobbe, Barbieri “u tiranno”. Le armi riprendono a sparare e dal ’93 al ’98 riprende a scorrere il sangue a Borgia. Sei i morti che si contano in questi anni. Nel frattempo, all’interno del gruppo di Pilò emergono i nomi di Salvatore Abruzzo e Leonardo Catarisano «il quale, a seguito della sanguinosa faida scatenatesi tra Borgia e Roccelletta di Borgia, consumatasi negli anni 2000, come verrà successivamente esposto, assumeva la reggenza del sodalizio di Roccelletta di Borgia, come emerso dall’attività tecnica e dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, anche in virtù dei vincoli di parentela che lo legavano ai Pilò». A Nando Catarisano l’egemonia sul territorio spetterà solo al termine di un’altra sanguinosa faida con il gruppo dei Cossari, nel corso della quale esibirà un attentato mentre accompagna la figlia a scuola. Emerge così, incontrastato, il gruppo dei Catarisano e dei suoi sodali più fidati: Salvatore Abruzzo, di Francesco Gualtieri, Roberto Valeo detto “il Killerino” e Giuseppe Cosco.

MOSCATO Raffaele Moscato ha conosciuto Giuseppe Cosca e Roberto Valeo, in carcere a Frosinone. È stato in questa circostanza che ha avuto modo di venire a conoscenza di circostanze riguardanti la cosca Catarisano. «Nonostante il carattere schivo e lunatico di Valeo, – sintetizza il pm – Moscato e il suo sodale Rosario Battaglia, riuscivano ugualmente ad attirare le simpatie di Valeo il quale li stimava essendo a conoscenza dei loro trascorsi criminali e li riteneva come coloro che erano stati gli unici, nella Provincia di Vibo Valentia, ad opporsi allo strapotere della cosca Mancuso. In tale contesto, fra le altre cose, Moscato veniva portato a conoscenza di alcune dinamiche che riguardavano il gruppo di appartenenza di Valeo, sia relativamente alla sua composizione, sia relativamente alle problematiche insorte e che avevano investito lo stesso gruppo. In particolare, Valeo riferiva a Moscato della presenza nel gruppo di tale Salvatore che veniva indicato come il soggetto a capo del gruppo stesso; compito che gestiva in quanto soggetto intelligente e carismatico e che per tale motivo aveva un forte ascendente sullo stesso Valeo essendo, ad esempio, l’unico in grado di riportarlo alla ragione nel momento in cui lo stesso Valeo andava in escandescenza per qualsivoglia motivo. Fra gli altri componenti del gruppo al quale apparteneva, Valeo faceva riferimento a Giuseppe Cosca e a tale Francesco».

PULICE L’OMICIDIO DI ROSARIO PASSAFARO Della cosca dei Catarisano il collaboratore Gennaro Pulice racconta al pm Capomolla di avere appreso attraverso le parole di un rivale, Salvatore Cossari, rimasto successivamente vittima di omicidio il 31 maggio 2008. Non solo, nel corso dell’interrogatorio del 16 luglio 2015, Pulice si è autoaccusato dell’omicidio di Rosario Passafaro avvenuto a Borgia nel 2007. Passafaro faceva parte del gruppo di Pilò e mirava ad assumere il controllo delle principali attività illecite, dalle estorsioni al traffico di droga. Gennaro Pulice racconta che gli interessi delle cosche del luogo, in quel periodo erano incentrati sui lavori in corso nella zona di Germaneto.
Gli investigatori, infatti, rilevano che all’epoca erano stati realizzati «la costruzione del fabbricato viaggiatori della stazione nuova di Catanzaro in località Germaneto, con la realizzazione dei marciapiedi, pensiline, parcheggio, ecc., compresa la costruzione del nuovo viadotto di circa 180 metri sul torrente Corace per il collegamento con la strada provinciale per San Floro; realizzazione delle opere connesse alla viabilità di semplice binario non elettrificato della linea ferroviaria Lamezia Terme – Catanzaro Lido, in particolare del tratto Settingiano-Catanzaro Lido; realizzazione dei lavori di costruzione della E90 tratto SS106 Jonica, dallo svincolo di Squillace allo svincolo di Simeri Crichi e lavori di prolungamento della SS 280 dei Due Mari, dallo svincolo di Sansinato allo svincolo di Germaneto». Ma i malumori di Cossari nei confronti di Passafaro non erano tanto dovuti «dei proventi derivanti dalle estorsioni perpetrate in danno delle ditte appaltatrici dei lavori pubblici», quanto al fatto che il “rivale” venisse considerato «negli ambienti criminali quale referente della criminalità organizzata in Borgia».
La stessa consorteria a cui apparteneva Pulice, gli Iannazzo-Cannizzaro-Daponte, quando avevano qualche problema da risolvere si rivolgevano prima a Damiano Vallelunga, indiscusso boss di Serra San Bruno ucciso nel 2009, e questi «gli riferiva che in quella zona, Borgia e Roccelletta, dovevano fare riferimento a Rosario Passafaro». Dopo avere ricevuto l’assenso dalla propria cosca Pulice racconta di avere dato luogo all’omicidio. Nascosto in un’abitazione, che era in fase di costruzione da parte della impresa di Cossari, vicino all’azienda agricola della vittima, il killer, armato di un fucile calibro 12 caricato a pallettoni aspetta, nascosto, che Passafaro resti da solo. Lo ucciderà sulle scale di quella stessa casa in costruzione «sul pianerottolo della rampa-scalinata dello stabile, allorché era in procinto di scendere, poiché all’improvviso gli appariva frontalmente Rosario Passafaro che stava iniziando a salire la stessa scala, egli era costretto ad esplodergli contro due o tre colpi di fucile colpendo la vittima al capo». Per questo omicidio Pulice riceverà la somma di 35 mila euro. L’eliminazione di Passafaro non servirà a Salvatore Cossari per prendere potere e mettersi al riparo. Il boss verrà ucciso nel 2008 e l’ascesa della cosca dei Catarisano sarà inarrestabile.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

fonte:http://www.corrieredellacalabria.it