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“Iovine, il boss uno e trino” da L’Espresso

Iovine, il boss uno e trino

di Lirio Abbate

Il padrino campano arrestato a novembre 2010 dopo 15 anni di latitanza, è stato capace di dominare nella camorra, negli affari e nella pubblica amministrazione. A Napoli come a Roma. Ecco le nuove indagini sul clan dei Casalesi (30 novembre 2011) Sono la cassaforte della famiglia di Antonio Iovine: una galassia di imprenditori sparsi fra la Campania, il Lazio e la Toscana. Il forziere si apre ad ogni richiesta del figlio del boss. Come se fosse un bancomat. Al giovane Oreste Iovine, il primogenito del padrino casalese chiamato o’ Ninno, di volta in volta viene consegnata la somma che gli serve, da dieci a ventimila euro. Sia chiaro, non si tratta di estorsione o tangente, ma solo “un prelievo” da una delle tante imprese che Antonio Iovine ha fatto crescere con gli appalti pilotati: contratti scaturiti non solo dalla forza dell’intimidazione criminale ma soprattutto dalla complicità di politici che devono tutto al potentissimo boss casertano.

Per gli inquirenti queste imprese-bancomat di fatto sono nelle mani di Antonio Iovine, che risulta essere uno degli uomini più ricchi della Campania, finito in carcere a novembre 2010 dopo 15 anni di latitanza. Le inchieste dei pm napoletani Antonello Ardituro, Marco Del Gaudio e Catello Maresca in questi mesi hanno seguito le tracce di un impero economico sorretto da tre pilastri che uniscono camorra e politica: gli appalti, il business dei rifiuti e l’industria del cemento. La sua holding occulta, costruita imbracciando il kalashnikov, parte dai feudi di Casal di Principe, si estende nel Lazio, si impianta in Toscana, e arriva a inquinare l’economia legale di Emilia Romagna, Marche e Umbria: ha cercato persino di entrare nella ricostruzione dell’Abruzzo e sedere al tavolo della Cricca che si spartiva le grandi opere.

Iovine si è imposto nella gerarchia camorristica pistola alla mano: a vent’anni aveva già eseguito due omicidi. Ma poi si è affermato come regista di affari e carriere politiche: la sua ombra si è allungata su diversi sindaci del casertano, eletti con il suo sostegno. L’ultimo è stato arrestato due settimane fa.

Si chiama Enrico Fabozzi, 61 anni, con una lunga militanza nel Pci, eletto sindaco di Villa Literno e consigliere regionale nel Pd: è passato nel gruppo misto alcuni mesi fa quando ha cominciato a circolare la notizia della collaborazione con la giustizia di alcuni suoi vecchi amici camorristi. Nelle ultime regionali Fabozzi aveva segnato il record: 11.546 voti nel distretto casertano. Ora i pm lo accusano di aver stretto accordi con i clan per trionfare alle urne e favorire l’assegnazione delle commesse pubbliche. Un paradosso per l’ex comunista che sedeva nella commissione regionale d’inchiesta “anticamorra”, istituita “per la vigilanza e la difesa contro la criminalità organizzata”.

Ma le mafie campane hanno cambiato il modo di fare politica: non scendono più a patti con figure esterne, ma candidano direttamente i loro protetti a cui garantiscono la carriera. E poi li sfruttano per aumentare la forza economica del clan. Iovine è un modello di questa nuova realtà: durante la latitanza è diventato un boss “uno e trino”, capace di dominare nella camorra, negli affari e nella pubblica amministrazione. Perché – come scrivono i magistrati – questa “è la storia della provincia di Caserta del dopo tangentopoli e della seconda Repubblica, con l’affacciarsi sulla scena di imprenditori che si improvvisano politici e raccolgono consensi con il clientelismo ed il voto di scambio offerto dai casalesi, che a sua volta segna una seconda giovinezza nel passaggio generazionale”, dei nuovi clan che “mantengono il controllo del territorio con un progressivo inabissamento, passando dalle estorsioni violente agli appalti pilotati”.

Questo potere assoluto ha devastato una regione, trasformandola nella pattumiera d’Italia, con livelli siderali di disoccupazione giovanile. “E’ il risultato prodotto da politici come Fabozzi e da un imprenditore dei rifiuti che si occupa di appalti e fa politica come Ferraro”, l’ex consigliere regionale dell’Udeur, amico di Clemente Mastella, arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa, per il quale i pm hanno chiesto una condanna a 11 anni. Secondo gli inquirenti Ferraro si sarebbe accordato con i casalesi nella doppia veste di magnate delle discariche e leader di partito: una storia esemplare quella del consigliere regionale, che ha rischiato di diventare senatore, tanto da essere individuato come possibile interlocutore del ministro della Giustizia, “espresso dal suo stesso partito, l’Udeur, per la risoluzione di alcuni problemi dei boss”.

Fonte: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/iovine-il-boss-uno-e-trino/2167495/1111