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Intercettazioni, tra proteste ed incognita

Il giorno dopo l’approvazione al Senato del ddl intercettazioni massiccia protesta della carta stampata: la Repubblica lascia bianca la prima pagina, il Fatto e l’Unità si listano a lutto, quasi ovunque si leggono editoriali molto critici. Il Pd promette battaglia alla Camera e Bersani annuncia che la manifestazione del 19 sarà anche contro il provvedimento, de Magistris dell’IdV ne vorrebbe una apposita di tutte le opposizione. In vista del passaggio a Montecitorio, i finiani preannunciano che si batteranno su alcuni punti: ma fino a dove si spingeranno è incerto

L’Unità e il Fatto quotidiano si listano a lutto, la Repubblica esce con la prima pagina bianca, il manifesto si affida a un vignetta muta. Oltre a queste proteste “grafiche”, editoriali di fuoco: anche dalla Stampa (che lascia bianca la rubrica di Massimo Gramellini), dal Corriere della Sera, del Sole 24 Ore, persino dal Riformista che si è sempre contraddistinto per una linea più “garantista”. Comincia così, con la protesta della carta stampata, il giorno dopo l’approvazione del Senato del disegno di legge sulle intercettazioni.

L’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, intervistato da “Repubblica tv”, si dice “personalmente molto, molto preoccupato: è la democrazia che entra in sofferenza, che respira male”. Il vicesegretario del Partito democratico Enrico Letta promette “un Vietnam” alla Camera dei deputati, il segretario Pierluigi Bersani annuncia che la manifestazione del 19 sarà anche contro il ddl, e l’eurodeputato dell’Italia dei Valori Luigi de Magistris rilancia: “Perché non pensare ad una manifestazione unitaria di tutta l’opposizione del centrosinistra avversa a questo provvedimento?”.

Ora rimane solo la possibilità di cambiare il testo alla Camera, i finiani promettono che ci proveranno. Dopo Fabio Granata ieri, oggi è stata Flavia Perina a prometterlo e a elencare i punti su cui si batteranno: “Sicuramente non siamo soddisfatti del capitolo sui ‘reati spia’ (racket, estorsioni e traffico di rifiuti) e cercheremo di correggerlo alla Camera; di certo non vanno bene le multe agli editori o i limiti alle intercettazioni ambientali nel nome della ‘privacy dei mafiosi”. La Perina tuttavia rivendica: “Provo a ricordare che qualcosa lo abbiamo cambiato -aggiunge riferendosi ai risultati ottenuti dai finiani per modificare la legge- dai ‘gravi indizi di colpevolezza’ si è passati ai semplici ‘indizi di reato’; dal divieto assoluto di pubblicazione di atti si è arrivati al diritto, sempre e comunque, alla cronaca per riassunto degli atti; dalla retroattività alla non – retroattività della legge; dai 75 giorni e basta ai 75 giorni prorogabili. Potevamo far meglio? Forse. Abbiamo dovuto inghiottire il rospo? Certo, era nel conto come sempre quando si fa politica anziché populismo. La terza opzione era non far nulla e limitarci a far parlare gli intellettuali sui nostri siti, evitando di esporci in Parlamento. L’abbiamo scartata”. Ma il coordinatore del Pdl Ignazio La Russa ribadisce la volontà della maggioranza del partito di lasciare il testo così com’è, il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri lo definisce “equilibrato”.

Il punto è proprio qui: fino a dove si spingeranno i finiani? Se non ottenessero le modifiche che chiedono, farebbero passare ugualmente il testo del Senato? Circola l’ipotesi che, nel caso in cui prendesse corpo uno scenario del genere, voterebbero la fiducia al governo (che molto probabilmente verrà posta anche a Montecitorio) e si limiterebbero a votare contro il ddl, per marcare il dissenso. Di certo sulla linea dialogante di questi giorni molto ha influito la tregua siglata da Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi. Se il premier mantenesse le promesse fatte al presidente della Camera – in primo luogo “l’istituzionalizzazione” in seno al partito della componente di minoranza, in secondo la convocazione del congresso del Pdl – sarebbe molto difficile per Fini passare allo scontro frontale.

Andrea Scarchilli

(Tratto da Aprile online)