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Intercettazioni. Prosegue l’attacco alla Giustizia ed alla libertà di stampa

Intercettazioni, si marcia verso l’Aula

Mentre proseguono le iniziative di protesta contro il disegno di legge (in mattinata schierati contro i direttori dei principali quotidiani) prosegue il dibattito parlamentare. In tarda serata riunione della Commissione Giustizia del Senato: il Pdl vorrebbe chiudere subito per apportare eventuali modifiche soltanto in Aula, il Pd chiede i passi indietro subito. L’Italia dei Valori evoca il referendum

Rush finale al Senato per il ddl sulle intercettazioni. La Commissione Giustizia di Palazzo Madama si riunirà questa sera alle 21,15 per licenziare il testo in nottata e sarà una riunione dei capigruppo già domani a decidere poi l’approdo in aula del provvedimento. Intanto si allarga il fronte di chi chiede che il ddl venga ammorbidito: in campo non solo l’opposizione che annuncia pratiche ostruzionistiche e il ricorso all’Unione Europea, ma anche parte della maggioranza, a cominciare dalla componente finiana, la magistratura e il mondo dell’informazione. La Fnsi critica la “legge bavaglio” e ha organizzato una videoconferenza dal circolo della Stampa con i direttori dei principali quotidiani.

Da Palazzo Grazioli arriva un’apertura e il portavoce del premier e sottosegretario alla Presidenza, Paolo Bonaiuti, chiarisce che “le intese si possono trovare”. Il problema, spiega intervenendo a Canale 5, è quello “di non leggere più pagine e pagine di conversazioni personali che non distinguono tra ruoli e che soprattutto non riguardano profili di responsabilità penale”. Tuttavia, ribadisce Bonaiuti, “io sono abituato a volare con le ali delle colombe, non dei falchi. Quindi un’intesa si può trovare”. “Il Senato ha fatto un grosso passo indietro per quanto riguarda la libertà dei cittadini di essere informati – dice Gaetano Pecorella, parlamentare del Pdl, al Corriere – per questo ritengo che la formula adottata dalla Camera sia il punto di equilibrio cui tornare”. La stessa richiesta arriva da Italo Bocchino, deputato Pdl vicino a Gianfranco Fini, secondo cui è necessario “tornare all’equilibrato testo che fu varato dalla Camera”.

Nel testo approvato a Montecitorio nel giugno del 2008 si era trovato un equilibrio tra diritto di cronaca e diritto alla riservatezza consentendo la pubblicazione “per riassunto” degli atti fino alla fine delle indagini preliminari. La modifica venne apportata in extremis della finiana Giulia Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia della Camera. Il testo attuale, che l’omonima Commissione di Palazzo Madama esaminerà in tarda serata, chiuderebbe invece la porta a qualsiasi tipo di notizia divulgata – pena pesanti sanzioni, carcere compreso – prima della fine delle indagini preliminari.

L’opposizione attende che gli annunci della maggioranza diventino “fatti concreti” e ribadisce la propria contrarietà al ddl nella formulazione attuale. “Leggo che la maggioranza sarebbe disponibile a modificare il testo sulle intercettazioni – dice Anna Finocchiaro, capogruppo al Senato del Pd – vedremo che succederà e vedremo che cosa proporranno. Io so che finora in Commissione sono stati sordi a qualsiasi nostra proposta ragionevole di modifica e correzione. Il testo che stiamo discutendo per ora e’ una mistificazione”. L’auspicio di una modifica del provvedimento viene anche dal vice presidente del Csm, Nicola Mancino, secondo cui “c’è bisogno di rivedere una parte delle disposizioni, mi auguro che queste disposizioni siano rivedute e condivise. L’uso delle intercettazioni telefoniche come strumento di indagine – continua Mancino – deve essere regolato sulla base delle esigenze investigative, sulle quali l’autorità giudiziaria ha una competenza innegabile”. E sul tema interviene anche Luca di Montezemolo che apprezza l’apertura del ministro della Giustizia, Angelino Alfano e sottolinea che le intercettazioni restano “fondamentali per le indagini e per scoprire i reati”.

In attesa della seduta di stasera, i capogruppo del Pd e dell’Italia dei Valori prendono posizione. La democratica Silvia Della Monica vorrebbe le modifiche promesse subito, in commissione (ma il Popolo della libertà è intenzionato a chiudere il prima possibile per lavorare il testo, eventualmente, solo in Aula) e il dipietrista Luigi Li Gotti annuncia battaglia: se necessario, anche il referendum abrogativo.

La protesta, nel frattempo, continua. Dopo il sit – in piazza Montecitorio di venerdì, oggi il menù della mobilitazione permanente delle associazioni in prima linea a difesa della libertà di stampa (Articolo 21, Popolo Viola, Micromega e molte altre sigle e redazioni) ha messo in campo di mattina un’assemblea pubblica per spiegare ai cittadini le ragioni del “no al bavaglio”, leit motive e sigla di ogni iniziativa. E poi, nel pomeriggio, con videoconferenza in collegamento Milano – Roma un forum plenario con i direttori di tutti i quotidiani nazionali più venduti nel Paese: prime firme solitamente di diverso orientamento (da Feltri a Belpietro, a Mauro, Calabresi, De Bortoli, De Gregorio) ma pronte oggi a mobilitarsi insieme contro il ddl.

Ha detto su quest’ultima iniziativa il presidente della Fnsi Roberto Natale, che il “plenum dei direttori” ha organizzato e promosso: “Vogliamo dimostrare il consenso largo che questa protesta ha nella nostra categoria, insieme a quella di editori, magistrati e politici. Mettiamo a confronto – ha spiegato a Sky Tg 24 Natale – i direttori dei più diversi orientamenti politici, accomunati dalla convinzione che questo testo colpisce i diritti dei cittadini e quello a informare e va fermato”.

Ad infiammare la platea dell’assemblea al Teatro dell’Angelo questa mattina, è stato soprattutto l’ex Garante Privacy Stefano Rodotà. “Se non ci fossero state queste iniziative di mobilitazione dell’opinione pubblica – sottolinea l’ex Garante a Sky tg24 – ci sarebbero state molto minori attenzioni e disponibilità da parte di maggioranza e governo. Così come la stessa opposizione che questa volta, va detto, sta facendo benissimo il suo mestiere è confortata e rafforzata dal consenso trasversale e radicato nella società civile. In Italia su questo tema si assiste finalmente ad un risveglio civile dettato dalla consapevolezza del rischio che stiamo correndo”.

Ha detto il direttore di Repubblica Ezio Mauro: “I problemi di democrazia gravi non sono tanto le multe a giornalisti ed editori. Ma il fatto che ad essere in gioco è la libertà di informare e dei cittadini di essere informati. Che questa legge annulla e che per questa ragione non può restare in piedi”. “L’Italia – ha fatto eco la direttore dell’Unità Concita De Gregorio – sta diventando il Paese più corrotto d’Europa. Se noi smetteremo per legge di informare ed essere informati sulle inchieste sulla corruzione e su tanti altri eventi di pubblico interesse, non si risolverà la corruzione o gli altri problemi che le inchieste fanno emergere. Sparirà solo il diritto di raccontarli. E poi L’Italia ha problemi spaventosi di crescita, disoccupazione, povertà, crisi economica. Come è possibile che la priorità del Parlamento sia la disciplina più restrittiva delle intercettazioni da approvare di corsa”?

Francesco Scommi

(Tratto da Aprile online)