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Intercettazioni: Giustizia in pericolo

Intercettazioni, inizia la battaglia

La presidente Giulia Bongiorno presenta alla Camera il ddl approvato in Commissione giustizia. Per il Pd e l’Idv è l’affossamento definitivo dello strumento d’indagine e un attacco grave alla stampa. Manifestano i giornalisti e gli editori

Approda alla Camera dei deputati il disegno di legge sulle intercettazioni. Frutto di estenuanti trattative all’interno della maggioranza, il provvedimento ha percorso un iter travagliato in Commissione giustizia, dove diversi esponenti del Popolo della libertà hanno manifestato, a più riprese, delle perplessità. A comporre la quadratura del cerchio ci ha pensato la presidente della Commissione, quella Giulia Bongiorno già avvocato di Giulio Andreotti, che oggi ha presentato il ddl all’Aula. Il Partito democratico e l’Italia dei valori lo bocciano su tutta la linea, e proseguiranno in Assemblea la stessa battaglia ingaggiata sinora. L’Udc, pur desiderosa di migliorare il testo in un paio di punti, è invece disponibile ad approvare la riforma.

Secondo la Bongiorno le intercettazioni telefoniche rappresentano, per i magistrati, “uno strumento di indagine in molti casi insostituibile; pertanto, procedere alla riforma per limitare il ricorso alle intercettazioni non deve significare depotenziare questo strumento di indagine, ma eliminare gli eccessi e gli abusi”. Secondo Pd e Idv si è andati oltre e, con il pretesto di perseguire questi obiettivi si è affossato lo strumento (il pubblico ministero per ottenere l’autorizzazione a intercettare deve far riscontrare, a carico del soggetto da controllare, “gravi indizi di colpevolezza”, la stessa formula necessaria a consentire le misure cautelari) e, per di più, si è messo il bavaglio alla stampa, punendo con il carcere i giornalisti che diffondono conversazioni che la legge vorrebbe riservate.

Nel dettaglio, oltre alla radicale modifica della procedura di autorizzazione, il provvedimento governativo prevede un tetto di spesa per le intercettazioni, stabilito annualmente e ripartito per ciascun distretto della Corte di appello dal ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura. C’è poi il limite temporale dei trenta giorni, prorogabile per ulteriori quindici.

Ancora: i verbali ed i supporti delle registrazioni saranno custoditi in un archivio riservato tenuto presso l’ufficio del pubblico ministero che ha richiesto al tribunale l’autorizzazione a disporre l’intercettazione, con divieto di allegazione anche parziale al fascicolo di indagine. Al termine dell’operazione, il tribunale, in un’apposita udienza, provvede a selezionare le intercettazioni rilevanti utilizzabili nel procedimento.
Per combattere il fenomeno della divulgazione di notizie in corso di indagine, è stata poi ampliata notevolmente la sfera del segreto, prevedendo che oggetto del segreto siano non soltanto gli atti, ma anche le attività di indagine. Secondo la Federazione nazionale della stampa, questa norma in particolare cancellerebbe, di fatto, la possibilità di fare cronaca giudiziaria. Per domani (martedì) mattina è stata indetta dai giornalisti e dagli editori una manifestazione di protesta, proprio nella sede della Fnsi.

Un emendamento presentato da Deborah Bergamini (Pdl), coinvolta nella vicenda delle intercettazioni Rai, ha introdotto una nuova fattispecie penale nel caso in cui la pubblicazione riguardi intercettazioni irrilevanti delle quali sia stata disposta la distruzione. L’ambito di operatività dell’emendamento non si riferisce a intercettazioni che hanno rilievo per il processo, ma a quelle che dovevano essere distrutte. La Bongiorno, tuttavia, ha sollecitato un sessione di dibattito apposita sul diritto di cronaca.

Il Pdl, a quanto pare, non è intenzionato a muoversi di una virgola dal tormentato compromesso trovato in mesi e mesi di aggiustamenti. L’azzurro Enrico Costa, capogruppo in commissione del Pdl, profetizza: “Sulle intercettazioni c’è una larga intesa in maggioranza che il Parlamento confermerà”. Forza Italia, del resto, ritiene di avere già concesso abbastanza agli alleati. La strategia iniziale infatti era quella di dare un colpo di accetta deciso alla lista di reati intercettabili poi, davanti alle proteste di Lega nord e An, si è deciso di agire sui presupposti.

Il Pd attacca con la capogruppo in Commissione, Donatella Ferranti: “Non è un caso che la maggioranza abbia portato in Aula questo provvedimento ‘allo scader del mese’ per poter usufruire di quella norma del regolamento della Camera che consente il contingentamento il mese successivo. Tradotto: il governo e la maggioranza non vogliono discutere, non vogliono aprire alcun dibattito in Parlamento per evitare di mostrate in Aula le proprie divisioni e l’assoluta incoerenza di un provvedimento che in nome di una apparente tutela della riservatezza impedisce l’accertamento dei reati e l’individuazione dei colpevoli”.

La Ferranti aggiunge: “Si faceva prima a dire che certe indagini non si possono fare. Si faceva prima a seguire la linea di Berlusconi che è contrario a priori alle intercettazioni e le vuole eliminare. Invece il Governo non ne ha avuto il coraggio e ha creato un sistema di norme macchinoso che però, di fatto, arriva allo stesso risultato ponendo pesanti limitazioni all’uso di questo importante strumento di ricerca della prova. E’ un grave attacco a valori essenziali del nostro sistema democratico: dalla effettiva repressione dei reati, alla compressione della libertà di stampa, alla sicurezza dei cittadini”.

Il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, annuncia una battaglia fatta di due pregiudiziali, di merito e di costituzionalità, perché, dice l’ex pm, “riteniamo che il ddl del governo costituisca un intralcio decisivo per lo svolgimento delle indagini penali, e ciò avviene proprio nel momento in cui l’allarme sociale per alcuni fenomenali delinquenziali è altissimo. Si pensi ai ripetuti casi di violenza sessuale, di pedofila e di traffico di stupefacenti. Il ddl, insomma, è un palese regalo alla criminalità organizzata e comune, una rinuncia alla lotta alla delinquenza”. Sulle norme che limitano la libertà di manovra dei giornalisti, Di Pietro dice che “riteniamo che, oscurare l’informazione e minacciare pesantemente i giornalisti con ammonimenti e sanzioni, determini il buio della democrazia, come accade nei regimi autoritari”.

Aperta l’Udc, pur manifestando perplessità. Dice il deputato centrista, e membro della Commissione giustizia, Roberto Rao: “I gravi indizi di colpevolezza e il carcere per chi ne pubblica i contenuti restano al momento i due principali nodi da sciogliere. Ci auguriamo che il governo, dopo aver dimostrato di non voler chiudere le porte al dialogo, non blindi il ddl, ma consenta alle opposizioni di proporre le modifiche necessarie per giungere ad un testo condiviso ed equilibrato”.

(tratto da www.aprileonline.info)