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Ingiustizia è fatta. Si colpisce sempre la povera gente e si privilegiano caste e mafie

Nel Paese più diseguale d’ Europa si fa cassa ancora una volta su lavoratori, pensionati, welfare, enti locali. Per le famiglie un conto da quasi duemila euro al mese. E il Sud pagherà il doppio. Mentre evasori e possidenti continuano a spassarsela

Grandi patrimoni mai visitati dal fisco. L’ evasione che raggiunge il 17 per cento del Pil del Paese. I capital gain tassati al 12, 5 per cento, contro una media Europea del 20. L’ Italia è una terra per ricchi: l’ 1 per cento delle famiglie possiede il 15 per cento della ricchezza, il doppio che in Francia e Germania. E poi le imprese che agiscono in settori protetti, le concessioni a prezzi stracciati per grandi operatori monopolistici privati (un caso su tutti: Autostrade per l’ Italia, graziata in extremis dalla manovra). L’ obiettivo di Tremonti era ridurre il deficit, giungere entro il 2014 al pareggio di bilancio, calmare le ire dei mercati internazionali. Che hanno potuto attaccare l’ Italia, come fatto con Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo, grazie all’ incapacità di Bruxelles di fare la sua parte, difendendo dalle turbolenze i suoi membri. Anzi, l’ Ue ci ha messo del suo per aggravare la situazione, costringendo tutti i Paesi a rocamboleschi rientri dal deficit pubblico. Nel Paese più diseguale d’ Europa, quello con le tasse più alte sul lavoro e più basse sulle rendite, ci voleva poco a tagliare. Bastava colpire i privilegi. Non solo quelli dei parlamentari, senz’ altro indigesti ma che costano solo poche centinaia di milioni. Ma quelli dei grandi ricchi. I tanti, facoltosi, improduttivi, spesso illegali, rentier del Belpaese. Un gioco da ragazzi, una miniera d’ oro ancora vergine, da cui lo Stato non ha mai attinto negli ultimi 30anni.

Nulla, invece. Neppure sotto la pistola puntata della crisi internazionale il governo ha usato non tanto un senso di giustizia, me neppure il semplice buon senso, che è anche più a buon mercato. E il ministro che si vanta di essere l’ unica sponda credibile per i mercati internazionali ha tirato fuori dal cappello la solita minestra riscaldata. Indigesta, va da sé. Tagli lineari, come sempre. Senza alcuna scelta tra spesa utile e improduttiva. Stangata su pensioni e salari. Blocco dei contratti nel pubblico impiego. Riduzione dei trasferimenti a Regioni ed Enti locali. Ben indirizzati dai leghisti verso i “ meno virtuosi” cioè verso il Sud. E ancora: ritorna il ticket sanitario, che pesa maggiormente sui più deboli. Ma specialmente si prospetta, negli anni 2013-2014, una aumento delle tasse di 24 miliardi. Un taglio del 5 per cento nel primo anno, poi del 20 per cento nel secondo, alle agevolazioni fiscali. Come si vede nella tabella pubblicata qui accanto, si tratta di un calderone di provvedimenti fiscali, di riduzioni e sgravi dedicate a particolari categorie di contribuenti che costano allo Stato ogni anno, in totale, ben 160 miliardi di euro. Dentro ci sta un po’ di tutto, dalle erogazioni ai partiti politici e alle associazioni sportive dilettantistiche alle detrazioni per chi ha un mutuo o paga l’ affitto, passando per l’ Iva agevolata per i beni di prima necessità. Proprio di tutto: accanto ai benefici destinati ai disabili, ci sono quelli per i fondi immobiliari quotati in borsa (1, 5 milioni l’ anno “ regalati” a 58 fondi immobiliari), per i poveri notai (137 di loro intascano ogni anno quasi seimila euro di agevolazioni sull’ indennità pensionistica) e agli sfortunati petrolieri (mezzo milione di euro ogni anno destinati a 120 imprese del settore). Aiuti ai ricchi e aiuti ai poveri, dunque. E il buon Tremonti che fa, per intervenire su questa giungla? Taglia tutto di un quarto. A meno che il governo non riesca nella mission impossible di fare veramente un riforma del fisco e dell’ assistenza, mai realmente discussa neppure nel Consiglio dei ministri. Disabili e petrolieri, affittuari e notai. La gran parte del conto, però, sarà pagata ancora una volta dai meno fortunati. Perché sui 160 miliardi di agevolazioni buona parte riguarda la casa (9 miliardi), le famiglie (21 miliardi), il lavoro (56 miliardi) o l’ Iva, cioè i consumi (38 miliardi). La conseguenza, per la Cgil, sarà una riduzione del reddito dei lavoratori e dei pensionati compreso tra 1.200 e 1.800 euro al mese.

«È una manovra contro la crescita», spiega Danilo Barbi, segretario nazionale della Cgil con delega alle politiche economiche. «Il risultato sarà una calo annuale della crescita pari allo 0, 8-0, 9 per cento. Siccome l’ Italia cresce a stento dell’ 1 per cento, vuol dire che entreremo in una fase di stagnazione. Non si tassano le grandi ricchezze in un Paese dove 240mila famiglie (su 24 milioni) hanno una ricchezza di 1.300 miliardi (su 8.500 miliardi di ricchezza complessiva) », spiega Barbi. I tagli, invece, sono tutti sul lavoro: «Con la riduzione delle detrazioni sul reddito da lavoro si esce fuori dai dettami costituzionali, che dicono che ognuno deve pagare in relazione alla sua capacità effettiva», aggiunge il sindacalista. «Per fortuna la manovra sortirà i suoi effetti più gravi a partire dal 2012. Siamo ancora in tempo per cambiarla. Ma questo impone anche una rimessa in discussione dei parametri di rientro dal debito imposti dall’ Europa, sbagliati e fallimentari».

Se a questo si aggiunge la riduzione del welfare, che è vero e proprio reddito indiretto specie per le famiglie meno abbienti, il quadro è completo. Secondo uno studio di Legautonomie, gli Enti locali e le Regioni contribuiranno alla manovra di Tremonti (che complessivamente vale intorno agli 80 miliardi in 4 anni) per circa il 25 per cento. «Eppure – spiega Loreto Del Cimmuto, direttore di Legautonomie -, il comparto pesa sul complesso del deficit pubblico per il 10, 2 per cento, sul debito per il 6 per cento». Comuni, Province e Regioni, cioè, fanno un decimo del debito, ma pagano un quarto della manovra, circa 15 miliardi, a cui aggiungere i 7, 5 di taglio alla sanità. La conseguenza? «La prima sarà un aumento delle tariffe su trasporti, asili nido, tassa sui rifiuti. Poi aumenteranno le addizionali Irpef. Diminuiranno le spese per i servizi, e molti dovranno vendere le aziende municipalizzate. Quindi saranno drasticamente tagliati i servizi sociali: infanzia, non autosufficienza, disagio familiare, affitti». I comuni gestiscono infatti proprio il welfare più delicato, quello che riguarda la marginalità sociale.

Al Sud il taglio sarà ancora più duro. La Lega ha preteso di inserire nella manovra 10 criteri di “ virtuosità” , in base ai quali i comuni più “ bravi” non subiranno tagli. Secondo le camicie verdi, sulla base dei criteri formulati proprio dal Carroccio, il 62, 5 per cento dei comuni dei Nord risulterebbero virtuosi, contro solo il 30 per cento del Sud. Tra i virtuosi, secondo una simulazione dell’ Anci, entrerebbe anche il comune di Parma, finito in uno scandalo per il buco di bilancio e sanzionato anche dalla Corte dei Conti. «Il problema è come si favorisce la virtù degli enti locali», spiega Federico Pica, tra i massimi esperti di Federalismo, consigliere della Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’ industria nel Mezzogiorno) e docente all’ università Federico II di Napoli. «Perché il rischio è che chi è ricco sia anche bello e virtuoso. Ricordiamoci che il divario nelle risorse dei Comuni tra Nord e Sud può raggiungere anche il 20-30 per cento. E se i comuni del Sud hanno meno denari, hanno minori margini per essere virtuosi». Una situazione che rischia di aggravare un trend molto pericoloso: «Secondo i nostri dati, se la ripresa al Nord è debole, al Sud è inesistente. E i fondi strutturali spesso nel Mezzogiorno vengono utilizzati per coprire la riduzione della spesa ordinaria», spiega Luca Bianchi, vicedirettore della Svimez, che a fine mese presenterà l’ anteprima del suo rapporto sul Mezzogiorno. Tra le tasse di Tremonti, d’ altronde, c’ è anche un balzello nascosto. Quello che il Paese paga alla Lega.

Manuele Bonaccorsi
(Tratto da Left Avvenimenti)