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Informazione e mafie. Un “cono d’ombra” nel sud pontino. Quali le cause e quali gli obiettivi?

LE MAFIE E LA CARENZA DI UN ‘INFORMAZIONE
ADEGUATA IN PROVINCIA DI LATINA…
“UN CONO D’ OMBRA”, LA DEFINISCE GRAZIELLA DI
MAMBRO, L’ACUTA VICE DIRETTRICE DEL
“QUOTIDIANO DI LATINA”, L’AVANZATA… VOLUTA
DELLA LINEA DELLA PALMA LA
DEFINIAMO, INVECE, NOI…
Graziella Di Mambro ha posto acutamente il problema e noi gliene
siamo grati.
Ella ha parlato dei “silenzi “che caratterizzano tutto il fenomeno
del radicamento mafioso nel basso Lazio e, in particolare, in
provincia di Latina.
Ne stiamo parlando da anni e dobbiamo dare atto, per onestà
intellettuale, che solo nei giornalisti dell’ex “Latina Oggi” –
l’attuale Quotidiano di Latina”, il giornale appunto di Sandro
Panigutti e di Graziella Di Mambro – abbiamo trovato quelle
completezza e correttezza dell’informazione in materia che
dovrebbero, invece, rappresentare il distintivo di ogni organo di
stampa serio.
Concordiamo con Graziella quando ella parla di un “cono
d’ombra” che tende ad oscurare tutte le notizie che riguardano la
presenza e le attività mafiose in provincia di Latina, quando, al
contrario, ci si comporta diversamente con altre aree geografiche.
La questione non è nuova e non riguarda solamente il mondo
dell’informazione in quanto, purtroppo, essa investe anche settori
importanti, oltre che della politica, soprattutto delle istituzioni
locali.
C’è una specificità tutta pontina che caratterizza quell’area rispetto
alle restanti laziali, compreso il frosinate, anche per quanto attiene
alla qualità degli apparati dello Stato.
Escludendo Roma – dove, essendo la Capitale, si concentra tutto il
fior fiore dell’intelligence, – in tutte le altre province non abbiamo
rilevato che raramente quelle criticità, quelle carenze così vistose e
quasi sistematiche che si lamentano in provincia di Latina, quasi ad
indicare una volontà di dirottare altrove tutte le professionalità ed
esperienze che sarebbero necessarie, diremmo vitali, in un
territorio di camorra e ‘ndrangheta qual’è appunto la provincia di
pontina.
Tolta la breve parentesi della gestione Frattasi, in provincia di
Latina, ad esempio, non si sono mai avuti altri Prefetti che abbiano
brillato sul piano dell’azione di contrasto delle mafie.
Nè nel passato remoto ci sono state presenze di investigatori del
livello, come a Frosinone, dei Colonnelli Salato e Piccinini della
Guardia di Finanza o di un Menga dei Carabinieri.
Per non parlare della vecchia Procura della Repubblica dalla quale
si attendeva un’attenzione particolare al fenomeno dell’invasione
mafiosa, attenzione che, purtroppo, è mancata ed oggi i cittadini
pontini scontano le conseguenze.
Solo imperizia, quindi, o un disegno di menti raffinate che hanno
messo sù un impianto inadeguato e tale da consentire l'”avanzata
della palma” di cui parlavamo all’inizio?
Francamente non sappiamo rispondere e vorremmo tanto che
qualcuno ci aiutasse a capire, ammesso che ci sia la volontà.
Da giovani ed in un ambito esclusivamente politico, diverso
quindi da quello attuale, chi scrive tentò di darsi una risposta di
fronte ad un processo di” meridionalizzazione” che le classi
dirigenti già allora stavano portando avanti per quanto riguardava
il futuro del territorio pontino.
E, forse, la risposta giusta era proprio quella e, cioé, che un gruppo
grigio di poteri vari, alleati fra di essi, stava lavorando da tempo per
assoggettare l’area pontina – un’area ricca e dalle prospettive
suggestive, ma frammentata e con storie, culture e tradizioni
diverse e, quindi, senza un retroterra culturale e sociale e un
collante tali da costituire un ostacolo al perseguimento di fini
speculativi – ad interessi particolari ed affatto generali.
Era il periodo dei finanziamenti miliardari a pioggia e senza
alcuna programmazione della Cassa per il Mezzogiorno per la
provincia di Latina che già allora era considerata parte del Sud
del Paese.
Il fenomeno va visto ed analizzato in tutta la sua complessità ed
interezza, partendo, peraltro, dalle origini e non guardando ad un
solo aspetto.
I silenzi sull’invasione mafiosa, come la scarsa qualità delle classi
dirigenti e tutti gli altri fenomeni connessi, sono la conseguenza di
imperizia, di acquiescenza ai voleri di alcuni o che altro?

 

Lazio, informazione e mafie: un “cono d’ombra” sulle notizie del sud Pontino

Una sparatoria a Latina non vale quanto una a Roma o Milano. E la camorra che avanza in
tutta la provincia sta nei titoli di coda dei tg nazionali, quando va bene. O nei riassunti dei media nazionali, quando è inevitabile perché viene intercettato un chilo di tritolo destinato a far saltare un’azienda di Fondi…..[continua]
Il Quotidiano, Martedì 26 agosto 2014
Lazio, informazione e mafie: un “cono d’ombra” sulle notizie del sud Pontino
di Graziella Di Mambro
Una sparatoria a Latina non vale quanto una a Roma o Milano. E la camorra che avanza in tutta la provincia sta nei titoli di coda dei tg nazionali, quando va bene. O nei riassunti dei media nazionali, quando è inevitabile perché viene intercettato un chilo di tritolo destinato a far saltare un’azienda di Fondi. Un cono d’ombra avvolge l’agro pontino, impedisce alle notizie del sud del Lazio di avere diritto di cittadinanza sui mass media nazionali. Gli unici – diciamolo – che possono far cambiare l’attenzione della politica e del Paese verso i territori e accendere i riflettori su emergenze troppo a lungo trascurate. C’è in fondo qualcosa che rende queste notizie prigioniere di stereotipi storici e geografici, ancora oggi che ha mostrato le sue fragilità di ordine pubblico e sociale.
Escalation di violenza che “non fa” notizia. Se nel capoluogo, una città di 120mila abitanti, avvengono tre attentati in 72 ore e questo non “fa notizia” neppure per la Tgr del Lazio, allora c’è qualcosa di più profondo che pone Latina ai margini nonostante la sua storia recente, piena zeppa di prove di un’escalation criminale che non nascondono più neppure i negazionisti più incalliti. Se scrivi Latina, leggi «caso Fondi», al massimo «processo Sfinge», il nomignolo di Rosaria Schiavone che dominava tra Cisterna e Nettuno. E nel frattempo, l’intera rete degli impianti di produzione del fotovoltaico sui Lepini (luogo tranquillo) è stata letteralmente distrutta da tre attentati dolosi in un mese; l’ingresso di Terracina è costellato di immondizia come l’ingresso dell’agro aversano; a Latina si spara in pieno pomeriggio; ad Aprilia si sta costruendo un numero di appartamenti pari al triplo delle necessità reali e nessuno sa da dove arrivano i capitali; a Minturno il Comune non vuole le ville abusive confiscate ad una società che era stata autorizzata dalla stessa amministrazione in carica oggi; a Formia è accertato dalla Procura che un consigliere ha fatto gli interessi della famiglia Bardellino… Si potrebbe continuare all’infinito e non trovare quasi nulla di tutto questo sui media nazionali. E forse è tutta colpa della Storia romantica e suadente che accompagna questa provincia? Per cui chi ne scrive è tutt’ora affascinato e legato all’immagine languida e felice di questa terra? Sabaudia è sempre la spiaggia delle dune frequentata da Alberto Moravia, San Felice sempre il borgo amato da Anna Magnani, Aprilia la terra del kiwi, Terracina il luogo delle vacanze di Aldo Moro e Formia il lungomare dell’esilio di Antonio Gramsci e Ventotene l’isola dove è stata scritta la prima vera carta per l’Europa.
La cartolina sempre uguale a se stessa. Nel 90% dei (pochi) articoli di respiro nazionale dedicati a Latina c’è tutto questo con un riferimento, sempre disponibile, per la «città nera fondata da Mussolini». In questo modo, sarà sempre difficile capire che oltre ai canali realizzati da Benito Mussolini a Latina hanno costruito una discarica di 50 ettari che ha già
inquinato, è certificato, le falde tra Aprilia e Pontinia. E che a Sabaudia ci sono 19mila abitanti, circa altrettanti turisti nelle seconde case ad agosto e 15mila indiani che vivono in condizioni di semischiavitù per raccogliere le zucchine che vanno sui mercati di mezza europa. E che a Terracina il clan Licciardi si è fatto strada insieme ai Mallardo nel commerci e che, probabilmente, se Aldo Moro andasse ancora lì in vacanza lo denuncerebbe. E che il Mof è della Regione Lazio ma la stessa Regione lo ha lasciato senza i soldi per pagare le ditte di pulizie figurarsi se si può accorgere e andare a denunciare alla tv nazionale che i clan vogliono far saltare in aria le aziende associate con la dinamite. Questo volto della provincia di Latina, così diverso dall’immagine tradizionale ancora coltivata in tanti pezzi, è il grande «buco» dell’informazione nazionale. A pochi passi dalla Capitale, sempre al centro delle cronache di Tg e giornali. Perché non vogliamo vedere e raccontare?