Inchiesta sull’ex procuratore di Taranto: accordi corruttivi e lobbying per la nomina
17 Giugno 2021
Stefania De Cristofaro
DOSSIER CAPRISTO & ILVA (seconda parte)
Il gip di Potenza ha ricostruito la ragnatela attorno all’ex magistrato Carlo Maria Capristo: a conclusione dell’incarico a Trani accetta il contributo dell’avvocato siciliano Piero Amara, già consulente Eni, per raccomandare il suo nome in cambio dello stabile asservimento agli interessi personali del legale interessato a incarichi conferiti da Ilva in Amministrazione straordinaria. Relation man del professionista è considerato il poliziotto Filippo Paradiso che si attiva su piani politici, giudiziari e imprenditoriali. Ricostruito anche il cosiddetto complotto Eni ai danni di De Scalzi. La procura precisa: Nessuna indagine sulla liceità della condotta di alcuni componenti del Csm
di Stefania De Cristofaro
TARANTO – Lobbing per la nomina di Carlo Maria Capristo a procuratore capo di Taranto. Una ragnatela corruttiva, secondo l’accusa, imbastita per aspirazioni di carriera già dal 2015, in vista della scadenza degli 8 anni di dirigenza dell’ufficio requirente di Trani, arrivati al capolinea nel 2016.
I RETROSCENA DELL’INCHIESTA CHE RUOTA ATTORNO ALL’EX MAGISTRATO
Capristo, che è stato a capo della procura di Trani dal 2008, subito dopo è passato a Taranto e qui si è occupato anche dell’inchiesta sull’ex Ilva e sul disastro ambientale provocato dalla gestione dello stabilimento nel periodo in cui la proprietà era della famiglia Riva, affermato alla fine dello scorso mese di maggio dalla Corte d’Assise con condanne nei confronti dei principali imputati. Nel capoluogo ionico è rimasto fino al 16 luglio 2020.
L’inchiesta coordinata dalla procura di Potenza è un approfondimento di quella che, nel frattempo, è sfociata nel processo con l’accusa di tentata concussione a carico di Capristo, finito ai domiciliari dal 19 maggio al 20 agosto 2020 dopo la denuncia presentata nei suoi confronti dalla pm di Trani, Silvia Curione. Accusa che l’ex magistrato (è in pensione) ha sempre respinto.
In questo troncone sono ricostruiti i contatti fra Capristo e l’avvocato siciliano Piero Amara, finito in carcere l’8 giugno scorso assieme al poliziotto Filippo Paradiso nativo di Matera: sono ritenuti i soggetti attivi del rapporto corruttivo con Capristo, per il quale il gip ha disposto l’obbligo di dimora nella città di residenza, rigettando la richiesta di domiciliari avanzata dai pm.
LA FINE DELL’INCARICO A CAPO DELLA PROCURA DI TRANI E L’INIZIO DEI CONTATTI CON AMARA
L’inizio della storia, come si legge nel provvedimento del giudice per le indagini preliminari Antonello Amodeo, è da collocare quando Capristo si attiva per ricoprire un altro incarico direttivo, dopo aver proposto domanda come capo della procura di Bari. E’ in tale contesto che Capristo “accettava indebitamente il fattivo contributo di Amara nello sponsorizzare e raccomandare la sua nomina quale dirigente di uffici requirenti per i quali aveva proposto domanda”. C’erano state quelle per i posti da procuratore generale di Firenze e Perugia e non solo Taranto. Questa sponsorizzazione si riferisce alla nomina a capo della procura della città ionica “in cambio dello stabile asservimento agli interessi di Amara”. Interessi che coinvolgevano Eni così come Ilva in Amministrazione straordinaria “con cui intendeva incrementare e avere rapporti professionali”.
Da Capristo, stando alla contestazione, c’era “l‘impegno permanente” a “compiere o a omettere una serie di atti contrari, conformi e non contrastanti con i doveri d’ufficio, ma strettamente collegati alla funzione esercitata e causalmente orientati alla realizzazione dell’accordo”.
I RUOLI CONTESTATI E IL COSIDDETTO COMPLOTTO ENI AI DANNI DI DE SCALZI
Paradiso è considerato il relation man di Amara. Poliziotti che “si metterà a disposizione di Capristo attivandosi su più piani, tanto politici quanto giudiziari e imprenditoriali, per sponsorizzare la nomina del magistrato a Taranto”. In tal modo, forniva – scrive il gip – “un contributo irrinunciabile si alla soddisfazione delle aspirazioni carrieristiche di Capristo, sia degli obiettivi strategici del dominus Amara”.
Paradiso, quindi, viene descritto come punto di contatto fra i due, in grado di agire in una duplice veste: da un lato di “persona direttamente interessata all’aumento delle occasioni professionali e aziendali di Amara dal quale veniva retribuito” e della cui attività indirettamente si avvantaggiava, dall’altro di persona “legata a Capristo”. Il collante era funzionale alla concretizzazione dell’accordo corruttivo, in cambio di una serie di vantaggi.
In questo contesto, l’ex capo della procura di Trani “accreditava presso Eni, l’avvocato Amara come legale intraneo agli ambienti giudiziari tranesi in grado di interloquire direttamente con i vertici della procura , al fine di agevolarlo nel suo percorso professionale”. Allo stesso tempo si “autoassegnava due procedimenti penali che scaturivano da esposti anonimi redatti dallo stesso Amara”.
La procura di Potenza fa riferimento a esposti consegnati a mano allo stesso Capristo o a un fiduciario, in cui veniva descritto un progetto concepito a Barletta, in modo tale da far rientrare la competenza della procura di Trani, che mirava a far apparire l’amministratore delegato di Eni, De Scalzi, in quel momento indagato a Milano per corruzione, come vittima di un complotto ordito da soggetti che avevano rilasciato presso la procura di Milano dichiarazioni a suo carico. E’ il cosiddetto complotto ai danni di De Scalzi. Capristo, inoltre, per compiacere Amara – previe irrituali intese con il sostituto procuratore di Siracusa, corrotto da Amara affinché si prestasse a seguire le sue indicazioni – disponeva la trasmissione dei procedimenti penali, nonostante gli esposti fossero infondati.
Rapporti che il gip definisce “equivoci” e alimentati da “interessi personali”.
E’ in questo scenario che si inserisce la figura di Nicola Nicoletti, finito ai domiciliari nell’inchiesta che ruota attorno a Capristo, consulente esterno della struttura commissariale dell’Ilva dal 2013. Con Amara, Nicoletti risulta aver condiviso esperienze Eni, essendo socio della Pwc, a sua volta consulente del colosso energetico, mentre il primo era legale di Eni. Nicoletti, stando alla lettura data dall’accusa, aderiva alla sponsorizzazione di Capristo come capo della procura di Taranto, ufficio che in quel periodo stava svolgendo una delle indagini più importanti sull’ex Ilva, quella chiamata Ambiente svenduto.
LA DECISIONE DEL CMS E LA NOMINA DI CAPRISTO A CAPO DELLA PROCURA DI TARANTO
“L’insistente operazione di sollecitazione, raccomandazione e persuasione voluta dal duo Amara/Paradiso – scrive la procura di Potenza – trova il suo termine unico e si esaurisce quando il 23 marzo 2016 il plenum del Csm, a maggioranza, deliberava la nomina di Capristo a procuratore capo di Taranto”.
Una volta arrivato nella città ionica, Capristo prosegue nella realizzazione dell’accordo corruttivo con Amara, per dare attuazione alle aspettative del legale rispetto a incarichi nei procedimenti a carico dell’Ilva, all’inserimento nel programma di risanamento ambientale del sito con società di bonifica a lui riconducibili e a trattamenti giudiziari di riguardo rispetto alle sue aziende, la cui sede veniva trasferita in provincia di Taranto.
Nicoletti, invece, voleva consolidare l’incarico di consulente Iva e ottenere quello di direttore generale delle Acciaierie Ilva, rimasto vacante dal 2015.
IL GIP DI POTENZA: NESSUNA INDAGINE SU VALIDITA’ NOMINA CAPRISTO A TARANTO
Dal gip una sottolineatura di rilievo in un passaggio del provvedimento di custodia: “Deve essere tuttavia precisato, sia in fatto che in diritto, che l’attivazione Amara-Paradiso con attività di lobbing per la nomina di Capristo a Taranto, non implica alcuna indagine sulla validità della nomina o la liceità della condotta dei membri del Csm”. Tale “questione” è “estranea alla richiesta del pm nel presente procedimento e in relazione alla quale non viene delineato alcun profilo di rilevanza penale, che del resto escludere dalla competenza di questo ufficio”.
Nella richiesta di arresto per l’ex procuratore capo di Taranto, il pm ricorda che ciò che “rileva dimostrare è, a livello di gravità indiziaria, che Amara e Paradiso – quale contropartita di altri favori giudiziari che Capristo in quanto magistrato aveva già reso a Trani e avrebbe reso in seguito a Taranto – si siano spesi concretamente per agevolare Capristo nelle sue aspirazioni di carriera”.
Per il pm rileva “il sinnallagma: vendita della funzione giudiziaria da parte di Capristo in favore di Amara, contro attività di lobbing svolta da questi in suo favore a prescindere dagli esiti e dai concreti effetti che tale attività abbia sortito. E questo sinallagma – consistente in uno scambio di obbligazione di mezzo e non di risultato – appare fuori di dubbio dimostrato”.
“Non rileva, invece, in questa sede e non appartiene alla competenza di questa autorità giudiziaria, stabilire se il procedimento che, al Csm, ha portato alla nomina di Capristo sia stato o meno legittimo (a nulla rileva, ad esempio, ai fini della presente contestazione, il fatto che Capristo, ad esempio, avesse davvero i titoli per avere, a preferenza di altri, quell’incarico) o peggio sia stato caratterizzato dalla commissione di reati (allo stato non emersi) da parte di chi quella nomina deliberò”.
Per il gip del tribunale di Potenza, la condotta contestata agli indagata è da ritenere uno degli elementi costitutivi della vicenda corruttiva posta in essere con intese e comportamenti, iniziati a Trani e proseguiti a Taranto.
LE DICHIARAZIONI SPONTANEE DI CAPRISTO DAVANTI AL GIP DI POTENZA
L’ex procuratore capo ha fornito la sua spiegazione e lo fatto davanti al gip rilasciando dichiarazioni spontanee. Non ha affrontato l’interrogatorio di garanzia non avendo ancora ottenuto copia delle carte dell’inchiesta.
“Il dottor Capristo ha escluso con forza di aver intrattenuto rapporti corruttivi con chicchessia”, dice l’avvocato Angela D’Errico Pignatari, difensore di fiducia dell’ex procuratore di Taranto, assieme all’avvocato Filiberto Palumbo del foro di Bari.“Ha rivendicato la legittimità della sua nomina a Trani e poi a Taranto e ha spiegato anche le condizioni per cui non avesse alcun bisogno di appoggi per la nomina” .