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Incendi, interramenti di sostanze tossiche, inquinamento della vita pubblica e chi ne ha più ne metta: mafie scatenate in provincia di Latina e nel Lazio, mentre politica e molte istituzioni stanno a guardare, inerti. C’è, poi, anche chi nega. Criminali e mafiosi anche essi. Sulle rivelazioni di Carmine Schiavone che dice di aver informato a suo tempo “magistrati, scuola di polizia e commissione parlamentare”, interviene con questo comunicato il circolo Larus di Legambiente di Sabaudia. Chiediamo, a questo punto, di indagare per individuare e punire le persone alla quali Schiavone avrebbe fatto quelle dichiarazioni senza che nessuno, poi, sia intervenuto

COMUNICATO STAMPA:
Il pentito casalese Carmine Schiavone denuncia la provincia di Latina quale crocevia del traffico
illegale di rifiuti pericolosi!!
Una situazione drammatica che abbiamo denunciato più volte. Il dossier Ecomafie 2011
restituisce la fotografia di una provincia preda degli appetiti degli ecomafiosi.
Contro le ecomafie serve un coordinamento unitario e un’azione più incisiva da parte della
politica. Basta complicità e negazionismo. Si lavori su proposte concrete, sulla bonifica
immediata delle aree contaminate, su una cultura della legalità e dello sviluppo
ecosostenibile diffusa e si sostenga l’opera delle forze dell’ordine e della Magistratura.
Salviamo il nostro territorio da speculazioni, abusivismo, rifiuti pericolosi, corruzione, violenza e
criminalità ambientale.
Le cifre ufficiali del rapporto Ecomafie 2011 di Legambiente sono impietose e drammatiche. Restituiscono la
fotografia di una regione e di una provincia che vedono nella criminalità ambientale uno dei loro problemi più
diffusi ed allarmanti, ancora non adeguatamente affrontati dalla classe dirigente. Negazionismo del fenomeno
e ostruzionismo devono terminare.
Nel Lazio si verificherebbero 8,5 illegalità ambientali al giorno, 3.124 infrazioni nel 2010, il 10,1% del
totale nazionale, con una crescita decisamente preoccupante del ciclo dei rifiuti. Il Lazio quest’anno
scala una posizione e passa da sesta a quinta regione in Italia per ecomafie nei rifiuti (dopo le quattro
regioni storicamente caratterizzate da infiltrazioni mafiose), con un incremento del 30% dei reati
accertati che arrivano ad essere 376, pari al 6,3% del totale nazionale, con 341 persone denunciate,
169 sequestri e nessun arresto.
Una situazione critica, tanto da far affermare alla Direzione nazionale antimafia (Dna) nell’ultima relazione
annuale che la “dispersione dell’attività investigativa nelle varie procure ordinarie (…), in funzione di un
coordinamento utile a evidenziare segnali di presenza di sodalizi mafiosi dietro le organizzazioni o i traffici
individuati, ha di fatto reso impossibile o estremamente difficoltoso comprendere quali siano le dimensioni
degli interessi delle altre mafie verso questo fenomeno criminale, interessi che non possono certamente
escludersi”.

Le recenti dichiarazioni del pentito casalese Carmine Schiavone, ha messo in evidenza l’esistenza di un
incrocio perverso di mafiosi, massoni targati P2, imprenditori senza scrupoli del nord Italia ed europei che
avrebbero destinato il sud della provincia di Latina a discarica clandestina di rifiuti altamente pericolosi. Una
situazione che deve essere affrontata con il massimo della determinazione, sostenendo le forze dell’ordine, la
Magistratura e tutti coloro che sono impegnati sul fronte della legalità e delle lotte antimafia.
Il pentito afferma che «i rifiuti tossici portati dalla camorra dei Casalesi hanno inquinato anche il ventre di
Latina, avvelenando pure il Basso Lazio. Io non ero d’accordo coi miei del clan, rovinavano la vita dei nostri
figli. E mi sono pentito».
Il carico tossico di rifiuti, sempre secondo Schiavone, sarebbe giunto « dalle società del Nord, ma anche da
Svizzera, Francia e Germania. Nei primi del ’90 seppi che i miei uomini e mio cugino Sandokan si erano
buttati in questo affare sciagurato, sia in Campania, a Casal di Principe, che in altre zone, per esempio il
Basso Lazio. Come teste di ponte dei loro traffici usavano le famiglie Nuvoletta, i Mallardo, mentre gli
intermediari delle ditte erano teste di legno e soprattutto un esponente della massoneria targata P2 ».
Si tratta di notizie già note ai magistrati, alla Commissione parlamentare antimafia e alla Scuola superiore di
polizia. Ancora Schiavone ricorda che in seguito ad un sopralluogo nei luoghi dove sarebbero stati interrati i
rifiuti, effettuato anche con i tecnici dell’Enea per verificare la radioattività, furono tutti costretti a fuggire
considerando che gli strumenti per la rilevazione dei livelli di inquinamento erano letteralmente impazziti.
Ricordiamo che già don Cesare Boschin denunciò il traffico illegale di rifiuti che interessava la discarica di
borgo Montello (Latina) e per questo pagò con la vita il suo coraggio di uomo libero. Su questa vicenda, con
Libera, da anni chiediamo la riapertura delle indagini.
Un business delle ecomafie è particolarmente lucrativo e compromette gli equilibri ecologi del territorio,
avvelenando il tessuto sociale ed economico con complicità che devono essere smascherate. Un crimine di
queste dimensioni e gravità non può essere stato realizzato nella piena clandestinità. Si indaghi anche quindi
sulle complicità eventuali di amministratori pubblici, funzionari e pubblici ufficiali compiacenti e si sostengano
senza tentennamenti le forze dell’ordine e la Magistratura.

Il direttivo del circolo Larus Legambiente di Sabaudia
www.laruslegambiente.too.it