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Inaugurazione anno giudiziario, infiltrazione ‘ndrangheta diffusa in tutta Italia

Inaugurazione anno giudiziario, infiltrazione ‘ndrangheta diffusa in tutta Italia

Si parla di ‘ndrangheta. Ovunque, non solo in Calabria.
Come ormai è tristemente noto, l’organizzazione criminale più potente al mondo è diffusa in maniera radicata in tutte le regioni d’Italia, tanto da essere al centro delle relazioni delle diverse Corti d’Appello della Penisola in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2019.

“Non vi e’ un settore geografico del nostro distretto nel quale non vi si e’ registrata e’ accertata la presenza di insediamenti di ndrangheta”. Lo ha detto il procuratore generale del Piemonte, Francesco Saluzzo, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario a Torino. “Quello che mi preoccupa – ha sottolineato – e’ la persistente sottovalutazione del fenomeno che si coglie nell’opinione pubblica, nel sentire delle comunita’ che pure vivono, fianco a fianco, muro a muro, con i mafiosi. E mi riferisco a situazioni gia’ definite con sentenze passate in giudicato”. Saluzzo ha anche parlato dell’inchiesta, sfociata nei giorni scorsi nell’ arresto di 16 persone, sulle infiltrazioni della criminalita’ organizzata in Valle d’Aosta: “si era detto che in Valle non vi fosse la ndrangheta. Esponenti della politica non avevano fatto mancare di far sentire la loro voce sdegnata per respingere quella possibilita’. Ora forse questi motivetti finiranno di essere suonati”.

Saluzzo ha detto che “oramai da 40 anni” le organizzazioni mafiose “si sono radicate nel nostro territorio composto da due regioni”. “La recente esecuzione – ha aggiunto – di misure cautelari nei confronti dei componenti della ipotizzata locale di Aosta, di esponenti del mondo politico istituzionale, la ipotizzata deviazione dei percorsi amministrativi e imprenditoriali, ha fatto cadere un ennesimo velo sulla gestione globale della ‘ndrangheta nel nostro distretto”.

Droga e rapine, con un occhio alle rinnovabili, sono i settori su cui ha spostato i suoi interessi la criminalita’ della Sardegna, che ha pericolosi legami con ‘ndrangheta e camorra. Lo rivelano le relazioni della procura generale e della presidenza di Corte d’appello, stamane a Cagliari all’inaugurazione dell’anno giudiziario. “La Sardegna continua a essere snodo o terminale di importanti traffici anche internazionali di sostanze stupefacenti nei quali confluiscono risorse provento di delitti diversi, in particolare rapine ai furgoni portavalori”, ha precisato la presidente della Corte d’appello di Gemma Cucca. “Le indagini hanno evidenziato in alcuni casi legami operativi tra gli organizzatori sardi del traffico e gruppi delinquenziali facenti capo alla ‘ndrangheta e alla camorra”. “Allo stato non si registrano significative infiltrazioni di queste entita’ criminali nel nostro Distretto, anche se la permanenza di rapporti con malavitosi sardi rappresenta un fattore di rischio da non sottovalutare”, ha rimarcato Cucca. A ribadire la questione e’ stata la procuratrice generale Francesca Nanni che, dopo aver tracciato lo stesso quadro, ha aggiunto: “Il business delle sostanze stupefacenti e’ ancora al centro di questo rapporti, ma e’ aumentato l’interesse per altri bersagli, che riguardano anche settori dell’economia legale, quali l’impianto e la gestione delle energie rinnovabili”.

Ci sono nelle Marche, secondo il Procuratore generale Sergio Sottani, elementi “sintomatici” che la regione possa essere “appetibile alla criminalita’ organizzata interessata a effettuare accaparramenti e turnover di aziende ed esercizi in difficolta’, con l’obiettivo di rilevare le attivita’ piu’ redditizie lungo la costa o subentrare nella loro gestione mediante l’inserimento di persone di fiducia delle organizzazioni criminali”. Il monito e’ stato lanciato ad Ancona durante la cerimonia di apertura dell’anno giudiziario marchigiano. Le Marche, ha segnalato il pg, ricordando anche i maggiori rischi di infiltrazione connessi alla ricostruzione post sisma, “rappresentano una nuova frontiera per la criminalita’ organizzata che mira a esercitare un’azione di controllo su un’area facilmente suscettibile di sfruttamento economico”. Al momento “non si ravvisa un vero e proprio radicamento mafioso” ma “sono stati in piu’ occasioni individuati ‘soggetti in proiezione’ ovverosia soggetti che appartengono a un’organizzazione criminale, soprattutto ‘ndrangheta che operano fuori della provincia in cui esercita il controllo l’organizzazione in questione”.

Ed ancora: l’omicidio di stampo ‘ndranghetista del fratello di un collaboratore di giustizia, avvenuto a Pesaro il giorno di Natale, “e’ un campanello d’allarme sul sistema di sicurezza e protezione che ha impressionato l’opinione pubblica e che non va certamente sottovalutato”. Lo ha detto ad Ancona il vice presidente del Csm David Ermini, che ha ricordato comunque la “fermezza e intensita’ investigativa” con cui stanno lavorando Procura di Pesaro, Dda di Ancona in collaborazione con quella di Reggio Calabria. “Sappiamo – ha aggiunto – quanto utile sia stato e possa ancora essere l’apporto dei collaboratori di giustizia nelle indagini e nei processi contro la criminalita’ organizzata, e’ dunque necessario che questo grave vulnus nel sistema di protezione sia recuperato e costituisca monito a non abbassare mai la guardia”.

Roma “continua a rappresentare uno snodo importante per tutti gli affari leciti ed illeciti” gestiti dalla criminalita’ in tutte le sue forme e sarebbe bene che si creasse “quel moto civile che in tante citta’ del sud, avvezze alla minaccia del crimine organizzato, contribuisce ad ostacolare il radicamento delle organizzazioni e a far crescere una coscienza collettiva. E’ questo che vedo sempre piu’ mancante a Roma, citta’ che tutto avvolge in uno sguardo cinico, che sembra aver visto tutto e tutto dimentica”. E’ lo sfogo del procuratore generale presso la corte d’appello Giovanni Salvi. Nella capitale, ha ricordato il magistrato facendo riferimento alla recente sentenza d’appello su ‘Mafia Capitale’, c’e’ il “gruppo autoctono di tipo mafioso capeggiato da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi” che ha esercitato “un forte condizionamento di rilevanti settori economici e di segmenti strategici della pubblica amministrazione e della politica della citta’”. A Ostia c’e’ il sodalizio dedito “all’usura, alle estorsioni, al traffico di armi e di stupefacenti, alla gestione ed al controllo delle remunerative attivita’ balneari con a capo la famiglia Fasciani, costituita autonomamente nel territorio del litorale, dove opera in alleanza con il gruppo degli Spada”.
C’e’ poi il clan dei Casamonica che controlla il quadrante sud-est della capitale. I procedimenti in corso, ha spiegato il pg della corte d’appello Giovanni Salvi, confermano insomma che “Roma, soprattutto il territorio metropolitano, ma anche l’area limitrofa e il basso Lazio, costituiscono, anche dal punto di vista mafioso, il teatro di una presenza soggettivamente plurima ed oggettivamente diversificata, a carattere certamente non monopolistico. Non c’e’ un solo soggetto in posizione di forza e dunque di preminenza sugli altri, ma sullo stesso territorio coesistono e interagiscono diverse soggettivita’ criminali”. In effetti, accanto alla vera e propria novita’ della presenza di organizzazioni mafiose di matrice autoctona, “opera una composita galassia criminale, tanto nutrita quanto pericolosa, fatta di singoli o gruppi che costituiscono altrettante proiezioni, in senso ampio, delle organizzazioni mafiose tradizionali, della ‘ndrangheta (i Cordaro), di diversi gruppi di camorra (legati a Michele Senese e Domenico Pagnozzi), ma anche di Cosa Nostra (vicini al boss gelese Salvatore Rinzivillo)”. “Le organizzazioni criminali tradizionali (soprattutto ‘ndrangheta e camorra) da lungo tempo acquisiscono, anche a prezzi fuori mercato, immobili, societa’ ed esercizi commerciali nei quali impiegano ingenti risorse economiche provenienti da delitti. In tal modo esse si dotano di fonti di reddito importanti e apparentemente lecite”. Queste organizzazioni criminose – ha sottolineato il pg Salvi – “non hanno operato secondo le piu’ consuete metodologie, cioe’ attraverso comportamenti manifestamente violenti, non si sono sopraffatte per accaparrarsi maggiori spazi, ma anzi hanno cercato di mantenere una situazione di tranquillita’ in modo da poter agevolmente realizzare il loro principale obiettivo: la progressiva penetrazione nel tessuto economico ed imprenditoriale del territorio, e soprattutto della Capitale, allo scopo di riciclare e reimpiegare con profitto capitali di provenienza criminosa. Dalle nuove indagini emerge un patto esplicito per evitare che i contrasti che pure ci sono, come e’ inevitabile – degenerino in atti criminali eclatanti e che rischierebbero di attirare l’attenzione degli inquirenti e dei media”.

 

26 Gennaio 2019

fonte:http://www.ildispaccio.it/