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Inaugurazione anno giudiziario a Napoli, aumentano omicidi e violenze ma la giustizia arranca

Inaugurazione anno giudiziario a Napoli, aumentano omicidi e violenze ma la giustizia arranca

Sabato 22 Gennaio 2022 di Giuseppe Crimaldi e Valentino Di Giacomo

Aumentano i reati, anche quelli più gravi come gli omicidi, le associazioni per delinquere di stampo mafioso, le frodi informatiche, le violenze sessuali, e cresce il numero dei procedimenti. Arranca la giustizia – e con essa l’aspettativa dei cittadini di avere giustizia – nel distretto giudiziario della Corte d’Appello di Napoli. È il quadro allarmante che emerge dalla relazione letta questa mattina in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario a Castel Capuano dal presidente della Corte d’Appello di Napoli Giuseppe de Carolis di Prossedi.

Molte le criticità, che ricadono soprattutto nel settore penale, anche se si registra nel civile un lento ma progressivo miglioramento dei procedimenti evasi. «Nel penale – ha detto de Carolis – Frustrante che al settimo anno del mio servizio, tutte le mia osservazioni e doglianze reiterate in questi anni siano rimaste inosservate. Dopo sei anni le piante del personale amministrativo e giudiziario sono rimaste inadeguate. E a nulla è valso ricordare che noi , pur avendo fatto tutto il possibile per operare al meglio e svolgere il nostro lavoro, continuiamo a scontare ritardi e carichi di lavoro inaccettabili. Serve un intervento del ministero e del Consiglio superiore della magistratura e riequilibrare forze e risorse».

Nel settore civile sono stati definiti 14.642 procedimenti, con una riduzione di pendenza significativa (attualmente restano inevasi 34570 fascicoli); nel penale i processi definiti sono stati 10170 (rispetto agli 8759 dell’anno precedente), ma ne sono subentrati altri 12mila: per cui oggi in Corte d’Appello a Napoli pendono ben 57973. «Questa situazione – ha proseguito de Carolis – ha determinato un’incidenza della prescrizione, che in Corte d’Appello determina la chiusura di un processo su tre».

De Carolis ha ancora una volta sottolineato che al problema della carenza di personale giudiziario e amministrativo si va ad aggiungere anche un criterio di sproporzione tra il numero dei magistrati inquirenti e deliberanti. «Nel distretto di Napoli – ha spiegato il presidente della Corte d’Appello – abbiamo circa 200 pubblici ministeri, 107 solo a Napoli, e in Corte d’Appello solo 39 magistrati. Si crea inevitabilmente, così, un collo di bottiglia che determina un sovraccarico di lavoro per i giudicanti, e considerando che di fatto nel penale tutte le sentenze vengono appellate, la situazione diventa difficile da gestire. E’ un po’ come se avessimo tanti pizzaioli che continuano a sfornare pizze, e pochi camerieri che le portano al tavolo: e così, quando pure la pizza arriva al tavolo, è diventata fredda».

Anche quest’anno per le emergenze legate alla pandemia l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario si è tenuto con modalità a distanza e trasmesso via web e da Radio Radicale. Tornando alle scoperture del personale, che è causa principale di tutte le disfunzioni nel pianeta giustizia, il presidente de Carolis ha dichiarato: «Questo per me sarà l’ultimo anno da presidente della Corte d’Appello, ma mi accorgo di essere costretto a ripetere, da quando sette anni fa mi sono insediato al vertice dell’ufficio, sempre le stesse cose. E dunque, fin quando il ministero della Giustizia  d anche il Consiglio superiore della magistratura non affronteranno questi problemi relativi alla copertura del personale amministrativo e dello squilibrio delle piante organiche giudiziarie, allora il problema resterà irrisolvibile. Per fare le sentenze ci vogliono i magistrati e i cancellieri».

L’ombra dello scandalo di magistratopoli e del Palamara-gate sbarca poi anche a Napoli nell’intervento del delegato del Csm, Mario Suriano, che ha ricordato l’attività di autogoverno nel contrastare alcuni comportamenti devianti all’interno della magistratura. «È chiaro che bisogna riconoscere che queste distorsioni hanno riguardato tutti i gruppi associativi, come il carrierismo a tutti costi, ma bisogna evitare le riforme del passato che erano nate per contrastare questi fenomeni, ma hanno finito per cronicizzarli e prodotto un effetto opposto come la riforma della giustizia del 2006. Oggi assistiamo a una ricerca spasmodica di ricerca di incarichi negli uffici. Sono errori da non ripetere e nonostante la narrazione che se ne fa il Csm ha provato a porvi rimedio. Serve una rigenerazione etica della magistratura. Pasolini diceva che ‘Il moralista dice no agli altri, l’uomo morale solo a se stesso’, una frase più attuale che mai».   Il delegato del Csm ha voluto accogliere poi il grido d’allarme lanciato dal presidente della Corte d’Appello, Giuseppe De Carolis di Prossedi. «Occorre colmare i problemi infrastrutturali della giustizia – ha detto Suriano – e colmare i drammatici vuoti d’organico. In tutta Italia sono 1370 i posti vacanti, il 13% del fabbisogno. A Napoli la media indica che la scopertura degli uffici a livello generale è dell’11%, ma in Corte d’Appello si arriva al 16%, un dato che rende plasticamente la difficoltà di questo distretto».

Il rappresentante del Ministero della giustizia, Raffaele Piccirillo, ha quindi ricordato gli interventi legislativi operati da via Arenula sottolineando che il ministero è impegnato anche nella riforma del Csm che «nella prospettiva del miglioramento dei servizi della giustizia che ha un’importanza anche nell’ambito della funzione di garanzia della magistratura: “Entro il 2022 dovremo riformare il settore della giustizia tributaria che incidono pesantemente sugli arretrati della Cassazione civile, e sono allo studio altri interventi su settori che devono essere resi coerenti, come la riforma del codice fallimentare; o alla necessità di una riforma del codice dei crimini internazionali. L’Europa, e prima ancora i cittadini non ci chiedono soluzioni congiunturali o terapie palliative, e tutti noi siamo classe dirigente alla quale viene chiesto di non lanciare solo allarmi ma predisporre soluzioni. Tutti noi, nessuno escluso, siamo chiamati a concretare il detto di Churchill: Non sprecare l’occasione di una crisi».

Parole ferme e forti anche dal procuratore generale presso la Corte d’Appello di Napoli, Luigi Riello. «Si sta determinando un abbassamento delle difese immunitarie dell’intera magistratura, l’indipendenza della magistratura resta un fronte vitale per noi. Vedo troppi medici al capezzale di questa magistratura malata, tutti generosi nel fare delle diagnosi ma molto avari nello scrivere terapie serie. Molti continuano a trastullarsi di un improbabile ridicolo sorteggio. Ma a che serve? Servono invece regole limpide, una responsabilizzazione dei capi degli uffici, i quali la devono smettere che tutti i magistrati sono una sorta d’incrocio tra Carnelutti e Calamandrei. Con dolore, ma anche con orgoglio su mia iniziativa due magistrati, di cui uno con incarico direttivo, hanno  avuto l’allontanamento cautelare d’ufficio». Un incipit che parte dalla necessità di riqualificare la funzione giudiziaria.

Lucida e attuale anche l’analisi sulla situazione criminale nel distretto. «Oggi la camorra è cambiata, che gioca in priima persona nell’imprenditoria ae nella politica, oltre a sparare e versare sangue. L’intero territorio di Napoli è sotto il giogo di due blocchi: l’Alleanza di Secondigliano e il clan Mazzarella. Sono grato al procuratore Melillo e a tutti i pubblici ministeri, alle forze dell’ordine che lavorano nell’azione di contrasto a questi fenomeni. L’assalto alla diligenza dei fondi del Pnrr. Già avevamo rilevato in quest’anno cessioni di aziende, fallimenti ed altri segnali che lasciano prevedere questo assalto, e non dobbiamo ripetere gli errori commessi dopo il terremoto, quando la camorra si è trasformata in camorra imprenditrice. Serve pertanto una cabina di regìa comune su base distrettuale per fronteggiare questo problema». Abbiamo ancora molte, troppe associazioni mafiose operative che hanno proiezioni in Spagna, in Olanda, con i narcotrafficanti sudamericani; abbiamo ordinanze cautelari che dimostrano come i clan della camorra siano in stretto contatto con la ‘ndrangheta. Ed occorre recidere il cordone culturale di certi rappresentanti della Chiesa, seguendo il solco delle proposte dell’arcivescovo Mimmo Battaglia, che ha lanciato non solo un anatema ma anche un monito sostenendo che c’è chi alimenta il malaffare girandosi dall’altra parte facendo finta di non vedere. I camorristi come i mafiosi e gli ‘ndranghetisti sono sempre molto religiosi, vanno in chiesa, si avvicinano ai sacramenti, talvolta donano somme alla chiesa, ma poi dopo essersi fatte il segno della croce sparano e uccidono. Questi fili vanno recisi: la chiesa cattolica non deve consentire che ciò accada più».

Ecco perché Riello insiste: «Via i don Abbondio dalla Chiesa. Se non hanno il coraggio, se ne vadano o vengano rimossi. E lo stesso problema esiste per quella borghesia camorristica che si è trasformata in cameriera dei mafiosi».

Capitolo minori. «C’è ancora un’altissima dispersione scolastica, ci sono troppi minori che vivono in contesti territoriali degradati. Registriamo un abuso di alcolici e di droga spaventoso, che determinano una scatenata violenza. Ragazzini armati di coltello che animano la movida, che ormai fanno un uso distorto e senza filtri di odio, che incitano alla violenza e alla violenza sessuale, all’odio e persino all’autolesionismo fisico. Abbiamo bisogno su questi versanti di leggi più efficaci. Dove c’è indigenza, degrado e dispersione scolastica la camorra non può che apparire come una benefattrice. E per questo lo Stato deve intervenire con efficacia». Napoli, conferma Riello, è la città italiana nella quale si registra il più alto tasso di connivenza tra minori e organizzazioni criminali, «cosa che non accade in nessuna altra parte, nemmeno a Palermo o in calabria. Per tutti questi motivi, Napoli deve diventare una questione nazionale. In un Paese nel quale la pena non è effettiva ricorrere a altre leggi o a palliativi non ha senso. E proprio per i minorenni che delinquono il perdonismo non rieduca, servono percorsi nuovi e più efficaci, altrimenti noon arriveremo da nessuna parte».

Fonte: https://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/anno_giudiziario_napoli_aumentano_omicidi_e_violenze_ma_la_giustizia_arranca-6455519.html