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In Italia verso la post-democrazia? E’ emergenza

Verso la “post-democrazia”

Si sta insturando una nuova relazione tra Governo e Parlamento, che parte dall’idea che la governabilità sia l’unico fine dell’agire politico. Ne è espressione il ricorso frequente alla decretazione d’urgenza, che quindi non serve solo alla maggioranza per non sfaldarsi, ma ha origini più profonde. Perciò si deve difendere la Costituzione Repubblica con un nuova “balance of power” fondata sull’elezione diretta del Presidente della Repubblica, che accompagni il federalismo.

Il Presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini, ha sollevato nei giorni scorsi il tema, ripreso con grande evidenza da parte dei mezzi di comunicazione di massa, dell’abuso della decretazione da parte del Governo.
Si tratta di un tema ormai antico, risalente all’avvio della trasformazione materiale dei rapporti istituzionali e politici rispetto al dettato Costituzionale che risale agli anni’80 e che, regolarmente, viene ripreso, discusso ed accantonato.

Accanto all’abuso della decretazione si collocano infatti la trasformazione dei regolamenti parlamentari, la modifica del voto segreto, il mutamento “de facto” nel ruolo del Presidente della Repubblica, e su su, fino all’assoluta anomalia dell’indicazione del cosiddetto “capo della coalizione” che ha reso di fatto l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, in una elezione surrettizia del Presidente del Consiglio, assolutamente non prevista – per l’appunto – dalla Costituzione, che recita di Repubblica parlamentare, retta nei decenni trascorsi da una sempre più impallidita “centralità del Parlamento”.

“Centralità del Parlamento” che andava di pari passo con l’egemonia dei partiti sulla scena politica e nei riguardi della società civile: egemonia scossa prima, e tramontata poi, a causa dell’emergere di una serie di fattori che sarebbe lungo elencare e che, comunque, sono sotto gli occhi di tutti.

In realtà l’impostazione data dall’attuale Presidente della Camera al suo “grido d’allarme” è un’impostazione che ci permettiamo di definire “superata”, perché ancorata ad una visione ormai tramontata delle relazioni politico – istituzionali all’interno del sistema italiano.

Il Governo in carica, infatti, non usa la decretazione semplicemente come elemento atto a mascherare le proprie divisioni interne (c’è anche questo fattore, intendiamoci: ma non si tratta del punto decisivo).
In realtà il Governo in carica usa la decretazione come “metodo di governo”, realizzando una nuova dialettica politico – istituzionale che supera, nei fatti, quella “classica” tra Governo e Parlamento, per definire un nuovo e diverso asse tra Governo e maggioranza da una parte e minoranza dall’altra: si tratta di un passaggio delicato e strategico che punta ad considerare il lavoro di commissione (ricordiamo che l’Italia è tra i pochi paesi del mondo occidentale che dispongono delle commissioni parlamentari quale eventuale sede deliberante) quasi di “consulenza tecnica”, ed il compito del Parlamento come un lavoro di semplice “ratifica”.

Si tratta di una trasformazione già largamente realizzata in sede di Enti Locali, quale frutto del meccanismo dell’elezione diretta e del premio di maggioranza, laddove si sono svilite completamente le funzioni dei consessi elettivi che appaiono, oggi come oggi, lo specchio della “spoliticizzazione” dal basso che sta permeando l’intero sistema politico italiano (ad esempio nei consessi elettivi degli Enti Locali è ormai considerato un fastidio la discussione, attraverso la presentazione di ordini del giorno e mozioni, sui temi di politica generale, interna ed estera. Un tempo il lavoro dei consigli comunali, provinciali, regionali, su questi temi rappresentava un eccezionale arricchimento del dibattito politico complessivo nel Paese).

Ci troviamo, quindi, in una fase di passaggio verso una forma di vera e propria “post – democrazia”, laddove gli elementi della personalizzazione della politica, della riduzione del dibattito a spettacolo mediatico, della governabilità quale fine esaustivo dell’agire politico, trovano in questa diversa forma di relazione tra Governo e Parlamento la sua estrinsecazione più evidente.

L’allarme lanciato dal Presidente della Camera è quindi rivolto ad un obiettivo sbagliato: non servirà semplicemente, come sarebbe doveroso, chiedere di ridurre la decretazione d’urgenza. Occorrerebbe difendere la Costituzione dalle insidie della modifica dei cardini fondamentali della repubblica parlamentare, attraverso l’introduzione di un nuova “balance of power” fondata sull’elezione diretta del Presidente della Repubblica, che dovrebbe accompagnare l’introduzione del federalismo (federalismo sul quale con eccessiva facilità la sinistra ha mutuato schemi provenienti da tradizioni diverse dalla propria).

In un momento in cui la crisi richiede, oggettivamente, un forte interventismo statale, questa china ci sta pericolosamente portando a forme di populismo sia a livello centrale, sia a livello locale (pensiamo, ad esempio, alla vicenda dello sfondamento del patto di stabilità da parte dei Comuni).

Non servono, quindi, nuove “bicamerali” magari tematiche come qualche volta è stato proposto (sulla giustizia, come – appunto – sul federalismo), ma una forte opposizione all’idea della trasformazione definitiva dell’agire politico e dell’attacco diretto ai cardini della Costituzione Repubblicana.

In questo ambito non si coglie il ruolo dei partiti ormai ridotti al solo potere di nomina, che è causa primaria delle divisioni interne che li attraversano complessivamente: la rinuncia dei partiti a svolgere una funzione fondamentale di dibattito ed acculturazione politica è un ‘altro dei punti cardinali della discussione che, in particolare da sinistra, dovrebbe essere urgentemente affrontata per salvare il salvabile della nostra democrazia repubblicana.
Franco Astengo

(tratto da AprileOnLine.info)