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IL VIDEO. Con Catello Maresca dentro al bunker di Michele Zagaria: “Il clan dei Casalesi non è finito”.SE QUALCUNO PENSA CHE CON LA CATTURA DEI BOSS UN CLAN SIA FINITO SI SBAGLIA ALLA GRANDE.I BOSS RAPPRESENTANO IL LIVELLO MILITARE ,QUELLO PIU’ BASSO. A PARTE CHE ANCHE PER QUESTO LIVELLO CI SONO LE NUOVE LEVE ,BISOGNA CONSIDERARE CHE C’E’ UN LIVELLO SUPERIORE,QUELLO COSTITUITO DA POLITICI,UOMINI DELLO STATO,PROFESSIONISTI,IMPRENDITORI,QUALCHE UOMO DELLA CHIESA,CITTADINI,TUTTA GENTE CHE CON LA CAMORRA E LE ALTRE MAFIE CI HANNO VISSUTO E CI VIVONO BENE

IL VIDEO. Con Catello Maresca dentro al bunker di Michele Zagaria: “Il clan dei Casalesi non è finito”
Il magistrato ha accompagnato il giornalista Sandro Ruotolo, che ha confezionato per Fanpage un servizio in cui molto si è parlato dei rapporti tra l’attuale sindaco Marcello De Rosa e uno di suoi predecessori, cioè Fortunato Zagaria

di redazione

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CASAPESENNA – Un viaggio interessante, quello realizzato dal giornalista Sandro Ruotolo, nelle strade di Casapesenna, mettendo insieme la verifica sociale sul livello di elaborazione, da parte dei casapennesi di una realtà comunque nuova, non più popolata dagli antichi boss, a partire dal boss dei boss Michele Zagaria, e lo stato dell’arte dell’attività repressiva finalizzata a impedire che nuove cellule criminali, partendo magari dallo stadio di attività elementari, possa, di qui a qualche anno, sostituire chi oggi abita le patrie galere ed è destinato a starci per tutta la vita.

Sullo sfondo di entrambi i processi di elaborazione, l’opaca figura del sindaco Marcello De Rosa, abbordato, dopo diversi tentativi, dai giornalisti di Sandro Ruotolo e, sicuramente, molto in imbarazzo nel rispondere alle loro domande sui suoi rapporti con il predecessore Fortunato Zagaria.

Rapporti rispetto ai quali, proprio negli ultimi giorni, sono saltate fuori fotografie che definire compromettenti non è un’esagerazione, vista e considerata la scelta di Marcello De Rosa di incontrare l’uomo che oggi è sotto processo per camorra insieme al boss al cospetto di un autorevole religioso del Santuario e congedando, per il tempo utile di quell’incontro, ampiamente documentato dalle foto che oggi torniamo a pubblicare, la sua scorta.

Sono tre i segmenti del bel servizio di Ruotolo. Nel primo, insieme al Pubblico Ministero della Dda Catello Maresca, ritorna nel bunker nel quale, il 7 dicembre 2011, la Polizia di Stato catturò Michele Zagaria.

È Maresca a far da Cicerone in quella casa di via Mascagni e dentro al rifugio, a cui si accedeva da un piccolo buco da violare con l’utilizzo di una scala di legno. Tutto in disordine; i locali sono largamente provati dai sopralluoghi e dalle attività di perquisizione, che non hanno risparmiato neppure la famosa Madonnina dietro alla quale occhieggiava una telecamera.

Due gli spunti interessanti nelle parole di Maresca. Il primo riguarda la sua non risposta alla possibilità, paventata dal giornalista, su possibili appoggi e protezioni, che hanno consentito a Michele Zagaria di scampare a decine e decine di blitz: “Noi, a Casapesenna – dice Maresca – per anni e anni non siamo neppure riusciti ad entrare come forza di Polizia senza subire un controllo, metro per metro, su ogni nostro movimento”.

E qui resta aperta l’opzione, che opzione potrebbe anche non essere: quando Maresca parla di controllo a vista si riferisce solo alla gente di Casapesenna, quasi al cento per cento schierata, chi per paura, chi per attitudine criminale, col boss, o si riferisce anche a qualche soffiata arrivata dall’interno dei corpi dello Stato?

Secondo segmento: Maresca e Ruotolo passeggiano davanti a quella che è stata la sezione distaccata di Casal di Principe della Squadra Mobile di Caserta, creata ai tempi della latitanza di Peppe Setola.

I numeri sgranati dal magistrato sono impietosi: la Squadra Mobile, dall’organico di quasi 110 poliziotti è passato ad un organico inferiore ai 50 poliziotti.

Un dato preoccupante perchè, continua Maresca, chi pensa che la battaglia contro il clan dei Casalesi sia vinta compie un errore di valutazione clamoroso, foriero di pesanti conseguenze già a partire dal futuro prossimo, perchè il fatto che non ci siano morti disseminati in strada non significa che il clan è finito, perchè fin quando ci saranno gli affari, le relazioni inconfessabili con la politica corrotta e complice, con le burocrazie degli enti locali, esisterà sempre un buon motivo per delinquere e per riorganizzare il clan.

Il giretto davanti ai bar, dove sono seduti gli anziani del luogo, ci piacerebbe liquidarlo come una trovata giornalistica tra il pregiudizio e/o l’oleografia sul potere delle “coppole”.

Purtroppo non è così, perchè dalle dichiarazioni di quegli anziani, che si muovono sulla linea del negazionismo a prescindere, del “niente so e niente ho visto”, e dalle dichiarazioni di persone più giovani, ugualmente sfuggenti e infastidite, si capisce che se la paura è, ancora oggi, il punto fondamentale e determinante per gli orientamenti e le convinzioni del citato tessuto sociale, la sensazione è che un ben più pesante e complicatissimo problema culturale attivi una sorta di consenso non manifestato ma che si avverte dalle parole degli intervistati.

Terzo ed ultimo segmento, il sindaco Marcello De Rosa. Qui è del tutto inutile sprecar commenti. Va ascoltato, perchè una persona senza pregiudizi e senza condizionamenti a monte, nè in una direzione, nè nell’altra, capisce al volo tutto a partire dal fatto che questo sindaco, in realtà, non può che essere mosso in maniera determinante da altre persone.

Ciò non vuol dire che Marcello De Rosa vada a prendere ordini dalla camorra, ma sicuramente che nella sua casa, ci riferiamo a suo fratello Raffaele detto Lello, chi comanda non è lui e dunque i giornalisti di Ruotolo farebbero bene a incrociare i passi dell’ingegnere che negli ultimi anni ha dettato legge in diversi Uffici Tecnici, a partire da quello di Casapulla, al servizio di Bosco padre e di Bosco figlio.

G.G.

PUBBLICATO IL: 26 febbraio 2017 ALLE ORE 15:23

fonte:www.casertace.net