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Il vescovo Savino: «Ribelliamoci alla criminalità e alla massoneria deviata. Combattiamo i poteri forti con la cultura»

Il presule di Cassano allo Ionio invita alla «rivoluzione mite» contro l’impoverimento e il capitalismo selvaggio. «Il vangelo è incompatibile con la criminalità»

Pubblicato il: 05/11/2022 – 11:39

di Luca Latella

CASSANO ALLO IONIO La povertà come conseguenza del capitalismo selvaggio. Le disuguaglianze che generano gli «impoveriti», la scarse opportunità lavorative che conducono al lato oscuro in cui agiscono usura, massoneria deviata e criminalità organizzata che riducono le persone in schiavitù. Un fil rouge che porta dritto alla ribellione ed alla «rivoluzione mite», indicata da mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Ionio.
Il presule, ai microfoni del Corriere della Calabria, analizza il momento storico, mette in guardia dai pericoli e rafforza la “scomunica” alla ‘ndrangheta lanciata da papa Francesco il 21 giugno 2014 a Sibari, in occasione della visita a Cassano dopo l’uccisione del piccolo Cocò. E sottolinea come proprio i poveri siano l’effetto nefasto delle devianze che consumano il territorio.
Il 17 novembre si celebrerà la giornata mondiale dei poveri, un momento che mons. Savino definisce «intuizione mistica del papa che ha voluto mettere al centro il tema della povertà. Preferisco, però, parlare di impoveriti, di scartati. Molto spesso le persone sono delle pattumiere umane che vengono gettate in discarica dalle politiche economiche sbagliate e per questo parlo di impoveriti perché, come dice il Papa, la povertà non è una predestinazione o il frutto della fortuna o sfortuna. C’è un’economia che genera l’impoverimento, le disuguaglianze, il capitalismo selvaggio. È un modello economico che ammazza e impoverisce tante persone. Tra l’altro è noto come la ricchezza sia concentrata nelle mani di pochi: pochissimi hanno tutto e quasi tutti non hanno niente. Ed allora se vogliamo che la democrazia sia vera non possiamo accettare questa situazione. Il denaro va ridistribuito ed a tutti devono essere consentite le stesse opportunità».
«C’è un principio fondamentale della dottrina sociale della Chiesa – spiega don Francesco – che parla della destinazione dei beni. I beni comuni sono di tutti e tutti devono avere le stesse possibilità di accedere ai beni; tutti devono poter vivere una vita dignitosa». Qui entra in gioco il lavoro. «Senza lavoro una persona non ha una dignità, è come se una persona camminasse nuda per strada. Anche in questo caso il lavoro deve essere una opportunità uguale per tutti».

La rivoluzione mite

Disuguaglianze, mancanza di lavoro, un certo modello di economia e sviluppo «sono problemi che si intrecciano. Di certo, però, è giunta l’ora di ribellarci – sottolinea con forza il vescovo di Cassano – ma sempre in modo mite e pacifista, perché dobbiamo dire “no” ad ogni forma di violenza e “sì” alla beatitudine dei miti. Quindi sì alla rivoluzione mite del popolo e delle beatitudini che metta al centro il bene comune e le persone più scartate dalle quali bisogna partire e ripartire per riprogrammare una società più giusta».

Povertà e usura in aumento

L’ultimo rapporto Caritas «fotografa la realtà secondo cui la povertà è in aumento. Anche nella diocesi di Cassano allo Ionio – prosegue mons. Savino – i poveri e gli impoveriti stanno aumentando e sempre più persone si rivolgono alle Caritas parrocchiali ed alla Caritas diocesana. Questo organismo pastorale è diventato un osservatorio oggettivo dei poveri. Legato a questo problema devo anche denunciare l’aumento dell’omertà. Anche la denuncia è un annuncio di salvezza, per cui non possiamo essere omertosi, non possiamo dire di non aver visto, di non sapere e il credente, ma anche il laico, devono avere la capacità di denunciare. La denuncia è un annuncio di salvezza per le persone che di fatto vivono una vita di schiavitù».

«L’usura strozza persone e imprese»

Per il Pastore della Chiesa cassanese, l’usura è un’altra delle grandi questioni che conduce all’impoverimento. «Nella Sibaritide c’è un’usura che grida vendetta al cospetto della ragione, della giustizia, al cospetto di Dio. C’è un’usura che strozza ancora di più piccole e medie imprese, cooperative agricole. Da qui un appello alle istituzioni affinché assumano un atteggiamento di vigilanza nei confronti delle persone usurate. L’usura è diventato un modo per lavare il denaro sporco ed in questi interessi si vanno ad intrecciare le organizzazioni ‘ndranghetiste e la massoneria deviata, usurai, che rendono tante persone in schiavitù. Vorrei anche sottolineare che le minacce subite dagli usurati sono violentissime, speso sono persone picchiate a sangue o, come accaduto in passato, vengono uccise. E molto spesso ci si serve delle vendette trasversali, delle mogli o dei figli per perpetrare violenze di ogni tipo. Ed allora mi chiedo: questa è civiltà? Questa è democrazia? Mi permetto di dire che fin quando ci saranno queste situazioni di impoverimento, ci sarà la mancanza del lavoro, fin quando ci saranno disuguaglianze la “civiltà” e la “democrazia” rimangono solo parole».

«Combattere i poteri forti con la cultura»

Mons. Savino nel manifestare un amore profondo per la Calabria e i calabresi invita poi a studiare, perché solo la cultura può salvare questa regione.
«Il più bel complimento che mi si possa fare – dice ancora – è che mi si dica che amo la Calabria. Pur non essendo calabrese, sono nato a Bitonto, in Puglia, da sette anni e mezzo mi sento completamente calabrese. Voglio essere un vescovo fatto popolo, fatto gente con la Calabria, voglio vivere in mezzo ai calabresi, accanto ai calabresi alla ricerca del riscatto di una regione che vuole emanciparsi. In questo lavoro di emancipazione è importantissima la scuola, lo studio, la conoscenza. Diceva don Lorenzo Milani che fin quando ci saranno persone che conoscono mille parole e persone che ne conoscono cento, ci sarà sempre l’oppresso e l’oppressore. Ecco perché chiedo ai bambini, ai giovani, ai ragazzi di studiare: dico sempre che i poteri forti ci vogliono ignoranti. Noi invece dobbiamo studiare e conoscere, non a caso libro e libertà hanno la stessa radice latina. La conoscenza aiuta a liberarci. Io sostengo che la Calabria è una delle regioni più belle d’Italia e d’Europa, vantiamo comunità patrimoni culturali meravigliosi, però manca la cultura dell’insieme, della liberazione, dell’emancipazione e spesso preferiamo essere omertosi e schiavi e non attivare quei processi di cambiamento. Io credo che la Calabria può farcela se ci liberiamo dall’autoreferenzialità, dall’individualismo, dal narcisismo patologico e passiamo dall’io al tu e mettiamo il noi al centro. Insieme, possiamo riscattare e riscattarci come calabresi».
Don Francesco mette in evidenza, poi, due «caratteristiche». La prima: «Mediamente i calabresi sono più intelligenti, tra l’altro si affermano ovunque in Italia ed Europa. Negli ospedali più importanti ai vertici ci sono calabresi, così come nei ministeri, negli enti rappresentativi. Dopo sette anni e mezzo di mandato vescovile mi sono fatto l’idea che i calabresi sono mediamente i più intelligenti». La seconda: «È la generosità, i calabresi sono capaci di offrire il cuore ai loro interlocutori. Per questo dico sempre che allora la Calabria può farcela».

«Il vangelo è incompatibile con la criminalità»

La redenzione, quindi, è possibile. «La visita pastorale del Papa costituisce il punto di non ritorno soprattutto rispetto al nostro rapporto con le organizzazioni malavitose. Papa Francesco ha utilizzato un’espressione molto forte: gli adoratori del male dicono di credere in Dio ma non credono in Dio perché il loro dio è il Male. Il papa ha utilizzato il termine “scomunica”, ovvero, le persone che adorano il male sono fuori dalla comunione ecclesiale. Mi permetto di aggiungere anche che c’è incompatibilità tra vangelo e organizzazioni malavitosec’è incompatibilità tra Chiesa e malavita, c’è incompatibilità tra religione e organizzazioni criminali».

L’allarme massoneria deviata

«E poi – denuncia ancora don Francesco – dobbiamo fare attenzione alle massonerie deviate che spesso idealizzano e organizzano un matrimonio indissolubile con il potere malavitoso e insieme occupano il territorio. Invece di servire il territorio se ne servono per interessi personali. Diceva don Pino Puglisi, ucciso a Palermo nel quartiere Brancaccio perché toglieva i bambini dalle strade, che “i mafiosi occupano il territorio e noi dobbiamo tornare ad abitarlo” e viverlo con gli strumenti che la democrazia ci mette a disposizione, così da liberarci di tutto ciò che è male».

La visita ai lavoratori del consorzio di bonifica

Savino, infine, entra nella quotidianità. Nei giorni scorsi è salito sul tetto della sede del consorzio di bonifica a Trebisacce per convincere due lavoratori a desistere da quel gesto di protesta (ne abbiamo parlato qui).
«Senza retorica senza voler entrare a gamba tesa in quelli che sono i rapporti tra il consorzio di bonifica e la politica, sono ritornato a Trebisacce l’altro giorno perché ero preoccupato per i due lavoratori che non percepiscono lo stipendio. E nonostante abbiano lavorato rischiano anche di perdere il lavoro. Ho quindi chiesto ai vigili del fuoco di portarmi su da Cosimo e Francesco con cui ho dialogato. Ho detto loro che non era giusto mettere a repentaglio la loro vita e che a casa erano attesi dalle loro famiglie. Grazie a questo rapporto con loro e i sindacati mi hanno ascoltato. Ma tornerò molto preso da loro».

«Basta!»

«A chi presiede il consorzio, al consiglio di amministrazione, alla politica ho sottolineato con forza una parola: basta! Basta – tuona il vescovo – perché qui si sta giocando una partita di democrazia. Ai lavoratori non viene riconosciuto il diritto del lavoro nonostante siano stati esemplari nell’erogare un servizio fondamentale per l’agricoltura, per cui vanno elogiati, ma è ora di dire basta. Basta con le beghe politiche.

Tra l’altro mi permetto di sottolineare che il problema andava preventivato perché sono anni che il consorzio fa fatica. Si dice che in molti avanzino il tfr da anni, tant’è vero che i lavori hanno vinto i contenziosi ed i conti dell’ente irriguo sono stati bloccata. Quella del consorzio di bonifica è una situazione difficile, problematica, ma qui è in gioco la civiltà, è in gioco il rapporto tra diritti e doveri. Questi lavoratori hanno compiuto il loro dovere ed ora gli si deve riconoscere il diritto acquisito sul campo. Basta. La politica torni ad essere Politica con la “P” maiuscola. Paolo VI parlava della politica come la misura più alta della carità, cioè dell’amore. Ed allora per favore, basta, si ritorni alla normalità, si ripristini la legalità, si ripristini la giustizia per questi lavoratori. Che possano tornare nelle loro case e con dignità continuare a vivere la loro vita. Tra l’altro molti di loro non riescono ad onorare impegni di mutuo, finanziarie, debiti. Ho visto in questi lavoratori grande dignità: non vogliono l’elemosina, ma che si ripristini la giustizia che è venuto meno».

L’appello

«Mi appello a tutti – conclude mons. Francesco Savino –. Per favore, non scherziamo sulla vita delle persone, la vita è preziosa. Ripeto che se la situazione non dovesse mutare sono disposto a porre in essere gesti forti. Sarò con loro. Cosimo e Francesco mi hanno ascoltato perché ho promesso che mi incatenerò con loro se entro questa settimana i problemi non si risolveranno». (l.latella@corrierecal.it)

fonte:https://www.corrieredellacalabria.it/2022/11/05/il-vescovo-savino-ribelliamoci-alla-criminalita-e-alla-massoneria-deviata-combattiamo-i-poteri-forti-con-la-cultura-video/