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Il senso dell’appartenenza all’Associazione Caponnetto. Il nostro ruolo.

Il senso dell’appartenenza alla nostra Associazione.

Da anni stiamo sostenendo che un’antimafia che voglia rendersi significativa ha il dovere di agire in maniera incisiva superando la tendenza a fare della semplice accademia.

E’ senz’altro utile informare puntualmente la gente sulle cose avvenute e che continuano ogni giorno ad avvenire nel Paese.

Ciò soprattutto perché sopravvive, malgrado tutto, nella maggioranza dei media la tendenza a manipolare l’informazione, a disinformare, a far passare l’immagine delle mafie come un “qualcosa” che è lontano da noi, in Calabria, in Campania, in Sicilia, in Puglia.

Un “qualcosa” che non ci tocca che marginalmente, anche quando leggiamo di episodi che avvengono vicino a noi, intorno a noi, nei nostri territori.

“E’ tutta gente venuta da fuori”, sentiamo dire spesso e leggere il più delle volte.

Campani, calabresi, siciliani.

Ciò è vero in parte perché in effetti le mafie provengono storicamente da quelle aree.

Ma c’è stata un ‘evoluzione del fenomeno ed oggi assistiamo al formarsi di mafie che, pur provenienti originariamente da quei territori, si sono radicate sui nostri territori ed hanno dato vita a sottoprodotti endogeni che hanno contaminato il nostro tessuto economico, sociale, politico, fino a costituirne parte integrante.

Nel Lazio le due identità convivono ed operano insieme, fino a diventare un unico corpo.

Il fenomeno corruttivo ha fatto il resto perché intorno a questo corpo criminale si è formato un sistema di interessi e di affari che non consente più una distinzione fra il siciliano, il calabrese, il campano mafiosi e soggetti nati e cresciuti intorno a noi, che hanno frequentato le nostre scuole, che lavorano al fianco nostro e che magari troviamo eletti nelle nostre assisi pubbliche, consigli comunali, provinciali, regionali, Parlamento nazionale grazie anche ai nostri voti.

Gente del posto, insomma.

Sono le cosiddette “mafie invisibili”, che, poi, all’occhio attento, invisibili non sono del tutto.

Perché basta un’intuizione, un sospetto sul loro stile di vita, sulle loro disponibilità economiche non proporzionate eventualmente con i loro guadagni ufficiali e leciti, per capire che “qualcosa” non torna.

Le mafie, queste, più insidiose perché costituite da tutte persone apparentemente rispettabili, autorevoli, insediate in posti di prestigio e dove si gestisce il potere.

Andare in giro a raccontare la storia di Falcone e Borsellino o come è avvenuta la strage di Capaci, o, ancora, a dire che le mafie dispongono di montagne di capitali, a queste persone fa un baffo, nemmeno un graffio.

Anzi tutto ciò può indurre nelle menti deboli a restare affascinati da un alone di onnipotenza di questi soggetti, di fronte ad uno Stato sgangherato e debole, se non corrotto nelle sue articolazioni.

C’è nel Paese e nella nostra regione un esercito poderoso di imprenditori, avvocati, ingegneri, commercialisti, notai, sindaci, amministratori pubblici, parlamentari che con i mafiosi ci fanno affari, prendono soldi e voti, talché oggi è difficile fare distinzione fra mafiosi campani, siciliani, calabresi e locali.

Qual’è, quindi, il compito di un’associazione antimafia seria e che effettivamente voglia svolgere un ruolo incisivo?

Quello di individuare uno per uno, nome e cognome, tutti i soggetti di quell’area grigia che tiene bordone alle mafie militari e di denunciarli agli organismi istituzionali –forze dell’ordine e magistratura – preposti a fare un’opera di repressione.

Bisogna intervenire, insomma, PRIMA che i fatti si verifichino, non DOPO, come comunemente fanno molti altri.

Questo è il nostro modo di fare antimafia.

DENUNCIARE, DENUNCIARE, DENUNCIARE.

Questo è il nostro motto ed il nostro modo di agire.

Aderire, quindi, all’Associazione Caponnetto comporta degli obblighi particolari.

Essere “sentinelle” sui propri territori.

Guardare, osservare, ascoltare e informare chi di dovere, tramite l’Associazione.

Il resto è semplicemente fumo.

Il nostro compito è di una delicatezza estrema perché ci obbliga ad esercitare un controllo costante, diremmo quotidiano, anche sull’operato delle singole istituzioni locali, ad evitare che provvedimenti, delibere, leggi e comportamenti omissivi favoriscano in un modo o in un altro i mafiosi.

Tale compito ci distingue da quelli esercitati dalle forze dell’ordine e dalla magistratura le quali intervengono DOPO che i reati sono stati compiuti.

Mentre noi dobbiamo intervenire anche PRIMA che questi siano compiuti.