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Il Senato della Repubblica sta discutendo in questi giorni il disegno di legge che prevede l’istituzione della Commissione Parlamentare Antimafia. Malgrado la situazione drammatica in cui versa il Paese a causa della presenza delle organizzazioni criminali, la politica e la società civile stentano a prendere consapevolezza della gravità del fenomeno mafioso che ha raggiunto ormai livelli di pericolosità inquietanti per le stesse sorti della democrazia e del vivere civile. Il problema “mafie” dovrebbe essere il primo problema da affrontare e risolvere tenuto conto del fatto che anche l’ossatura dello stesso Stato è ormai fortemente infiltrata dalle mafie al punto da apparire estremamente fragile ed inadeguata a fronteggiare l’assalto finale delle mafie, le quali, di conseguenza, riescono spesso a sostituire sui territori lo Stato di diritto ed apparire esse stesse come i soggetti che si identificano come il Potere.. Un Potere criminale che sta trasformando l’Italia in Paese criminale. Le stesse Magistratura e forze dell’ordine, indebolite da campagne odiose di delegittimazione condotte da governi irresponsabili e da ambienti corrotti e criminali della politica, appaiono impotenti a fronteggiare l’assalto delle mafie talché ogni segmento della vita economica, sociale, culturale, economica rischia di essere inquinato e piegato al volere ed agli interessi di gruppi oscuri mafiosi e massonici. Non c’é ambiente nel Paese che risulti ormai trasparente ed indenne dai condizionamenti di quei gruppi. La stessa gerarchia della Chiesa sembra non offrire più (v. le vicende dello IOR) quelle garanzie di trasparenza che la maggioranza della comunità cristiana si aspetterebbe. La maggioranza dei parroci e soprattutto dei vescovi non appaiono più, fatta qualche eccezione, agli occhi dei fedeli quelle sentinelle di giustizia e di vicinanza al mondo dei deboli e degli sfruttati dai poteri criminali che Cristo indicava. Non parliamo dei partiti politici, trasformatisi per lo più in covi di malaffare e di corruzione. Lo stesso mondo dell’associazionismo antimafia ha tradito le sue finalità e appare ridotto. in parte. ad un covo di mestieranti piegati al volere ed agli interessi di taluni e soprattutto della politica. Grazie a Dio non tutto è ancora criminale e c’é ancora chi – come l’Associazione Caponnetto – pur tra mille difficoltà e mille impedimenti ed atti di ostilità messi in piedi ai suoi danni da politici irresponsabili se non criminali e dai loro sodali – i “professionisti dell’antimafia” come li definiva Leonardo Sciascia-, cerca di tenere la barra dritta nell’oceano della corruzione. Siamo, però, rimasti in pochi, anche perché la cultura dell’affarismo e della mafiosità è entrata anche nel cuore della società civile che sempre più appare come una società omertosa e mafiosa. Noi stentiamo ormai a credere nella serietà e nell’utilità di Commissioni ed altri organi costituiti da un Parlamento che appare zeppo di pregiudicati e soggetti inquisiti anche per reati di mafia. E, ciò, anche perché Commissioni, come quella Parlamentare Antimafia, nel passato sono state costituite da qualcuno di quei soggetti. La politica corrotta e mafiosa tenta sempre di snaturarle al momento stesso in cui le costituisce e di condizionarne l’esistenza e la condotta. Comunque le generalizzazioni sono sempre nemiche della verità e va ammesso che non tutto è fradicio, corrotto e mafioso. C’é ancora chi crede nella giustizia, nella legalità e nei principi di uno Stato di diritto e non è di certo interesse dei cittadini onesti indebolire e scoraggiare quei pochi che ancora hanno il coraggio di battersi a viso aperto contro i ladri ed i mafiosi di cui siamo circondati. Abbiamo deciso, alla luce di queste considerazioni, di pubblicare l’intervento di Beppe Lumia al Senato della Repubblica perché riteniamo Lumia una delle poche persone che ancora si battono contro le mafie e la corruzione nel Paese. Eccolo, qui sotto:

LUMIA (PD). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, nelle ultime Legislature, sia nella società che in Parlamento, si è discusso sulla necessità di dare vita alla Commissione parlamentare antimafia. Io sono tra quelli che ritengono che la Commissione parlamentare antimafia abbia ancora una funzione a condizione però che essa non si «culli sugli allori». È vero che ha un passato glorioso e se ne narrano le gesta; in alcuni momenti è stata un faro importante per orientare un Paese dove era prevalente il negazionismo della stessa presenza delle mafie nel nostro Paese, nell’economia e – figurarsi – nella politica.

Non basta più, però, la memoria; non basta più la storia gloriosa della Commissione antimafia. Oggi la Commissione parlamentare antimafia ha bisogno di compiere un salto di qualità nel suo modo di lavorare e negli obiettivi da raggiungere; tale salto deve essere in grado di far compiere un cammino inedito al nostro Paese e alle istituzioni. Onorevoli colleghi, mai le istituzioni del nostro Paese, mai i Parlamenti che si sono succeduti nella vita dell’Italia, così i Governi, hanno fatto della lotta alle mafie un prima e grande priorità: mai una priorità intorno a cui raccogliere le migliori energie e la migliore progettualità; mai una priorità in grado di dichiarare guerra alle mafie in modo progettuale e sistematico.

Abbiamo fatto dei passi in avanti e siamo diventati «bravini» nell’antimafia del giorno dopo: prima loro colpiscono e poi lo Stato reagisce. È avvenuto così nei lontani anni Ottanta. Il 30 aprile cadde Pio La Torre e il 3 settembre il prefetto generale Dalla Chiesa. Solo il 13 settembre del 1982 il Parlamento finalmente si svegliò e diede vita alla legislazione antimafia contenuta nell’articolo 416-bis e introdusse l’aggressione ai patrimoni che sono due pietre miliari, due scelte fondamentali intorno cui si sono costruite successivamente le migliori scelte della legislazione antimafia. È avvenuto così nei tragici momenti delle stragi del 1992-1993.

Falcone aveva un’idea progettuale e sistematica delle lotte alle mafia. Quel grande progetto gli fu impedito; la stagione delle stragi di cui oggi molto si discute e la maledetta trattativa riuscirono a bloccare quella dimensione progettuale. Ecco perché, cari colleghi, oggi siamo chiamati a fare un salto di qualità. Proviamo un po’ a sognare ad occhi semiaperti, come diceva un grande intellettuale come Ernst Bloch, e a guardare la nostra società; pensiamo a come la lotta alle mafie potrebbe essere una grande leva in grado di smuovere le montagne dei problemi che abbiamo nel nostro Paese e di dare dinamismo alle nostra economia. Sono circa 150 i miliardi che le organizzazioni mafiose oggi sono in grado di fatturare, una cifra rilevante soprattutto nella crisi drammatica in cui viviamo. Pensiamo a quanto valore si potrebbe dare alle nuove generazioni recuperando fiducia e speranza nel rapporto con le istituzioni e la politica.

Pensiamo a quanta credibilità il nostro Paese potrebbe avere se l’Europa riuscisse ad imporre, con un atteggiamento forte e qualificato, uno spazio giuridico antimafia comune. In queste ore è stata diffusa la notizia relativa ad un grosso boss mafioso del cartello potentissimo dei messicani, militarmente senza precedenti e in grado anche di smuovere una massa enorme di economia e finanza intorno al grande traffico di cocaina e droghe. Ecco perché abbiamo un’opportunità storica e nei travagli e nelle difficoltà enormi di questa legislatura un salto di qualità dobbiamo proporlo. Forse la lotta alle mafie potrebbe farci guardare tutti diversamente; forse potrebbe sciogliere dei nodi ancora irrisolti nei rapporti all’interno della maggioranza e con le opposizioni. Insomma, potremmo farla diventare una grande occasione per riformare realmente la politica e per rimuovere gli ostacoli che oggi impediscono alla società italiana di spiccare il volo.

La Commissione parlamentare antimafia ha poteri enormi; forse è l’unica realtà istituzionale, tra le democrazie avanzate, che è in grado di intervenire sul potere giudiziario perché ha gli stessi poteri della magistratura; può intervenire sul potere legislativo; sui Parlamenti, su di noi perché ha un potere di indirizzo e sull’Esecutivo. Insomma, ha tutti gli strumenti perché la Commissione antimafia guidi questo grande processo di innovazione e cambiamento nella società italiana.

Naturalmente dobbiamo crederci. Dobbiamo fare in modo che i parlamentari che saranno scelti per andare in Commissione parlamentare antimafia sentano che innanzitutto appartengono allo Stato prima che ai propri Gruppi, che loro sono commissari che non devono guardare in faccia a nessuno. Devono naturalmente usare quei poteri con rigore, serietà e con una logica non strumentale e fare in modo che il nostro Paese abbia uno strumento senza precedenti. Con questo approccio potremmo affrontare la stagione delle stragi del 1992-1993, dire al Paese che finalmente le istituzioni, attraverso la Commissione parlamentare antimafia, sono in grado di affrontare le terribili verità, preparare il Paese anche alle più profonde e dolorose verità e fare in modo che quel periodo non sia più rimosso o produca divisioni diventando un periodo in cui veramente le istituzioni si guardano dentro per capire quali siano le responsabilità e in cui si faccia un salto di qualità.

È anche un’occasione per allargare la visione della Commissione parlamentare antimafia e giungere ad una visione territoriale aperta.

Oggi tutti i territori devono fare i conti con la presenza delle mafie, nessuno escluso. E quando si è negato nel Nord si è fatto un regalo alle mafie, e quando si è minimizzato nel Nord si è facilitata la crescita delle mafie e si è arrivati dopo. E anche lì si è organizzata l’antimafia del giorno dopo. Oggi negare e minimizzare è un fatto gravissimo.

Dobbiamo invece preparare, organizzare meglio, strutturare una progettualità in grado di colpire le mafie, in tutti i loro aspetti, sul versante militare, sì sul versante militare, con una legislazione ancora più avanzata. Pensate se riuscissimo ad approvare delle norme in grado di dire ai boss mafiosi: guardate che qualunque reato voi commettiate il minimo della pena sarà vent’anni, da vent’anni all’ergastolo. Spezzeremmo il loro meccanismo di welfare, di mantenimento delle famiglie, impediremmo quel riciclo che continuamente sono in grado di attuare perché hanno quelle risorse per organizzare un turnover che le istituzioni democratiche non sono in grado di fare. Bloccheremmo la possibilità a quelli che lasciano il carcere dopo pochi giorni di riprenderla e magari essere colpiti la seconda, la terza volta dalle strutture dello Stato con uno spreco di energie e di risorse che oggi non ci possiamo più permettere.

Pensate un po’ in questo Parlamento se riuscissimo a rendere la denuncia obbligatoria per tutte le attività economiche con penalità non classicamente di tipo penale, ma di tipo amministrativo, e con incentivi potenti mai realizzati prima, che vanno nella direzione fiscale e contributiva, per fare di un milione, un milione e mezzo di imprese che oggi pagano il pizzo dei soggetti di legalità e di sviluppo in grado di dire un no oggettivo che non dipende più dalla loro volontà contro le mafie.

Penso a scelte di questo tipo. Penso sia ormai giunto il tempo di riaprire Pianosa e l’Asinara, per varare tutti insieme una legge sulle incandidabilità di chi è coinvolto in processi di mafia. E penso sia possibile anche allargare lo spazio d’azione ad altri fenomeni eversivi. Il presidente Grasso più volte ci ha richiamato alla necessità di guardare in modo un po’ più profondo a ciò che è avvenuto anche su questo aspetto nel Paese. Magari scopriremmo delle connessioni con le organizzazioni mafiose e magari potremmo utilizzare quella metodologia che la storia ha accumulato nella sapienza della Commissione antimafia per fare chiarezza anche lì su molti fatti che hanno creato lutti, stragi e che hanno compromesso e reso opaca la nostra democrazia.

Insomma, colleghi, è una grande occasione anche in questa legislatura. Facciamo in modo che quest’ultima abbia le energie e la forza di compiere quel salto di qualità. La società è pronta; le realtà che operano nella società civile in modo progettuale nel campo dell’antimafia ce lo chiedono. Così noi potremo indicare finalmente quel salto di qualità che renderebbe nobile la nostra funzione e che farebbe della Commissione parlamentare antimafia una cosa utile e attuale.