Cerca

Il ruolo delle Prefetture e dei Comitati provinciali per la sicurezza e l’ordine pubblico sul fronte della lotta alle mafie.

L’attuale capo dello Stato Giorgio Napolitano, quando era Ministro dell’Interno, diramò a tutte le Prefetture del Paese una circolare con la quale disponeva l’integrazione con i magistrati delle Procure Distrettuali Antimafia dei Comitati Provinciali per la Sicurezza e l’ordine pubblico.

Tale decisione dell’allora Ministro dell’Interno era dettata dalla considerazione che i Procuratori ordinari non hanno competenza per quanto riguarda i reati associativi, quelli cioè che riguardano l’ex 416 bis, e, pertanto, non sono in grado di conoscere bene il quadro criminale dei loro distretti.

C’è da aggiungere, poi, il fatto che, a causa della dispersione e del mancato coordinamento fra le varie forze di polizia, le Questure ed i Comandi Provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza non sono sui territori gli unici autori delle inchieste che riguardano quei reati.

Esistono, infatti, i corpi investigativi centrali – DIA, ROS, SCO, GICO, Servizi ecc-, che hanno strutture proprie, canali propri e che non sempre, per non dire quasi mai, operano di concerto con quelle locali.

Tutte strutture centrali, quelle sopraindicate, che, fatti gli accertamenti, rimettono le informative alle DDA, alle Procure Distrettuali Antimafia cioè.

Le Procure circondariali, pertanto, conoscono poco o niente delle situazioni che riguardano le mafie sui propri territori.

La presenza nei Comitati provinciali per la sicurezza e l’ordine pubblico dei soli Procuratori locali non è, pertanto, esaustiva ai fini di una conoscenza completa delle situazioni.

Le direttive di Napolitano puntavano appunto a colmare questo vuoto pericolosissimo.

Manco a dirlo, quella circolare, inapplicata da tutti o quasi, sparì nei cassetti delle scrivanie dei Prefetti e nessuno mai ne ha parlato più.

C’è da domandarsi a questo punto a cosa servono questi Comitati provinciali per la Sicurezza e l’ordine pubblico, integrati, peraltro, di volta in volta, da alcune figure politiche ed amministrative, i sindaci, presidenti di amministrazioni provinciali ecc. , che non raramente stanno a giudizio.

Ma c’è anche – e soprattutto- da domandarsi il PERCHE’ le Prefetture non hanno voluto tenere conto delle direttive del loro stesso Ministro.

E PERCHE’ nessuno, ma proprio nessuno –partiti politici, parlamentari vari ecc. – ha ritenuto finora di sollevare il problema chiedendo, peraltro la ristrutturazione totale di quei Comitati provinciali che, così come sono costituiti, per quanto riguarda la lotta alle mafie, non servono proprio a niente.

Sul numero di febbraio in edicola de “La Voce delle Voci” c’è un importante servizio sulla nomina di molti Prefetti avvenuta da parte del governo Berlusconi.

Molti Prefetti, secondo il giornale, soprattutto quelli di provenienza campana, sarebbero stati nominati con l’imprimatur dell’ex Sottosegretario Cosentino, del quale la magistratura napoletana ha chiesto, com’è noto, l’arresto per sospetti di collusione con la camorra.

Questi fatti – ed i silenzi che li circondano – se confermati, farebbero nascere dubbi sulla reale volontà da parte dei nostri governanti di combattere seriamente le mafie.

Le Prefetture nel nostro Paese sono considerate dei baluardi di legalità.

Se esse non assolvono al loro ruolo, è inevitabile che sorga il sospetto che tutto quello che si dice e si fa sul piano della lotta alle mafie è aria fritta.

Sono i Prefetti a dettare, essendo essi i rappresentanti del governo centrale sui territori, a mezzo dei Comitati provinciali per la sicurezza e l’ordine pubblico, le direttive sul versante della lotta alla criminalità.

Prefetti distratti, non informati sulle realtà o che eventualmente dovessero far finta di non vedere e/o che addirittura neghino quelle realtà, o comunque ne minimizzino le dimensioni, produrrebbero dei danni incalcolabili.

Da tutti i punti di vista.

Ricordiamo quanto a noi stessi è successo molti anni fa quando denunciammo una presenza eccessiva di soggetti campani sul territorio di Fondi e ci si rispose che… molte di quelle persone di cui parlavamo si erano trasferite a Fondi proprio per sottrarsi alle violenze della camorra!

Si trattava, insomma, di tutte persone “perbene”.

Si è visto come è andata a finire!

Allora delle due una:

o ci si comincia ad interrogare sul “perché” e sul “come” si è arrivati alla situazione in cui ci troviamo tutti, con camorristi e mafiosi perfino nelle nostre stesse case e si puniscono i responsabili, o, altrimenti, è bene che non ci si prenda più in giro con i fiumi di chiacchiere che siamo costretti ad ascoltare dalla mattina alla sera da parte di molti esponenti politici e di governi.