Di Stefano Di Bitonto
Imprenditoria malata e criminale quella che aveva messo nel mirino il centro commerciale ‘La Birreria’ di Miano. C’è anche questo episodio nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita qualche giorno fa nei confronti di tre persone alle quali la Dia di Napoli ha notificato altrettanti provvedimenti cautelari per i reati associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione e tentata estorsione aggravate dalle finalità mafiose. Si tratta di Luigi Vitiello, imprenditore che, secondo quanto emerso da indagini coordinate dalla Dda di Napoli, avrebbe imposto le estorsioni a suoi colleghi. Ora è ai domiciliari. Le altre due persone destinatarie delle misure cautelari, ritenute legate al clan Mallardo, sono invece accusate di avere estorto 90mila euro a un imprenditore edile di Giugliano impegnato nella realizzazione di un complesso residenziale composto da 12 appartamenti. Si tratta di Francesco Vitiello e Domenico Pirozzi, detto Mimì o’ pesante, personaggio noto del clan Mallardo. Oltre a loro figurano altri 24 indagati (leggi qui l’articolo precedente).
La ‘questione’ della Birreria di Miano: il ruolo dei Mallardo
Proprio il ruolo di Luigi Vitiello emerge con riferimento agli interessi criminali del clan sul centro commerciale ‘La Birreria’ di Miano (titolari estranei totalmente alla vicenda). Si tratta di un passaggio fondamentale che rivela non solo la capacità del clan di infiltrarsi nel tessuto imprenditoriale dell’hinterland ma che rivela anche il ruolo dei ‘colletti bianchi’ nelle dinamiche e negli affari dell’Alleanza di Secondigliano. Dalla lettura dell’ordinanza emerge che vi era una accordo tra i Mallardo e i Licciardi in virtù del quale Luigi Vitiello si era impegnato a versare una grossa somma di denaro per la costruzione del centro commerciale, lavori eseguiti dal consorzio Cosap che avrebbe dovuto ‘coprire’ le altre ditte impegnate nei lavori per il consorzio dal pagamento delle quote estorsive. Tale accordo sarebbe stato disatteso in quanto era stato chiesto denaro ad altre ditte. Ciò avrebbe spinto Vitiello ad interrompere i rapporti con Secondigliano demandando la risoluzione della questione agli ‘amici di Giugliano’ grazie ai quali stava svolgendo quei lavori tra cui Gennaro Trambarulo alias ‘Gennaro o pazz’ e Stefano Cecere.
“E’ successa una tarantella”: le intercettazioni di Vitiello
In una successiva conversazione con Francesco Mallardo Vitiello accenna ad un incontro che si sarebbe dovuto tenere presso un famoso ristorante per dirimere la questione. Incontro a cui avrebbe dovuto presenziare anche il ras dei Licciardi Renato Esposito condannato per il tentativo di estorsione ai gestori del centro commerciale (leggi qui l’articolo). Nelle conversazioni Vitiello è chiaro:“L’imbasciata sta a Giugliano, che andasse da Gennaro ‘o pazz o da Stefanino”. In un’altra conversazione con un altro interlocutore Vitiello, non temendo di essere intercettato, spiega quanto accaduto spiegando che i soggetti con i quali era stato concluso l’accordo, che già avevano avuto quarantamila euro in più con il consorzio, avevano fatto “gli scemi con Castrese” al quale, nonostante facesse parte del consorzio, erano andati a “cercare i soldi sul muro” (quarantamila euro) ” … andai a chiudere io . . . mi mandò quello e gli andai a chiudere la gara però ora hanno fatto gli scemi hanno fatto un macello…omissis…eh… stava finendo l’ultimo pezzo di muro ma faceva parte sempre del contratto del consorzio… loro con il consorzio hanno avuto 40 mila euro in più… poi quando fanno… facevano… gli appartamenti li scalavano! rispetto ai soldi che gli doveva dare però a questo gli sono andati a cercare i soldi sul muro, è successa una tarantella”.