Cerca

Il progetto italo-somalo, gli investimenti e l’inchiesta di Ilaria Alpi

Il progetto italo-somalo, gli investimenti e l’inchiesta di Ilaria Alpi

*Ilaria Alpi e Miran Hrovatin*

*Ilaria Alpi e Miran Hrovatin*

Molte volte la tragica e oscura vicenda della morte della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin è stata raccontata intrecciandone la trama con la storia parallela del sudpontino e del Golfo di Gaeta. Questo perché il tragico epilogo che ha portato alla morte dei due giornalisti uccisi in Somalia, il 20 marzo del 1994, per una rapina o un sequestro di persona finiti male, secondo la relazione di maggioranza della commissione parlamentare d’inchiesta costituita nel 2006 in Italia, coinvolgeva istituzioni, servizi segreti, forze armate e imprenditori italiani, tra i quali la Panapesca di Gaeta di Vito Panati.

*Il porto di Gaeta*

*Il porto di Gaeta*

Infatti, secondo alcune testimonianze all’epoca della commissione, poi rilanciate negli ultimi giorni da Carmine Schiavone, Gaeta era il crocevia dei traffici delle navi cargo che facevano la spola con la Somalia, mentre i due indagavano proprio su un traffico internazionale di armi e rifiuti tossici, dall’ItaliaMa cosa c’entra Gaeta in questa storia? Anzitutto la città del golfo era uno di quei porti presso i quali spesso facevano scalo le navi della compagnia che si occupava degli scambi tra Italia e Somalia (della flotta Italo-Somala Shifco), nell’ambito di un progetto di cooperazione internazionale.

*Un tratto dell'autostrada Garoe - Bosaso*

*Un tratto dell’autostrada Garoe – Bosaso*

Questo progetto portò in circa un decennio, dal 1981 al 1991, quasi 1400 miliardi di lire spesi per costruire infrastrutture in Somalia. Tra le quali la discussa autostrada tra Garoe e Bosaso, realizzata per centinaia di chilometri in pieno deserto. Una mole enorme di denaro sulla quale la commissione parlamentare d’inchiesta, per fare luce sulla morte della Alpi e di Hrovatin, parlò di un sistema di corruzione fino al 50 percento delle commesse.

Il porto di Gaeta e le navi Shifco, il ruolo della Panapesca di Vito Panati nella commissione parlamentare

*Vito Panati*

*Vito Panati*

Ma torniamo al progetto che coinvolgeva Gaeta e le navi Shifco. Un progetto specifico nell’ambito della cooperazione denominato Pesca Oceanica che prevedeva lunghe spedizioni di pesca in pieno oceano, il cui pescato veniva poi ceduto a grosse aziende per essere messo sul mercato. Qui entra in gioco la Panapesca di Vito Panati, allora ancora denominata Pia, che ha chiuso i battenti a Gaeta solo qualche mese fa, lasciando senza lavoro una quarantina di dipendenti. Vito Panati, sentito dalla commissione parlamentare il 22 marzo del 1995, ricordò come fino al 1993 i rapporti con la Shifco erano solo di natura commerciale. Un cliente-commerciante. La Pia acquistava svariate tonnellate di pescato dalle navi Shifco per poi rivenderle. Successivamente Panati stipulò un contratto di gestione delle navi insieme alla Shifco. E così anche tutto il personale passò a Gaeta.

*Monzer Al-Kassar*

*L’arresto di Monzer Al-Kassar*

Senza entrare nei numerosi rivoli dell’inchiesta, che oltre alle 600 pagine e più di relazione conclusiva, ha anche due relazioni di minoranza, l’aspetto sul quale soffermarsi è il traffico di armi e di rifiuti tossici. Anzitutto lo stesso Panati nella medesima deposizione alla commissione, su esplicita domanda relativa alla denuncia dell’imprenditore Silvano Gasperini presentata alla Digos di Roma, sulle casse di armi viste sulle navi Shifco, ebbe a ricordare che Gasperini non solo tentò un estorsione di un miliardo e mezzo nei suoi confronti ma fu denunciato insieme al Tg3 proprio per il racconto delle armi.

*La motonave 21 Oktobar II della Shifco (veritaprivatadelmobyprince.com)*

*La motonave 21 Oktobar II della Shifco (veritaprivatadelmobyprince.com)*

Va ricordato a tal proposito il rapporto del Consiglio di Sicurezza Onu S/2003/223, secondo cui il 14 giugno 1992, ricostruisce il rapporto, una nave Shifco caricò dalla M.V. Nadia circa 300 fucili d’assalto Ak-47 dell’Est Europa e 250mila proiettili di piccolo calibro. Il carico fu poi sbarcato ad Adale, in Somalia. Complice di Mugne (che era l’amministratore della flotta Shifco) e regista dell’intera operazione fu il “principe di Marbella” Monzer al-Kassar, trafficante internazionale di armi che riuscì a violare sistematicamente l’embargo Onu sulla Somalia a partire dal gennaio 1992. Quindi, tutto prima dell’ingresso di Panati come gestore.

Carmine Schiavone: “Da Gaeta smerciavamo armi e rifiuti”

*Carmine Schiavone*

*Carmine Schiavone*

Ma sono le recenti rivelazioni rilasciate da Carmine Schiavone a riaprire la breccia. Schiavone, in una intervista ad Andrea Palladino per ToxicLeaks, ricorda come “certamente anche da Gaeta partissero le armi e i rifiuti, proprio in quel periodo. Nei locali vicino al porto – ricorda – i somali parlavano. E i suoi uomini ascoltavano. Per poi riferire a Casal di Principe, la ‘capitale’ del cartello comandato da Francesco ‘Sandokan’ Schiavone. Così avveniva a Napoli – prosegue l’ex collaboratore di giustizia – dove le navi che portavano il cemento sfuso della nostra società Eurocem e ripartivano cariche di armi, verso i paesi del nord Africa e del Medio Oriente. Organizzate da chi? Non da noi, ma dai servizi di sicurezza. Porti da dove partivano le armi – e i rifiuti, sottolinea Carmine Schiavone – non erano solo Gaeta e Napoli. A Trapani c’era una collaborazione tra Cosa nostra e i servizi – racconta l’ex cassiere dei Casalesi – come mi raccontava in carcere un boss di Mazara del Vallo’.

Anche in questo caso – sottolinea Palladino – il suo racconto è ‘de relato’, ma probabilmente attendibile, visto lo stretto rapporto esistente tra il clan casertano e Cosa Nostra. Un rapporto non solo di fiducia, ma di scambio di informazioni. Il caso Alpi è oggi sostanzialmente fermo – ricorda Palladino – dal punto di vista giudiziario. L’unico approfondimento su Gaeta e il traffico d’armi risale al 1995-1996. Tutto, allora, venne archiviato e nessuno chiese a Carmine Schiavone chi fossero i veri padroni del porto. E cosa finisse in quelle navi spedite verso la Somalia”.

La petizione per desecretare i dossier su Ilaria Alpi

*Il presidente della Camera Laura Boldrini*

*Il presidente della Camera Laura Boldrini*

Ma perché tornare a parlare di Ilaria Alpi ora? Per almeno due motivi. Anzitutto perche è proprio di questi giorni il lancio di una petizione del sito change.Org per raggiungere le firme necessarie, 30mila sottoscritte in un solo giorno di raccolta on-line, al fine di chiedere alla presidente della Camera Laura Boldrini di desecretare tutti gli atti di indagine sul caso Ilaria Alpi. Anche perchè va ricordato come vi fossero ben due relazioni divergenti da quella ufficiale stilata dalla commissione parlamentare presieduta dall’avvocato Carlo Taormina, e che non sposavano affatto la tesi della rapina finita male.

sismi_big“Nel 2007 – ricorda il legale della famiglia Alpi Domenico D’Amati – la Procura della Repubblica ha chiesto l’archiviazione del processo sostenendo che non vi erano altre indagini da svolgere. Ma il Gip ha negato l’archiviazione accogliendo la nostra opposizione. Il Gip ha disposto numerosi accertamenti. Oltre venti. Vuol dire che non era stato fatto molto in precedenza. Oggi, a venti anni esatti di distanza, siamo ancora in attesa di conoscere tutta la verità su quella vicenda. Questa verità potrebbe essere contenuta nella montagna di carta (ottomila documenti e dossier) che i servizi di sicurezza militare, l’ex Sismi, oggi Aise, hanno accumulato su fatti che attengono all’esecuzione dei due giornalisti. Carte che giacciono sotto chiave negli archivi della Camera a cui sembra essere stato negato l’accesso dall’Agenzia Aise”.

 

La discarica di Penitro e i rifiuti verso Gaeta. La versione del sindaco Bartolomeo

*Un momento di un recente sequestro a Penitro da parte del Corpo Forestale*

*Un momento di un recente sequestro a Penitro da parte del Corpo Forestale*

Ma c’è un’altra indagine che fornisce elementi nel possibile legame tra la morte di Ilaria Alpi e il porto di Gaeta. E’ quella relativa al possibile interramento di rifiuti velenosi all’interno delle discariche di Penitro e di Campese a Formia. Un’indagine riaperta solo qualche mese fa dalla Procura di Cassino, proprio dopo le prime rivelazioni ai media da parte dell’ex cassiere dei Casalesi Carmine Schiavone. La Procura vuole capire se ci sono altri rifiuti tossici come paventato da un sopralluogo della Polizia provinciale del 1997 e anche dalle rivelazioni di un altro esponente del clan, quel Cipriano Chianese che riferì che a Penitro c’erano migliaia di fusti.

*Sandro Bartolomeo durante l''assemblea tenutasi a Penitro*

*Sandro Bartolomeo durante l”assemblea tenutasi a Penitro*

Già eseguiti i sopralluoghi, a giorni dovrebbe arrivare un georadar per scandagliare il sottosuolo e fugare ogni dubbio. Ma ciò che è suonato come un elemento di novità, sono state le dichiarazioni dell’attuale sindaco di Formia Sandro Bartolomeo, che proprio alla fine del 1993 era al suo primo mandato da sindaco a Formia, il quale, in un incontro avvenuto proprio a Penitro nel dicembre scorso, per rassicurare i cittadini sulle evoluzioni dell’inchiesta, affermò: “Sicuramente il traffico di rifiuti ha coinvolto il Porto di Gaeta. I rifiuti son finiti sulle navi per andare da altre parti. Sulla storia dei rifiuti tossici in Africa c’è morta Ilaria Alpi”. Affermazioni rilasciate per suffragare l’ipotesi dei traffici di rifiuti della camorra nel sudpontino, con la collaborazione della politica, che “hanno visto Formia, Gaeta e il sudpontino, protagonisti di altri traffici, ma non come luoghi di sedimentazione”. In tale prospettiva va aggiunta un’altra dichiarazione di Schiavone che ha un peso specifico significativo, quella secondo la quale “Formia e Gaeta fossero provincia di Casal di Principe”, in ragione dell’alta concentrazione di traffici e business della criminalità organizzata. Oppure quando lo stesso Schiavone, che va ricordato come in qualità di collaboratore di giustizia sia stato ritenuto altamente attendibile, ricorda che l’ex sindaco di Formia Michele Forte era il referente privilegiato della criminalità organizzata a Formia.

 

Tra pochi giorni saranno passati venti anni da quando Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sono stati uccisi mentre stavano indagando su una grossa storia, forse troppo, e ancora molto, anzi tutto, va accertato in quella che sembra più l’ennesimo epilogo di una classica vicenda all’italiana che una tragica fatalità.

***ARTICOLO CORRELATO*** (Inchiesta dell’Antimafia di Trapani, le pale eoliche di Vito Nicastri sono passate dal porto di Gaeta – 18 aprile 2013 -)