Una delle società del Cavaliere era ad alto rischio. Lo annunciava il 21 agosto scorso il Sole 24 Ore, rilanciando la notizia apparsa sulla rete americana relativa a “circa 3 miliardi di dollari di indebitamento”. Diffusasi la notizia Mediaset perse “l’1,6% in Borsa (dopo aver toccato una perdita di oltre il 2% a metà giornata)”. I primi di novembre anche il Corriere della Sera dedica spazio alla crisi della società: “L’investimento in Endemol comincia a pesare a Cologno Monzese”.
E la ENDEMOL è la società che produce alcune delle chicche (sic) della televisione italiana, quali: “il Grande Fratello”, “La pupa e il secchione”, “La Prova del Cuoco”, “Chi ha incastrato Peter Pan?”, “I migliori anni”, “Soliti Ignoti”, “Affari Tuoi”, “Chi vuol essere milionario?”, “Viva las Vegas”, “Verdetto Finale”.
Una società che si rispetti, sul mercato, vende prodotti che le permettano di incassare. Quindi manda in onda quel che “cattura” i telespettatori e cerca di promuovere prodotti di consumo che raccolgano il maggior numero di sintonizzazioni. Infatti alla fetta di pubblico dei programmi citati sopra, ha promosso anche “soap opere” come “Centovetrine” e “Vivere”, e produce anche “Che tempo che fa” di Fabio Fazio, così da acquisirsi anche una fetta di mercato ulteriore…
Adesso la società di Mediaset, che deve recuperare introiti, si è lanciata nella produzione anche di “Vieni via con me”, la trasmissione di Fabio Fazio e di Roberto Saviano. D’altronde se Saviano ha garantito alla MONDADORI di far incassi straordinari, perché mai non dovrebbe garantire successo ed incassi ad una trasmissione televisiva in grado di soddisfare quella fetta di mercato che la società del Cavaliere non raggiungerebbe mai con “Il grande fratello”, “La pupa e il secchione” e via discorrendo?
Inoltre la pubblicità su quel settore di telespettatori è assicurata dai telespettatori stessi. Con l’ormai collaudato “urlo” alla censura (sul modello di AnnoZero), cioè annunciata ma mai attuata, la mobilitazione dei consumatori “contro la censura” è il miglior canale di promozione, senza nemmeno spendere soldi in spot e soprattutto capace di girare in quelle “reti” dei nemici di Cavaliere.
Il vantaggio per il Cavaliere è assicurato: la trasmissione prodotta produce introiti, si può far fare un bel po di revisionismo e disinformazione dal nuovo “guru” Saviano, ed in parallelo si ricompattano al meglio i suoi seguaci per gli “attacchi” che (sembrano) essere portati al Cavaliere stesso. Un servizio così a costo zero, anzi con guadagno non è mica una cosa che riesce a tutti, ma al Cavaliere si! D’altronde non si è sempre detto che Berlusconi guarda solo ai suoi interessi? Oppure, all’improvviso, il Cavaliere è impazzito e produce con una sua società una trasmissione che lo vuole colpire?
E veniamo alla prima puntata di “Vieni via con me”. 8 novembre 2010, lo stesso giorno in cui un giudice era chiamato a definire l’archiviazione di un procedimento per “minaccia aggravata” (non attentato, si badi bene) ai danni di Saviano. Il giudice si è riservato di decidere (e su questa storia poi torneremo nel dettaglio a breve), la puntata è andata in onda regolarmente (anche se con il fantasma della “censura” urlata).
Saviano inizia con l’affermare che la democrazia in Italia è a rischio. Non dice che è a rischio (o meglio già compromessa) perché quando l’economia criminale (finanziaria e mafiosa) raggiunge livelli di oltre 1/3 del Pil, significa che è in grado di condizionare non solo il mercato ma anche il voto e quindi la gestione delle Pubbliche Amministrazioni e delle Istituzioni, no, questo non lo dice. Non dice nemmeno che è a rischio perché il sistema dei partiti è fuori da ogni controllo ed ha prodotto un’occupazione devastante di tutto, con un sistema di corruzione dilagante e di voto di scambio sistematico, no, questo non lo dice. Non dice manco che il sistema dell’informazione non è libero perché condizionato da disinformazione e propagandismo dall’una e dall’altra parte, no, questo non lo dice neppure.
Saviano afferma che in Italia c’è un problema di “privacy” (la stessa parolina magica usata dal Cavaliere e suoi cortigiani) e quindi, anche se qui non sparano ai giornalisti, i giornalisti sono condizionati e di fatto costretti ad auto-censurarsi perché altrimenti poi, se osano scrivere cose scomode, si vedono la loro vita privata sbattuta in piazza, in pasto al popolo. Ecco, per Saviano, il pericolo della nostra democrazia è questo, punto.
Poi promuove un bellissimo discorso sul fango che viene buttato per affossare i propri nemici, delle campagne diffamatorie e infamanti che vengono orchestrate per distruggere chi combatte la mafia ed i potenti corrotti. Tutto vero e tutto normale, dalla notte dei tempi!
Offre una fotografia della “procedura” che sistematicamente va in scena in questo Paese (come in altri), ma che funziona solo se, appunto, ci si auto-censura! Infatti in Italia, e non solo, ci sono stati e ci sono giornalisti e persone che, sapendo che questo è ciò a cui vanno incontro, non si auto-censurano, ma continuano a scrivere e parlare. In altre parole, e già durante il Regione fascista, ci sono giornalisti che fanno i giornalisti e cittadini che fanno i cittadini, assumendosi le responsabilità delle proprie scelte, pronti a pagarne le conseguenze nel nome della difesa della dignità e libertà… mentre ve ne sono altri che piegano la propria penna e la propria schiena, per vivere tranquilli. (Lo hanno fatto e lo fanno anche tanti magistrati ma questo non lo si dice)
Saviano banalizza e continua a non fare nomi, così come in Gomorra. La generalizzazione si mescola, sempre, alla semplificazione ed i fatti vengono interpretati, tagliuzzati e rimontati, così da proporli come verità e non per quello che sono: opinioni mascherate da fatti. Ancora una volta si parla della mafia “ectoplasma” senza nomi (se non quelli dei boss già condannati); si parla dei “colletti bianchi” senza fare mezzo nome; si parla di collusioni e complicità senza mai indicare con chiarezza i protagonisti. Insomma si disegna la cornice, con una bella dialettica, ma non si propone la visione del quadro, dei soggetti. E’ come quando parla della mafia al nord… Saviano accusa i silenzi (veri) che la avvolgono, ma non fa mai, di nuovo, nomi e cognomi… non indica mai una società usata dalla mafia per inserirsi nel mercato, monopolizzando molteplici settori, o le grandi iniziative di riciclaggio che si abbattono nelle regioni “ricche” del Paese.
E poi si produce una buona fetta di revisionismo, di pericoloso e grave revisionismo. Nella stagione nuova della politica italiana, la vecchia e abitudinaria pratica si riconferma, maledettamente, come la via maestra. Saviano fa tutto un discorso, a sostegno del suo atto di accusa alla “macchina del fango”, che usa il calvario passato da Giovanni Falcone. Ed accusa quasi esclusivamente la “sinistra” di questo calvario, dimentica che i fatti, la storia, dicono altro. Dicono che la trasversalità dei nemici di Falcone, come di Borsellino, era totale. Addirittura Saviano si spinge a rovesciare la storia ed i fatti ed arriva a mostrare l’avvocato Alfredo Galasso come uno dei portavoce della “sinistra” che isolava Falcone. Mostra un frammento della puntata di Sammarcanda – Maurizo Costanzo show dove Galasso consigliava a Falcone di abbandonare il Palazzo del Ministero della Giustizia, dove venne chiamato da Martelli, ministro del Governo Andreotti.
Saviano precisa che Galasso è una brava persona, ma è uno di quelli che per conto della “sinistra” avrebbe partecipato alla campagna di delegittimazione ed isolamento a danno di Falcone.
Una ricostruzione inaccettabile, vergognosa!
Probabilmente Saviano ignora i fatti (e questa sarebbe l’unica ragione per cui davanti a questo orrore di ricostruzione si potrebbe alleviarne la responsabilità), e probabilmente si è fidato di chi gli ha scritto la traccia del copione con cui è andato in scena. Ma ciò che ha fatto è gravissimo, è devastante e non può passare sotto silenzio.
Alfredo Galasso ha dedicato la sua vita alla lotta alla mafia. E’ stato al fianco di Falcone, Borsellino e Caponnetto. Era loro amico, non un nemico! Non ha mai mollato ed ha portato avanti da avvocato di parte civile i processi contro i vertici di Cosa Nostra… sino a convincere Confindustria Sicilia a spingersi nella costituzione di parte civile nei processi contro i clan. Ha più di una condanna a morte emessa da Cosa Nostra sulle spalle, ma nonostante questo non si è mai tirato indietro. E’ stato colui che indicò, ad esempio, chi congiurò, all’interno del Pci e della Lega delle Cooperative, contro Pio La Torre, chiedendo che venissero allontanati. Quando Galasso cercò di convincere Falcone a non andare a Roma, al Ministero, per non permettere di intaccare la sua credibilità di magistrato, lo faceva proprio perché sapeva che il portare Falcone a Roma significava isolarlo, colpirlo… usando quel suo incarico (che lui svolgeva al meglio) per incrinare l’indipendenza e l’autonomia della magistratura e screditando l’azione del Pool Antimafia di Palermo. Galasso non muoveva un accusa, muoveva un appello… un appello perché Falcone non cadesse nella trappola e non finisse morto ammazzato. Discuteva con Falcone perché non si facesse “usare” e “gettare”, per questo gli ricordava che per un magistrato indipendenza significa non dipendere da alcun altro Potere, non perché considerasse Falcone un traditore, ma perché non voleva che venisse “schiacciato”.
E Saviano cosa fa? Ecco la sintesi del suo monologo:
Cancella i fatti e rovescia la realtà, parla di quelli che hanno accusato, isolato e denigrato Falcone. Parla della nomina di Antonino Meli (che dice Saviano essere “persona assolutamente per bene”) al posto che doveva essere di Falcone e dell’invidia che dettò quella nomina del Csm. Parla dell’attentato all’Addaura e dell’accusa (infame) generale secondo cui quell’attentato se l’era fatto da solo. Dice che lo isolano, che Cosa Nostra di queste cose si rafforzava, si ingrassava ed il lavoro sporco lo faceva fare ai colleghi invidiosi ed alla società civile che non sopportava quello che stava facendo Falcone, cioè una battaglia culturale. Meglio dire che chi fa queste cose lo fa per fare carriere, per avere più soldi, per avere più donne, perché altrimenti se pensi che stia facendo la cosa giusta, nel suo talento, allora lo devi seguire. Falcone vede ancora delegittimazioni… il “corvo”… Il “corvo” era un personaggio che mandava lettere anonime alla classe dirigente, ai partiti, ai direttori dei giornali… ci racconta Saviano che passa a leggere l’estratto dove si dava dell’opportunista a Falcone che si svendeva per un posto di procuratore aggiunto. E continua Saviano: La vita di Falcone diventa un inferno… le lettere (del “corvo”) arrivano a cadenze mensili, ed è costretto a fare anticamera quando deve andare a parlare dal Procuratore… anticamera davanti agli avvocati dei mafiosi. A quel punto, racconta sempre Saviano, Falcone riceve la proposta di andare a Roma, da Martelli, Ministro della Giustizia del governo Andreotti. Come Andreotti e Falcone?… Falcone sapeva tutto di Andreotti e della democrazia cristiana in Sicilia, dei rapporti con Cosa Nostra, sapeva tutto. Ma va, perché è un ruolo tecnico, non è un ruolo politico… E quindi fa quello che sa fare cioè servire lo Stato e far si che lo Stato costruisca “un Ufficio che contrasti la lotta alla mafia” (testuale)… (e di nuovo testuale:) “Ma la sinistra cosa fa? Lo massacra: stai collaborando! Più delle mie parole vale un incontro televisivo che ha fatto … al Maurizo Costanzo Show e Samarcanda uniti…” (manda il servizio dell’estratto della trasmissione e di nuovo testuale:) “La persona che parla è l’avvocato Galasso, che è persona assolutamente per bene, esprime quello che pensava la sinistra e che a volte lo pensa ancora: stai facendo il collaborazionista a stare dentro le cose, a riformarle. La purezza che è stato lo spazio più grande che è stato concesso ai nemici della democrazia e delle organizzazioni criminali. Lo lasciano solo!…”
E questo è il fatto, il fatto chiave di quella prima puntata di “Vieni via con me”. Un fatto, come detto, di gravità inaudita e intollerabile. Una ricostruzione che rovescia la verità, la rende storpia, falsa, abilmente manipolata per apparire come verosimile! E l’effetto? L’effetto è devastante…
Chi non conosce la storia, i fatti di quegli anni a Palermo… chi non conosce il rapporto che vi era tra Galasso e Falcone, pensa che quello raccontato da Saviano sia la verità. E se si solleva la questione arrivano le risposte: Saviano combatte la mafia quindi ha la mia stima e so ha detto è vero, Saviano rischia la vita quindi perché mai dovrebbe dire cose false, e così via…
Ma stiamo scherzano? Falcone, Borsellino, Caponnetto e Galasso hanno combattuto la mafia… Galasso, ancora vivo, ha continuato e continua a combatterla. Saviano ha scritto un libro.
Ristabiliamo, anche in questo quadro, le proporzioni, non rovesciamole! Saviano parla di macchina del fango, di montature mediatiche per distruggere “il nemico” e cosa fa? Getta fango su Alfredo Galasso, insinua su uno dei protagonisti in prima linea della lotta alla mafia, su uno dei più stretti protagonisti, con Falcone, Borsellino e Caponnetto della stagione del Pool e della Primavera di Palermo… va a colpire uno dei nemici storici di Cosa Nostra (e del Cavaliere).
Questo non è accettabile… non lo è perché la ricostruzione promossa da Saviano, che sorvola sull’identità del “corvo”, che sorvola sulla trappola costruita a Roma contro Falcone, che sorvola su troppe cose… come sulle infiltrazioni di Cosa Nostra proprio in quel PSI di Martelli (eletto in Sicilia con il pieno di voto dopo che Cosa Nostra aveva scaricato la Dc di Andreotti sentendosi da questa tradita)… e monta il suo monologo facendo apparire il falso (Galasso come parte dell’ingranaggio di isolamento e denigrazione di Falcone) come se fosse il vero.
E poi: basta con la scusante ad ogni costo per Saviano perché ha la scorta… perché fa(rebbe) Antimafia. Di giornalisti che scrivono di mafie e illegalità, che fanno inchieste, ce ne sono molti, per fortuna. Così come ci sono molti semplici cittadini che la combattono, la denunciano. Molti sono soggetti ai tentativi di delegittimazione… vittime di quella macchina del fango al centro del monologo di Saviano. Molti subiscono minacce, intimidazioni… subiscono l’isolamento sociale, alcuni anche economico perché vengono messi al margine, vengono tenuti nelle redazioni senza che possano più scrivere, quando non si arriva a metterli alla porta. Gran parte di questi, anche davanti a minacce pesantissime o intimidazioni e attentati, non hanno scorte o servizi di protezione, eppure continuano, lontano dai riflettori, a fare il loro lavoro di denuncia, di informazione… di contrasto civile e culturale alle mafie.
Di questi non si parla, questi non hanno spazio… non sono creature mediatiche utili alle casse di qualche società, al revisionismo ed alla disinformazione.
A differenza di Saviano, gran parte di questi cittadini e giornalisti, sparsi per l’Italia, fanno pure i nomi e cognomi, indicano fatti precisi, a volte anticipano inchieste giudiziarie, e quindi sono scomodi… molto scomodi perché sono indipendenti, non si fanno condizionare e non cedono alle auto-censure o a quella scientifica e quasi perfetta manipolazione dei fatti che è utile a quella o questa parte politica, ovvero al “sistema”.
Ma in Italia la Verità non la si vuole. Si vogliono i “miti” e “le verità” che fanno stare meglio, quelle di comodo, comode a qualche d’uno… anche se con la Verità non hanno nulla a che fare. D’altronde in Italia l’informazione è piegata dalla propaganda… si mettono in bocca ai morti ciò che questi non hanno detto, ma che a qualcuno fa comodo far dire, tanto non ci può essere smentita! Come il caso dell’intervista manipolata di Paolo Borsellino della troupe francese, dove non aveva detto affatto che di “cavalli” da consegnare in albergo parlarono, in una telefonata intercettata, Mangano e Dell’Utri, ma tant’è qualcuno ha preferito far credere che invece Paolo Borsellino faceva quell’accusa precisa. D’altronde in Italia si acclamano e considerato detentori della verità collaboratori di giustizia che fanno dichiarazioni ancora senza mezzo riscontro e con, invece, tante contraddizioni e inesattezze pesanti, pur di fare notizia ed anche se, così facendo, non si fa altro che aiutare quanti vogliono rivedere, ancora una volta in peggio, la legge sui collaboratori di giustizia. D’altronde in Italia, ormai, pare quasi che per finalità politiche si sia disposti a far cancellare le sentenze di condanna definitive che hanno permesso di colpire i vertici di Cosa Nostra colpevoli delle stragi del 1992!
A qualcuno piace credere che quella del 8 novembre sia stata una bella puntata? Liberissimi di credere all’ennesimo prodotto della società del Cavaliere (che ha battuto in audiance l’altra proprio prodotto, Il Grande Fratello, così da fare “il pieno” tra il canale Rai e quello di Mediaset, nella stessa serata)… ma si abbia la decenza di riconoscere che quello è un prodotto, l’ennesimo prodotto della stessa regia. Non era una trasmissione di informazione ma di propaganda e revisionismo… l’ennesimo prodotto che viene somministrato al popolo, anche perché proprio in questi giorni c’è un nuovo partito, di destra, che della Legalità fa bandiera ed ha bisogno di un pochetto di spazio.
A noi non è piaciuta affatto questa puntata… anzi ci ha fatto letteralmente schifo!
(Tratto da Casa della Legalità e della Cultura)