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Il Procuratore Agostino Cordova come teste ad un processo intentato da una persona contro la Voce delle Voci giovedì 7 gennaio u.s. nel Tribunale di Cassino .Non esitiamo a dire che la sua presenza ha suscitato in noi,che eravamo presenti per attestare la vicinanza dell’Associazione Caponnetto ai giornalisti Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola,una certa emozione mista ad un sentimento di commozione e di grande riverenza nei confronti di un uomo,che ,al di là di ogni giudizio di parte politica che non ci interessa ,ha servito lo Stato,quello di diritto ,con grande onestà morale ,pur in mezzo a tanti impedimenti e lotte .Il che é tipico di tutti coloro che magari vengono giudicati ….”all’antica” e liquidati come “conservatori” se non addirittura “nocivi”.A noi basta ed avanza la grande inchiesta che egli ebbe il coraggio di fare ,unico in Italia fino ad allora,contro la massoneria .Ed ieri appunto egli é venuto a testimoniare ,citato come teste dai giornalisti della VOCE,proprio sulla massoneria .Ed ha deposto come un comune cittadino rispondendo,pur con qualche difficoltà determinata dalle sue condizioni fisiche,con grande rispetto alle domande postegli dalle parti.Ci ha commosso perché egli avrebbe potuto,date l’età e le sue condizioni fisiche non ottime,rifiutarsi di venire a testimoniare su quanto egli aveva fatto ed accertato,come Procuratore Capo, con quella inchiesta che resterà nella storia d’Italia ,ma ancora una volta ha voluto,accompagnato amorevolmente solo dalla moglie e da una nipote,dimostrare il suo amore e la sua fedeltà allo Stato nel quale anche noi crediamo,quello vero,quello di DIRITTO,Abbiamo voluto salutarlo manifestandogli il nostro rispetto e la nostra gratitudine,come abbiamo voluto fare lo stesso con la moglie con la quale ci siamo intrattenuti a scambiarci brevissimamente qualche opinione. Ma chi é stato Agostino Cordova? Vogliamo rilevarlo da: Giorgio Dell’Arti Catalogo dei viventi 2015 (in preparazione) scheda aggiornata al 2 aprile 2014

• Reggio Calabria 1936. Magistrato. «Se qualche merito ho avuto, me l’hanno trasformato in colpa. Ho fatto sparire da Napoli il contrabbando dei tabacchi e hanno detto che toglievo il lavoroalla povera gente».
• Cominciò la sua carriera a Reggio Calabria nel 1963, diventando pretore, giudice a latere della sezione penale e poi giudice istruttore. Nel 1978 firmò 60 rinvii a giudizio contro boss dei clan De Stefano, Mammoliti e Piromalli: sarebbe stato il primo maxiprocesso contro la ’ndrangheta calabrese. Nell’87 diventò capo della Procura di Palmi. Condusse inchieste contro la cosca dei Pesce, contro le Usl di Taurianova e Gioia Tauro, denunciò la scarsità dei mezzi, fu a sua volta denunciato al Csm per “incompatibilità ambientale” (caso poi archiviato). Indagò anche su massoneria e P2. Nel luglio del 1993 diventò procuratore di Napoli. La sua opera di coordinamento fu contestata da un gruppo di 60 sostituti, il Csm si spaccò, la destra lo sostenne, le divisioni in Procura diventarono anche politiche.
• «Dalla massoneria internazionale al malaffare delle istituzioni, passando per le corruzioni (solo presunte) di altissimi funzionari del Viminale. La sua carriera professionale è costellata da battaglie giudiziarie altisonanti. Chiuse talvolta con sconfitte» (Il Messaggero).
• «Furbissimo e scaltro – anche se ama rappresentare se stesso come un indomito cavaliere che affronta solitario il mondo della corruzione – preferisce che la politica gli tenga la mano sulla spalla. Ieri, fu la sinistra (politica e togata) che lo appoggiò controGiovanni Falcone nella candidatura alla Procura nazionale antimafia e nel contentino della Procura di Napoli. Giunto alla falde del corrotto Vesuvio, la mano cambiò. Divenne quella della destra. Tormentava, senza costrutto (purtroppo per lui), l’amministrazione di Bassolino “il rosso”, e tanto bastava al centro-destra per non vedere le sconfitte incassate dal procuratore» (Giuseppe D’Avanzo).
• «Ho un brutto carattere e non sono un diplomatico. Ma la diplomazia è come una bellissima dama che suole avere intimi rapporti con il compromesso e generare brutti figli che si chiamano condizionamenti, “apparamenti” (aggiustamenti — ndr) come si dice in dialetto napoletano, o ricatti».
• La moglie Marisa si sfogò nel libro
 di Giorgio Bocca Napoli siamo noi (Feltrinelli 2006): «La vera “camorra” forse sono i colleghi di mio marito, sono i giudici che si fingevano suoi amici quando lui passava in procura. Lui lavorava senza guardare che cosa poteva essere utile a questo o a quello».
• Gran sigaro, sopracciglioni.