Ne parlano tutti, eccetto quelli che ne dovrebbero parlare e non lo hanno fatto e non lo fanno.
Ne hanno parlato Schiavone ed i Casalesi.
Ne ha parlato a suo tempo il figlio di Totò Riina una cui impresa vi effettuò dei lavori.
Ne avrà probabilmente parlato Mattia Messina Denaro se dovessero risultare fondati i nostri sospetti che le montagne di pale eoliche sbarcate fra il 2009 ed il 2011 provenivano da qualche sua impresa.
Ne avrà sicuramente parlato la povera Ilaria Alpi che stava indagando appunto sui traffici pericolosi fra il porto di Gaeta e la Somalia.
Ne avranno parlato gli autori di questi traffici,siano essi trafficanti somali o uomini infedeli delle istituzioni italiane.
Probabilmente ne avranno parlato e ne parleranno come di un approdo più o meno tranquillo perché non adeguatamente vigilato,oltre ai Casalesi, anche appartenenti ad altre organizzazioni criminali.
Ne avranno parlato quasi sicuramente anche tutti quegli autotrasportatori che vi hanno operato, proprietari dei camion le cui targhe Schiavone ha indicato chiaramente ed autori di quei famosi viaggi della morte di cui l’ex Collaboratore di giustizia ha riempito le pagine di giornali e televisioni.
Trasportatori di Itri, di altri comuni del sud pontino e del sud Italia che nessuno finora – dal 1992-93 – ha chiamato per chiedere spiegazioni circa l’ubicazione dei luoghi dove essi hanno portato i fusti tossici e l’identità di chi ha commissionato ad essi quei trasporti.
Se tanto ci dà tanto, é legittimo sospettare che di là, dal porto di Gaeta cioé, sia passato e passi di tutto.
Non solo quel materiale che provoca quelle polveri sottili che anneriscono la città e chissà quali danni provocano alla salute pubblica.
La memoria ci riporta ad alcune altre dichiarazioni, quelle che lo stesso Schiavone fece nel 1996 nella caserma dei carabinieri a Latina, presente anche un commissario della Polizia di Stato, a proposito dell’esistenza di una trentina di “soldati” nel basso Lazio al soldo dei casalesi a 3 milioni di lire al mese.
Anche allora nessuno indagò per individuare e catturare quei “soldati”, alcuni dei quali potrebbero essere ancora operativi.
Non é che qualcuno dei padroni o autisti di quegli automezzi dei quali Schiavone ha fornito i numeri delle targhe, insieme a chi ha commissionato ad essi i trasporti dei fusti, facciano parte dell’elenco … dei 30 “soldati” ???
Associazione Antonino Caponnetto