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Il pentito racconta le fasi che precedettero il primo omicidio che diede il via alla guerra tra i Di Lauro e gli scissionisti

Il pentito racconta le fasi che precedettero il primo omicidio che diede il via alla guerra tra i Di Lauro e gli scissionisti

FAIDA DI SCAMPIA – IL PROCESSO
Il pentito racconta le fasi che precedettero il primo omicidio che diede il via alla guerra tra i Di Lauro e gli scissionisti
L’omicidio di Fulvio Montanino, vicino a Cosimo Di Lauro, deciso in una serie di riunioni tra gli ”scontenti” della gestione del figlio di Ciruzzo o’ milionario

di REDAZIONE

7 Giugno 2016

NAPOLI. Il nome di Marzocchi ha fatto capolino anche nell’inchiesta sul duplice omicidio di Fulvio Montanino e Claudio Salierno, agguato che aprì la prima faida di Scampia, quella scoppiata alla fine dell’ottobre del 2004 tra i Di Lauro e l’ala scissionista guidata dagli Amato-Pagano. È stato Bruno Danese a chiamarlo in causa, ad indicarlo come persona che il boss Francesco Abbinante avrebbe voluto nel commando che si sarebbe occupato di uccidere Montanino, braccio destro del boss Cosimo Di Lauro.

Danese ricorda che prima del raid ci furono numerose riunioni volte alla pianificazione dell’omicidio. E in uno di questi summit «furono indicati per partecipare all’agguato Arcangelo Abete, Gennaro Marino, Enzo Notturno, Ciro Mauriello, Giuseppe Carputo (poi ucciso il 27 settembre del 2007, ndr) e Vincenzo Marzocchi». Danese ne ha conoscenza diretta perché «io ero presente quando si decideva il gruppo di fuoco per l’omicidio di Montanino». Alla fine però Marzocchi non prese parte all’azione di fuoco, perché quando arrivò il momento di mettersi a disposizione per l’agguato lui e Carputo non si fecero trovare.

L’agguato si fece comunque. Nel Terzo Mondo, il cuore del regno del clan Di Lauro. Ed oggi per quel duplice agguato ci sono 19 scissionisti sotto processo: in quattro (il boss Raffaele Abbinante, il figlio Francesco, Vincenzo Pariante e il padrino pentito Rosario Pariante) sono stati giudicati col rito abbreviato e sono stati condannati (la sentenza fu emessa nel 2014 dal gip Amelia Primavera), e auttalmente stanno affrontando il secondo grado di giudizio dinanzi alla prima sezione della Corte d’Assise di Napoli (presidente Monaco); gli altri boss sono invece imputati dinanzi ai giudici della quarta sezione della Corte d’Assise di Napoli.

A dibattimento sono stati già ascoltati i pentiti che hanno consentito la chiusura dell’inchiesta; nelle prossime udienze saranno ascoltati i collaboratori di giustizia Antonio Caiazza, Antonio Accurso e Pasquale Riccio