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Il Lazio regione mafiosa?

Che il Lazio sia una regione ormai invasa dalle mafie e che la Capitale sia il crocevia di tutti gli affari sporchi, mafiosi e non mafiosi, sono realtà note a tutti.

Eppure non si fa un’azione seria contro le mafie.

Tutt’al più si racconta la loro storia, come e quando sono nate e, al massimo, dove sono.

Non si denunciano, non si parla degli appalti aggiudicati ad imprese mafiose, di subappalti, di autorizzazioni rilasciate a soggetti in odor di mafia per l’apertura e gestione di esercizi per il gioco di azzardo, di videopoker, centri commerciali e quant’altro.

Abbiamo notizia di un’autorizzazione rilasciata per l’esercizio del gioco di azzardo in un comune del Lazio a soggetto sospettato di appartenere addirittura all’ex banda della Magliana.

Non si parla e non si indaga del e nel campo della compravendite immobiliari e di terreni.

Nomi e cognomi.

E, di conseguenza, non si parla degli strumenti da mettere in campo per una seria, efficace lotta alle mafie.

Di una stazione unica degli appalti, della creazione di una white list, di un sistema informativo che metta insieme tutte le banche dati ora scollegate l’una con l’altra.

Niente di niente.

Ma quello che inquieta, a parte le collusione fra mafiosi ed esponenti politici e delle istituzioni –un’area spaventosa di collusioni -, sono il silenzio della gente e l’inerzia delle Prefetture.

Siamo alle solite.

C’è stata su questo fronte una bella azione dell’ex Prefetto di Latina, Bruno Frattasi, subito, però, fatto fuori e trasferito ad altro incarico.

Ad alto incarico, dicono.

Al Ministero.

Poi, silenzio assoluto.

Il Prefetto di Roma dichiara che la Capitale è la città più… sicura d’Italia (e si sta vedendo! ), quello di Viterbo gira le spalle quando un cronista gli domanda se nel viterbese c’è o non c’è la mafia, di quelli di Frosinone e di Latina non si sa quello che stanno o non stanno facendo al riguardo.

I Comitati provinciali per la sicurezza parlano del problema sempre con un’ottica da ordine pubblico, continuando ad ignorare che la mafia, oggi, non è tanto un problema criminale, quanto, soprattutto, economico e politico.

Non c’è un benché minimo stimolo ai Comuni ad attrezzarsi con sistemi informativi adeguati a fronteggiare l’invasione di imprese mafiose nelle province del Lazio.

Si va avanti – ed in certi casi, come è capitato a Fondi e non solo, nemmeno lo si pretende più – ancora con il vecchio certificato antimafia che oggi non serve più a niente in quanto anche Totò Riina riuscirebbe ad ottenerlo ricorrendo alle teste di legno.

La maggior parte della gente è omertosa, non parla e non collabora.

Chi parla, lo fa spesso in termini generici e non denuncia un fatto specifico, un nome, un cognome.

“L’antimafia dei coglioni, io ‘sta mafia non la vedo”, scrisse qualcuno qualche anno fa.

Stiamo facendo del tutto per dargli ragione.

Questo è il Lazio.

Quando tutto diventa mafia, nulla più è mafia.

E sarà sempre peggio se la gente non si sveglierà.

Sperando sempre che non sia troppo tardi…