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Il fronte dell’antimafia deve fare un salto di qualità. Meno parole e più indagine e denuncia, nomi e cognomi. Altrimenti è tutta solfa.

Ci si ostina a non voler ammettere che stiamo perdendo la guerra contro le mafie.

Complici, direttamente od indirettamente, noi tutti, nessuno escluso.

Per stupidità, per ignoranza, per viltà, per convenienza, ci siamo trasformando in un Paese di collusi con la mafia.

Non preoccupandoci delle conseguenze gravissime che determineranno la perdita di ogni pur minimo spazio di vivibilità civile e democratica per i nostri figli ed i nostri nipoti.

Un popolo di zombi che ha perso ogni capacità di discernimento, di valutazione, di analisi.

E di reazione.

Continuando di questo passo, sarà lo Stato stesso a trasformarsi da Stato di diritto in Stato mafioso.

E’ da ciechi continuare a non voler ammettere che è proprio la maggioranza della gente ormai ad essere mafiosa.

Resistono ancora gruppi di illuminati, per lo più giovani, che hanno intravisto il pericolo e si battono contro una deriva generale che ci sta portando al baratro.

Si vince ancora qualche battaglia e la si fa passare come una grande vittoria, quando, invece, si è colpito solo una parte bassa delle mafie, gente della manovalanza, rami secchi diventati, forse, scomodi anche per la stessa mafia che vuole liberarsene.

La mafia oggi è un’altra cosa, non è più solo gli Schiavone, i Provenzano, i Pelle, i Gallace e quant’altri.

Questi sono delinquenti comuni di cui la mafia, quella vera, la “mafia alta”, quella dei colletti bianchi, si serve, facendo magari fare ad essi i comodi loro in cambio dei servigi prestati.

La mafia “alta”, quella dei professionisti, degli imprenditori, degli uomini politici e delle istituzioni.

La mafia “imprenditrice” e degli affari, che non spara e che troviamo dappertutto, nei salotti, nei partiti, nelle banche, nelle stesse forze dell’ordine, nel Parlamento, nei governi, nei consigli regionali, provinciali e comunali.

La mafia che nemmeno si scompone quando vede che c’è ancora qualche ingenuo in Italia che continua a fare le manifestazioni, le fiaccolate, alle quali magari partecipa anche, in memoria di Falcone, Borsellino e le altre vittime di mafia.

Ride e ringrazia, perché con queste azioni non le facciamo nemmeno il solletico.

Queste commemorazioni, queste sfilate, queste fiaccolate, questi convegni durante i quali il più delle volte si parla di tutto e di niente, se non inseriti in un piano preciso di impegno quotidiano di indagine e di denuncia, nome e cognome, sono diventati un rito, una sorta di sagra, di autocelebrazione, di autocompiacimento e di presa in giro degli altri e di se stessi.

Si fa la sfilata e subito dopo si ritorna a girare lo sguardo dall’altra parte, a far finta di non accorgersi che, tanto per citare un esempio di ogni giorno, un albergo di Terracina, di Ciampino, di Frosinone o di Viterbo stanno passando di mano e stanno per essere comprati da un individuo sospettato di appartenere alla camorra, a cosa nostra o alla ‘ndrangheta.

O alla mafia cinese ed altra organizzazione criminale straniera.

O che la tale amministrazione comunale sta approvando una variante urbanistica che favorisce il mafioso di turno.

O che la tale stazione dei carabinieri, la tale brigata della guardia di finanza o il tale commissariato della polizia di stato non indagano come dovrebbero sugli insediamenti, sugli investimenti di gente sospetta e sulle collusioni della politica e delle istituzioni locali con questi soggetti.

O che la tale Procura della Repubblica o la tale Prefettura non si muovono o si muovono con lentezza e che qualche soggetto di tali organismi addirittura arriva a negare l’esistenza delle mafie sul territorio di competenza.

Questi sono i problemi reali che le Associazione antimafia serie e chiunque altro voglia affrontare il problema “mafie”debbono porsi.

E risolvere.

La DENUNCIA, la DENUNCIA, la DENUNCIA contro i mafiosi e contro coloro che nelle istituzioni non fanno il proprio dovere ed i corrotti.

Altrimenti è tutta solfa, che non serve a niente!